Nell'ultimo anno sono stati assegnati ben 262 titoli onorifici. Tra le categorie
più "premiate" spiccano i politici. Oggi a Milano il riconoscimento al premier

Lauree honoris causa, il Ministero frena.
E la Cattolica ne consegna una a Prodi .

Anna Maria Selini, la Repubblica del 19/1/2007

 

Chissà se il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ricevendo la laurea honoris causa in Scienze Politiche dalla Cattolica di Milano, sarà consapevole di ottenere un riconoscimento ancora più "eccezionale" del solito. Il suo, infatti, non solo è tra i 262 titoli onorifici attribuiti dagli atenei italiani nell'ultimo anno, ma è anche tra i primi arrivati dopo la "stretta" annunciata dal ministro Mussi.

A fine dicembre, infatti, il responsabile dell'Università e della Ricerca aveva esortato gli atenei ad "un'accurata valutazione dei soggetti interessati, affinché siano effettivamente in possesso dei requisiti di eccezionalità previsti dalla legge". Niente a che vedere con la laurea a Prodi certo, ma di fatto una temporanea sospensione delle procedure d'approvazione e un richiamo al rigore, contro il moltiplicarsi e la trasformazione del prestigioso riconoscimento in un inflazionato strumento di marketing e di pubblicità accademica.

Solo nel 2004, con l'allora ministro Moratti, sono state conferite 235 lauree honoris causa, nel 2005, 171 e nel 2006, 262. Di queste ultime, 96 portano la firma di Fabio Mussi, che prima di toccare quota cento in sei mesi, ha deciso di non sottoscriverne altre. La procedura, infatti, prevede la proposta di assegnazione da parte di un docente o del preside di una facoltà, il voto favorevole di almeno due terzi del Consiglio di facoltà e la firma del ministro.

Secondo il normale iter alcune delle lauree già approvate, come quella a Prodi, verranno conferite nel 2007: tra le prossime quella a Paolo Conte dall'Accademia di Belle Arti di Catanzaro e a Moni Ovadia dall'Università per Stranieri di Siena. Tutte, va ricordato, danno gli stessi diritti di una laurea ordinaria.
 

I due dottor Rossi. Ad accendere le prime polemiche, nel 2005, sono state la lauree ad honorem conferite a pochi giorni di distanza a Vasco Rossi (Iulm) e Valentino Rossi (Urbino). Ma se per la laurea in Scienze della Comunicazione al primo, alcuni si erano limitati a storcere il naso, per quella equivalente al campione di motociclismo era insorto addirittura un cardinale. "La laurea ad honorem a uno sportivo è giusta solo se pertinente - aveva tuonato Fiorenzo Angelini, prefetto emerito del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, aggiungendo che - la colpa non è certo dei campioni, ma dei vertici di certe università che dovrebbero rispettare una serietà e un prestigio senza appiattire la scienza".

Più pertinenti, forse allora, le lauree ad honorem in Scienze motorie conferite a Dino Zoff nel 2003 dall'Università di Cassino o ancora a Yuri Chechi nel 2004 a Campobasso (e non, come erroneamente abbiamo scritto, al professor Walter di Salvo).
Ad essere insigniti del prestigioso titolo accademico, negli ultimi cinque anni, oltre ai più consueti professori ed emeriti studiosi, sono stati anche numerosi personaggi del mondo dello spettacolo: cantautori come Luciano Ligabue (Teramo) o Renzo Arbore (Foggia), attori come Alberto Sordi (Salerno) o Roberto Benigni (Bologna) e registi come Mario Monicelli (Udine) o Ermanno Olmi (Bergamo).
 

Politici ad honorem. Una delle categorie più premiate dagli atenei, come dimostrano anche i titoli attribuiti in questi giorni (a Barroso dalla Sapienza), resta senza dubbio quella dei politici. Il Presidente del Consiglio vanta nel suo curriculum 23 riconoscimenti ad honorem, di cui 6 da università italiane, ultima la Cattolica. Una laurea honoris causa è stata conferita anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Bari) e a Silvio Berlusconi, (Università della Calabria), mentre sono plurilaureati ad honorem Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e, tra gli altri, Tommaso Padoa Schioppa.

E ancora, industriali come Luca Cordero di Montezemolo (Politecnico di Milano) e Tronchetti Provera (Iulm) o esponenti del mondo bancario come Cesare Geronzi (Bari) e Antonio Fazio. E proprio l'ex governatore della Banca d'Italia, nel 2002, venne insignito di una laurea honoris causa in Filosofia dall'Università di Catania, con una motivazione che letta oggi suona del tutto diversa. "Oltre ad avere un ruolo delicato e di primo piano nel governo del sistema Paese - sottolineò durante la cerimonia il rettore di Catania Ferdinando Latteri - il governatore Fazio è uno dei più convinti assertori della riscoperta di quello stretto legame tra economia ed etica di cui il mondo moderno ha, oggi più che mai, bisogno".


L'alloro della memoria. Con maggior parsimonia, le università conferiscono anche le cosiddette lauree ad memoriam (o ad honorem secondo l'accezione originaria, ormai usata come sinonimo di honoris causa), e cioè titoli onorifici dedicati a persone defunte, che in vita si sono particolarmente distinte per le loro azioni. Spesso si tratta di grandi personaggi originari della città o del territorio dove ha sede l'università, come nel caso della laurea alla memoria di Beppe Fenoglio voluta dall'Università di Torino nel 2005 o della cerimonia solenne organizzata dall'ateneo di Bologna nel 2004 in onore di Guglielmo Marconi.

O ancora della decisione dell'Università di Siena di conferire una laurea in Scienze dell'Amministrazione a due carabinieri suoi studenti caduti a Nassiriya.


E la Bocconi dice no. Tra gli atenei c'è anche chi non conferisce lauree a personalità di spicco, ma si limita ad organizzare seminari o convegni in loro onore. "La nostra è una tradizione che nessun rettore ha inteso superare - spiega Angelo Provasoli, 'magnifico' dell'Università Bocconi - il titolo Bocconi va conquistato sul campo e la più o meno facile attribuzione a persone illustri non sarebbe coerente con questa filosofia. Quando Gorbaciov anni fa venne in Italia - continua il rettore - qualcuno ci suggerì di conferirgli una laurea honoris causa, ma alla fine optammo per una targa dell'università. La stretta di Mussi? Pienamente condivisibile. Il moltiplicarsi delle lauree non serve e dequalifica i titoli stessi. Bene conferirle, ma in maniera selettiva e solo a persone di grandissima qualità culturale nazionale e internazionale. Altrimenti la pubblicità per gli atenei rischia di diventare solo controproducente".