Un’indagine nelle università italiane boccia gli
iscritti alle facoltà umanistiche
Poeti e fannulloni
Ecco i nostri studenti.
Fuoricorso e senza ambizioni per il futuro
professionale.
Raffaello Masci,
La Stampa del
7/5/2008
ROMA
Un paese di santi, eroi e navigatori, ma soprattutto di accademici,
linguaioli, parolai e pensatori. Peraltro un po’ perditempo e
inconcludenti. Ai laureati di sette corsi umanistici (lettere,
conservazione dei beni culturali, lingue, scienze della comunicazione,
storia, filosofia, discipline dello spettacolo) il consorzio
Almalaurea (cui aderiscono quasi tutte le università italiane) ha
dedicato una corposa e serissima ricerca, per indagare come e quanto
abbiano studiato e in che tempi, con quale profitto e, beninteso, con
quale successo professionale post-laurea. I dati sono, di per sé,
asettici e il direttore di Almalaurea Andrea Cammelli, non si lascia
andare a conclusioni emotive. Tuttavia l’impressione è di trovarsi di
fronte ad una massa infinita, e crescente negli anni, di studenti
fannulloni che studiano per amor di conoscenza senza porsi il problema
di finire e di mettersi a lavorare per vivere.
Sempre più letterati
Inutili gli appelli della Moratti (e di Confindustria) a favore delle
lauree scientifiche: il paese registra una crescita delle
immatricolazioni ai corsi di laurea umanistici che interessano oggi
uno studente su quattro. Per contro ai corsi scientifici sono poco più
del 3%. E i giovani umanisti pur non dovendo affrontare corsi molto
ostici, se la prendono comoda. Gli studenti del vecchio ordinamento
(quelli che si sono cioè iscritti prima della riforma del 3+2)
arrivavano al giorno della laurea in conclamato ritardo: quasi il 90%
i fuoricorso. Oggi la situazione è migliorata, eppure - dicono i
numeri di Almalaurea - anche con le lauree triennali si va
allegramente oltre i tempi massimi: sono ormai il 36% gli studenti
ritardatari, che diventano il 55% a filosofia, il 50% al Dams, il 40%
a storia. Dunque si indugia, pigramente, tra l’arte medievale e la
filosofia greca, tra l’antropologia e la storia del teatro, tra la
poesia e il cinema, con il risultato che alla laurea si arriva con
tutta calma. E così, per dire, quelli che si dovevano laureare in
lettere col vecchio ordinamento (4 anni di corso) si laureano a 28
anni e mezzo anziché a 23, quelli del nuovo ordinamento (3 anni di
corso) a 25 anziché a 22. E non va meglio per altre lauree: i filosofi
diventano tali a 29,3 anni, gli storici addirittura a 30,5, meglio
quelli di scienze della comunicazione: 25,5 col vecchio ordinamento,
ma 23,9 col nuovo.
La lentezza
Qualcuno dice che questa esasperante lentezza sia dovuta alla forte
incidenza degli studenti-lavoratori, che si iscrivono più per cultura
personale che per trovare un posto. I dati di Almalaurea, però,
smentiscono questa ipotesi: il corso in storia è quello che ha più
lavoratori-studenti, ma sono il 15%, a lettere l’8,7%, a scienze della
comunicazione il 5,2%, al Dams l’8,3%. In realtà le discipline
umanistiche sono gratificanti, ed è quindi comprensibile che il
«naufragar sia dolce» in questo mare. Non a caso, alla domanda se si
intenda proseguire negli studi (con una laurea specialistica o un
dottorato), il 78,6% degli intervistati risponde sì, con punte fino al
92,3% a Lettere.
Va da sé che l’impatto con il lavoro viene rinviato, tanto più che
nessuno è così sprovveduto da non capire che il lavoro non c’è e che
il passaggio dalla disoccupazione al posto stabile, prevede una
condizione cuscinetto di precarietà che non dura mai meno di cinque
anni. E’ vero che a un anno dalla laurea il 67% dichiara di lavorare
(e ben l’89,4% a cinque anni) ma si tratta di lavori che già si erano
iniziati durante gli studi, in due terzi dei casi sono «atipici» e,
quasi sempre, molto poco retribuiti: si va dagli 809 euro mensili dei
laureati in conservazione dei beni culturali ai 928 di quelli in
scienze della comunicazione. Solo questi ultimi, peraltro, a distanza
di 5 anni, arrivano alla media retributiva dei laureati italiani di
pari anzianità (1.316 euro). Gli altri sono tutti al di sotto. Ma nel
frattempo hanno spento la trentacinquesima candelina.
IL RITARDO
Sui libri fino a trent’anni
Si devono distinguere gli studenti in due tipologie pre e post riforma
del 3+2, cioè i diplomi di laurea triennali. A Lettere si laureano a
28,5 anni quelli pre-riforma, e a 24 anni i post. Filosofia e Storia
hanno i più vecchi pre: 29 e 30 anni (27,8 e 25 post). A Lingue si
chiude a 27,8 anni per i pre-riforma, e tre anni prima per i post.