Pubblica Amministrazione:
dov’è la corruzione e dov’è l’inefficienza.

Giancarlo Spagnolo da La Voce del 27/7/2007

 

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Quanta corruzione c’è nella Pubblica Amministrazione? Quanta inefficienza? E quali amministrazioni sono più inefficienti? Domande così precise su fenomeni così difficili da identificare appaiono "domande da un milione di dollari". In effetti, misurare la corruzione, così come altre forme di reato collettivo in cui le vittime non si rendono conto di quando accade, è una sfida all’analisi economico-statistica e criminologica. Ma domande di questo tipo saranno pane quotidiano per la nuova Autorità per la Vigilanza sui Contratti di Lavori, Servizi e Forniture, che a seguito della Direttiva Europea 18/2004 e del suo recepimento da parte del nuovo Codice dei Contratti dovrà raccogliere dati ed usarli per monitorare gli acquisti della PA.

 

Chi risparmia e chi sperpera

Tre economisti italiani hanno dato una buona mano all’Autorità escogitando una metodologia che permette di quantificare l’entità della inefficienza e della corruzione presente negli acquisti della PA italiana (1). Utilizzando l’introduzione di Consip come centrale acquisti e tre indagini dall’Istat per il Ministero di Economia e Finanze tra il 2003 ed il 2005, hanno cominciato con lo stimare che - per gli acquisti precedenti all’introduzione di Consip - il 10% più efficiente delle amministrazioni pagava i beni o servizi acquistati oltre il 55% in meno del 10% di amministrazioni meno efficienti, a parità di qualità. Questo primo dato suggerisce che se tutte le amministrazioni fossero state all'altezza del 10% delle amministrazioni più efficienti, vi sarebbe stato un risparmio sulla spesa totale per i beni e servizi oggetto d'indagine pari al 27%.

I prezzi pagati dalle amministrazioni che usano convenzioni Consip risultano poi circa il 20% più bassi di quelli pagati dalle stesse amministrazioni in assenza di una tale convenzione, differenza che sale al 28% se si controlla appropriatamente per la diversa qualità delle forniture. Guardando alle amministrazioni che scelgono di non usare le convenzioni Consip, lo studio stima pari al 17% il sovrapprezzo pagato, che però scende al 12% controllando per la qualità. Questo suggerisce che chi non usa le convenzioni Consip, tipicamente lo fa perché acquista un bene o servizio di qualità particolarmente alta (2). Questi dati suggeriscono anche che Consip é uno strumento efficace per migliorare l’efficienza della PA, che la qualità media delle forniture Consip é più alta di quella che le amministrazioni che usano Consip acquistano in sua assenza, e che non ha alcun senso comparare i prezzi di diverse forniture senza tener conto in modo serio della loro diversa qualità.

 

Dove si annida la bustarella

Il risultato centrale dello studio è la separazione tra corruzione ed inefficienza: il lavoro stima che la stragrande maggioranza della inefficienza negli acquisti è dovuta ad involontaria incapacità di far meglio, o a procedure eccessivame Scomponendo ulteriormente per tipologia di bene, il sovrapprezzo medio per chi non usa Consip risulta minore, pari al 7%, per beni semplici, anche controllando per la qualità. Il maggior costo per chi compra fuori Consip é pari al 22%, che scende al 15% controllando per la qualità, quando si tratta di beni complessivamente burocratiche, piuttosto che a corruzione. Le ipotesi di lavoro che permettono di arrivare a questa stima sono essenzialmente due. La prima è che una amministrazione che sceglie di passare ad acquistare tramite Consip perde la discrezionalità necessaria a favorire ed ottenere favori. La seconda è che quando i prezzi troppo alti pagati da una amministrazione sono dovuti a corruzione, le amministrazioni con prezzi più alti perdono di più - in termini di "bustarelle" - a passare a Consip; pertanto, la probabilità di passare a Consip diminuisce al crescere del prezzo che si pagherebbe in assenza di Consip. Al contrario, se i prezzi troppo alti pagati da una amministrazione sono dovuti a semplice incapacità ed ingessamento burocratico, le amministrazioni con prezzi più alti guadagnano di più a passare a Consip, così che la probabilità di passare a Consip cresce al crescere del prezzo pagato in sua assenza. Lo studio mostra che nella maggior parte dei casi questa probabilità cresce con il prezzo, indicando così che doveva trattarsi di inefficienza burocratica più che di corruzione.

