L'ossessione per il denaro Marco Lodoli, la Repubblica 7/6/2007
La scuola, anche quella che traballa sul bordo della città, quella dove i ragazzi ormai fanno fatica anche e leggere e a scrivere e far di conto, a volte si trasforma inaspettatamente in un'aula di filosofia teoretica: dal nulla spuntano discussioni che lasciano a bocca aperta per la quantità di intelligenza e verità che si dispiega. L'altro giorno, a mezz'ora dalla fine delle lezioni, una ragazza - sembrano più sveglie, le ragazze, più sincere - ha cominciato a dire che l'unica cosa importante sono i soldi. Non è un'affermazione nuova, anzi direi che i miei allievi sono piuttosto ossessionati dal valore del denaro, che sta senz'altro al primo posto nella loro brutale gerarchia. Come al solito io ho ribattuto che i soldi sono importanti, ma non sono tutto nella vita, e soprattutto che non devono occupare il primo posto nella fantasia di un adolescente. A diciassette anni altre devono essere le preoccupazioni e le gioie: l'amore, lo studio, l'impegno, l'amicizia, le avventure del cuore e della mente, e così via. Ma poi, uscendo dal solito tracciato pedagogico, ho voluto capire meglio. «Perché, cara Jessica, i soldi sono così decisivi? Spiegamelo, io non lo capisco». La risposta è stata immediata, diretta, sorprendente. «Perché i soldi sono il contrario della realtà. Non è vero che i soldi permettono di avere più fette della torta, questa torta è marcia e nessuno la desidera. Più sei ricco, più puoi rimanere fuori dal mondo. Meglio ancora: puoi abitare in un mondo a parte, tutto fantastico, tutto inventato e invulnerabile». Il contrario della realtà, e cioè? «E' semplice, le faccio l'esempio della mia famiglia. Mio padre guadagna mille e cento euro al mese. Ne paga seicento di affitto per la casa in cui viviamo, uno schifo di casa. Per andare avanti ha dovuto chiedere prestiti alle finanziarie, alla banca, agli amici. Ora deve lavorare notte e giorno, spezzarsi la schiena per mantenerci, dormire poco e preoccupato. Noi siamo dentro alla realtà, ma la realtà non è mai bella. Lei professore ci ha spiegato gli scrittori realisti e neorealisti: e questo scrittori cosa raccontano? Miseria, degradazione, squallore. Questa è la realtà. Chi ha molti soldi, invece, può vivere da un'altra parte, lontano dalla minaccia della realtà. Si può creare le sue favole. Una bella barca per viaggiare sul mare con gli amici, locali notturni dove si ride e si scherza, abiti incredibili per travestirsi, una villa con la piscina e il muro alto, affinché la realtà non possa entrare. Io voglio i soldi per scappare da questa morsa. Voglio essere ricca per andare più lontano possibile dalla realtà».
Io ho cercato di
replicare, di difendere la vita per quello che è, con le sue pene e le
sue meraviglie autentiche, dunque necessarie per comprendere meglio
chi siamo, cosa vogliamo, dove ci dirigiamo. «Tutte chiacchiere,
professore, tutte bugie. Oggi la realtà non piace a nessuno, neanche a
lei che scrive romanzi e poesie. Neanche lei, come tutti gli artisti
grandi o piccini, ama la realtà, altrimenti non avrebbe passato tanti
anni in mondi paralleli, che non si incrociano mai con le cose pesanti
della vita. Mio padre ha obbedito alla realtà, perché non poteva fare
altrimenti, perché è un poveraccio. Ma se avesse potuto sarebbe
fuggito anche lui, e un po' ci prova ancora. La domenica va in chiesa,
prega Dio, s'inventa per due ore un cinema marziano e ci si ripara
dentro. Oppure guarda la televisione fino a stordirsi, quando può. Mia
madre beve per non pensare. Ognuno cerca una scappatoia dalla
pesantezza della realtà, dai debiti, dalle malattie, dai turni di
lavoro. E i soldi sono la stessa cosa, ma molto meglio. Chi è carico
di soldi può fregarsene di tutto. Per questo piacciono tanto a noi
ragazzi, non l'ha capito? Perché noi non vogliamo più scendere a patti
con le cose reali, vogliamo vivere il più possibile dentro una bella
finzione, come quelli che recitano a teatro. Che dovremmo fare,
altrimenti? Lottare per cinquanta euro in più, sbatterci nella
politica per avere un'altra briciola di pane secco? Per carità. I
soldi sono esattamente uguali ai sogni, ma durano di più e portano più
lontano. Lo so, noi che abitiamo in periferia, che siamo figli di
disgraziati, tanti soldi non ne avremo mai. Però finché ho diciassette
anni ci voglio sperare. Voglio augurarmi tutto il bene possibile. E
tutto il bene possibile è stare fuori dalla realtà, fuori dallo
schifo, dalle guerre, dalla miseria, dalla sconfitta. I soldi sono
come Dio e come l'arte, anche meglio. Portano in fretta altrove. E io
voglio stare lassù, felice e indifferente». Poveri gli ultimi, allora,
perché solo loro è il regno della realtà. Bisogna rimettersi
seriamente al lavoro per aggiustarla meglio possibile, questa realtà
italiana, per renderla vivibile, apprezzabile, addirittura amabile. E'
un'impresa improba, ma bisogna riparare subito le falle: la nave è già
inclinata e le poche scialuppe di salvataggio sono tutte piene, di
ricchi o di spaesate illusioni. |