L'attesa raccontata da un insegnante speciale.
Maturità, diario di un professore
"Il rischio? Che i nostri allievi si lancino in
sproloqui insensati. Ma non li lasceremo soli" Marco Lodoli, la Repubblica 19/6/2007
Prima riunione della
commissione d'esame per organizzare il calendario, i turni di
assistenza, per cominciare a far fronte alla frana di carte da
riempire. Sul marciapiede fuori dalla scuola con la bomboletta un
alunno nottetempo ha scritto: «Andrei a piedi sulla luna a prendere
con le mie mano la stella più lucente solo per poterla regalare a te»,
zingarella!!! tuo Marco!!!». Qualche confusione astronomica e
grammaticale, ma che tenerezza. Dentro invece si cerca di capire come
saranno questi nuovi esami, e tutto è un po' più arido. Fino allo
scorso anno la commissione era formata interamente dai docenti della
classe, capitanati da un presidente esterno, e il clima era senz'alto
più spensierato. Ci si conosceva da anni si sapeva chi fossero i
nostri polli, e le giornate scorrevano in modo lieve e perfino
allegro. L'esame era un lungo periodo da passare insieme, finalmente
ci si poteva scambiare parole diverse dalle solite, entrare più in
confidenza, fare il punto sulla situazione scolastica ma anche su
quella personale. Ore e ore da condividere intensamente, noie e
problemi da spartire da buoni compagni, più che da colleghi, e anche
pastarelle e frutta da mangiare insieme, perché ogni mattina qualcuno
arrivava con le provviste. Ora le cose sono cambiate, sono decisamente
più serie. Gli alunni dovranno affrontare una commissione composta per
metà da membri esterni, insegnanti che non hanno mai visto e che
ovviamente ignorano del tutto la loro vita: qui conta solo la
preparazione, i sentimenti non debbono entrare in gioco. Gli
insegnanti della classe che fanno parte della commissione stavolta
sembrano un po' preoccupati: o almeno lo sono. Il rischio è la
figuraccia, diciamocelo francamente. Che i nostri allievi facciano
scena muta, o che si lancino in sproloqui insensati, o che si
arrampichino penosamente sugli specchi. E allora non saranno solo loro
a soffrire, ma anche noi che li abbiamo preparati per un anno. I
membri esterni saranno lì ad ascoltare in silenzio, a pensare: ma
questo cosa gli ha insegnato, come mai li ha presentati con voti
discreti o ottimi? Prima erano panni sporchi da lavare in casa, ora è
un bucato fatto in piazza non si possono nascondere macchie e magagne.
Certo, i ragazzi hanno preparato le loro tesine, per un quarto d'ora
almeno dovrebbero cavarsela decentemente, ma poi? Fanno una tale
fatica a parlare, a spiegarsi per bene, a concatenare. Tremeranno,
tremeremo.
L'esperto in informatica
della scuola mi spiega: «Apri il computer, inserisci la password,
entri nel programma, altra password, poi devi scrivere su questa
schermata tutti i nomi e i codici degli insegnanti e degli allievi,
quindi si apre il secondo quadro, e qui dovresti... Senti, io ti
consiglio carta e penna, secondo me è meglio». Saranno quindici o
venti giorni difficili: emozioni, timori, burocrazia, sgomento. Ma
alla fine sarà, come è sempre stato, un bel periodo. Le ultime due
settimane insieme a ragazzi che abbiamo visto crescere, a cui ci siamo
affezionati. E anche due settimane fianco a fianco con altri
professori, alcuni amici, altri sconosciuti, per capire a che punto
sta la nostra scuola, se attraversando le tempeste ce la fa ad
arrivare in porto anche quest'anno. |