I bimbi stranieri non devono farci paura.

Marco Lodoli, la Repubblica ed. di Milano, 22/1/2007

 

La questione è esplosa in tutta la sua evidenza nella scuola elementare di via Brunacci, ma l´odore della miccia che bruciava già si sentiva da tempo. Insomma, i genitori milanesi non vogliono più iscrivere i loro figlioli in una scuola affollata dai bambini stranieri. E´ facile intuire quali siano i loro timori: che le maestre non sappiano più che pesci pigliare, che le diverse provenienze linguistiche, culturali, religiose generino un caos incontrollabile, che quella che dovrebbe essere una tranquilla classe elementare si trasformi in una torre di Babele che mescola tutto e non fa capire niente. E allora via, dove si presume ci sia più calma e più coerenza, più italianità, dove non si perdono mesi per amalgamare le differenze, per creare l´intesa necessaria a insegnare e a imparare.
Da anni ormai i più ricchi mandano i loro privilegiati rampolli nelle scuole private, perché una società come la nostra, fortemente competitiva, spinge a pretendere subito il meglio, o quello che si presume essere il meglio. Le scuole americane o francesi sono ambitissime, proiettano immediatamente i piccoli studenti verso una serie A sociale, verso una Champion´s League degli eletti. Chi ha soldi e smodate ambizioni non vuole che i suoi figli sprechino energie con complesse questioni di integrazione, con simpatici compagnetti di classe che però sono ancora dei miserabili. E´ triste, ma è così. Siamo in un mondo dove valori come la solidarietà, l´amicizia, la curiosità umana sono scaduti agli ultimi posti. E dove la varietà della vita viene giudicata solo come disordine minaccioso.

Bisogna stare tra gente simile, ricchi con ricchi, italiani con italiani, e gli altri vadano pure a fare minestrone in qualche cucina di bassa lega. E´ ovvio che il problema degli stranieri è reale, ma io credo che a cinque o sei anni sia facile apprendere la lingua, stare bene insieme, giocare e studiare senza preoccupazioni. E credo addirittura che i nostri bambini italiani che hanno convissuto con i coetanei provenienti da tutto il mondo potranno trovarsi meglio, in futuro, nella famigerata lotta per un posto al sole, di chi ha scelto l´uniformità assoluta.
Avranno imparato più cose, visto famiglie e case diverse, stabilito rapporti preziosi con le tante sfaccettature e i tanti volti del mondo nuovo. Bisogna trovare un equilibrio, questo è ovvio, distribuire con intelligenza i bambini neo italiani nelle scuole del quartiere, ma non bisogna spaventarsi e fuggire. Chi avrà un amico cinese, rumeno, marocchino, filippino, avrà tante finestre in più sulla vita. Chi cerca solo specchi, potrà solo trovare conferme asfittiche, armadi a muro in cui rinchiudersi.