 

L’autonomia migliora l’efficienza?

Un altro risultato centrale è che l’intensità dell’inefficienza non dipende dalla collocazione geografica né dalla dimensione della amministrazione, ma solo dalla sua tipologia istituzionale. La maggior parte degli sprechi è concentrata nelle amministrazioni centrali dello Stato, ed è lì che Consip ha generato i risparmi più elevati. Notevolmente meno inefficienti risultano le amministrazioni locali, e ancora meglio sembrano fare gli enti semi-autonomi, quali Università e Aziende Sanitarie Locali. L’autonomia, insomma, sembra migliorare l’efficienza della PA senza aumentare il rischio di corruzione. Tuttavia, due problemi vanno risolti prima di spingere troppo sull’acceleratore dell’autonomia.

Il primo è che autonomia e flessibilità richiedono strumenti efficaci di controllo sul merito, e non solo la forma dell’azione della PA. A questo proposito è importante ricordare che gli strumenti innovativi introdotti dal nuovo codice degli appalti, recependo una recente direttiva comunitaria (la 2004/18), aumentano notevolmente la flessibilità, e con essa la discrezionalità della PA negli acquisti. Tale codice richiederà un controllo di merito, sui risultati effettivi delle diverse amministrazioni, più che sulle procedure, un tipo di controllo difficile da effettuare senza dati statistici e capacità avanzate di analisi economica.

 

Questioni di controllo

Il secondo problema è l’estensione e la precisione dei dati necessari ad effettuare un controllo sul merito efficace. Ad esempio, è abbastanza ben noto nel mondo degli acquisti che molte PA non applicano a pieno gli strumenti per il sostegno della qualità (penali, reclami, etc.) presenti nei contratti di acquisto, accontentandosi di livelli di servizio più bassi e magari lamentandosi poi della Consip per la bassa qualità ottenuta. Vi sono molteplici ragioni per cui questo accade, a partire dalla mai completata riforma del 1994 sul monitoraggio interno delle PA. Quello che preme sottolineare in questa sede e che se due amministrazioni, una virtuosa ed una no, operano autonomamente (senza convenzioni Consip) un acquisto identico, con identici capitolati di gara e contratti di fornitura, quella virtuosa otterrà un prezzo più alto, apparentemente ‘peggiore’ di quello ottenuto dall’amministrazione che non sa o vuole far rispettare i contratti, perché i fornitori incorporeranno nel prezzo offerto il maggiore costo di servire l’amministrazione virtuosa che applica le penali quando la qualità non rispetta quella contrattata.

Concludendo, raccogliere dati in modo sistematico e renderli pubblici, non solo rende più trasparente l’operato della PA, ma rende anche possibili controlli indipendenti e di altissimo livello sulla sua performance – come il lavoro che abbiamo descritto – a costo zero per il contribuente. La base dei dati raccolti, tuttavia, va estesa ove possibile anche alla performance effettiva, ex post, del fornitore, come si fa già da molti anni negli Stati Uniti. Altrimenti si rischia che grandi differenze nell’implementazione di contratti di fornitura analoghi distorcano i risultati della valutazione.

 

Note

(1) Il lavoro, ad opera di Oriana Bandiera, Andrea Prat e Tommaso Vallettri si intitola "Active and Passive Waste in Government Spending: Evidence from a Policy Experiment", ed è disponibile al sito http://econ.lse.ac.uk/staff/ prat/papers/consip.pdf.

(2) Scomponendo ulteriormente per tipologia di bene, il sovrapprezzo medio per chi non usa Consip risulta minore, pari al 7%, per beni semplici, anche controllando per la qualità. Il maggior costo per chi compra fuori Consip é pari al 22%, che scende al 15% controllando per la qualità, quando si tratta di beni complessi.