Cassazione: se il figlio non va scuola e ruba
non sempre la colpa è dei genitori.
A stabilirlo è stata la V sezione penale della Corte di
Cassazione con la sentenza 39411 del 2006, che lo scorso 3 gennaio ha
espresso un chiarimento sulla ricorrenza e sistematicità della
violazione del dovere di custodia a proposito di una donna Rom
condannata in primo e secondo grado per abbandono del figlio minore di
16 anni trovato a rubare in un appartamento.
di A.G. La Tecnica della Scuola del
5/1/2007.
Non sempre i genitori sono responsabili della
devianza dei figli minori che, invece di andare a scuola, compiono
atti di illegalità: la responsabilità di abbandono andrà divolta in
volta verificata. A stabilirlo è stata la Quinta sezione penale della
Corte di Cassazione - con la sentenza 39411 del 2006 - che nei giorni
scorsi ha espresso un chiarimento sulla ricorrenza e sistematicità
della violazione del dovere di custodia a proposito di una donna Rom
condannata in primo e secondo grado per aver abbandonato il figlio
minore di 16 anni trovato a rubare in un appartamento.
"L'assunto secondo cui - si legge nelle motivazioni - di nuovo la
commissione di un reato o anche l'attitudine di un minore a delinquere
sia elemento (sempre e comunque) sintomatico di uno stato di abbandono
tale da integrare il reato di cui all'articolo 591 c.p. è argomento
che, per massimalistica generalizzazione, prova troppo, anche sul
piano etico-sociale ed educativo". Per i giudici della Cassazione non
è possibile definire una volta per tutte che le famiglie siano la
causa prima e naturale del comportamento dei figli. "Se, infatti - si
continua a leggere nel verbale di sentenza - non può in astratto
escludersi che dietro scellerate inclinazioni delinquenziali dei
figli, vi siano colpevoli negligenze ed omissioni di vigilanza da
parte dei genitori, è pur vero che, ai fini della configurazione del
reato di cui all'art. 591, occorre la prova che quelle omissioni
integrino che, per ricorrenze sistematicità violazioni di doveri
giuridici, tali da integrare abbandono".
L'ago della bilancia, quindi, sarebbe nel provare di volta in volta se
il genitore è l'artefice del comportamento deviato o comunque sia
mancato ai suoi doveri di patria potestà.
"Avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice - continuano i
giudici di legittimità - l'abbandono richiesto deve essere anche tale
da esporre il minore o l'incapace ad una situazione di pericolo, anche
potenziale, per la sua incolumità".