I dati del ministero ritoccano verso l'alto le
stime che indicavano il tetto a 40mila
Guidano la 'fuga' la Lombardia, la Campania e la Sicilia.
Personale Ata: lasciano in diecimila
Scuola: la 'sindrome' pensione
cinquantamila in lista di sbarco.
Salvo Intravaia, la Repubblica,
5/2/2007
Siamo arrivati a quota 50 mila. I pensionamenti della scuola si stanno
trasformando in una fuga senza
precedenti. Il conteggio di quelle che in gergo tecnico vengono
chiamate 'cessazioni dal servizio' sta per essere completato e il
fenomeno sta assumendo i connotati di un vero e proprio esodo. Tra
insegnanti, dirigenti scolastici, personale educativo e Ata
(amministrativi, tecnici e ausiliari) sono state presentate qualcosa
come 50 mila istanze: un numero che supera di gran lunga la prima
stima di circa 40 mila cessazioni e che potrebbe crescere ancora.
Per
avere un'idea dell'esodo dalla cattedra, e dalla scuola in generale,
basta confrontare i numeri di quest'anno con quelli del settembre
2006, quando preferirono andare in pensione 36.845 addetti. In un solo
anno, il numero di coloro che hanno preferito lasciare spazio ai più
giovani si è incrementato di un terzo.
I motivi della fuga.
Sono soprattutto tre le cause della fuga dalla scuola. Le continue
voci sull'ennesima riforma del sistema pensionistico italiano,
richiesta con forza anche dai partner europei, non contribuisce
certamente a tranquillizzare chi potrebbe ancora trascorrere qualche
anno dietro la cattedra. Quest'anno, tra le altre cose, secondo la
riforma Maroni era l'ultimo in cui si poteva andare in pensione ancora
all'età di 57 anni e 35 di servizio. Dal prossimo anno subentrerà
l'ormai famoso, o famigerato, 'gradone': di colpo l'età minima per
congedarsi dalle aule balzerà a 60 anni. E, nonostante la possibilità
per chi ha già ha maturato il diritto (35 anni di insegnamento e 57 di
età) di evitare anche per i prossimi anni lo scalone, in molti hanno
dimostrato di non fidarsi.
La
paura che qualche altra normativa possa cambiare le regole del gioco è
elevata e chi può toglie il disturbo. La seconda motivazione è di tipo
strutturale: l'età media dei docenti italiani è di 50 anni: una classe
docente vecchia come non si registra in nessun paese europeo e,
soprattutto, stanca. Ed sono proprio le crescenti difficoltà di
gestione della classe che inducono sempre più maestre e professori a
lasciare anzitempo la scuola.
I dati.
Appena tre anni fa, nel 2004/2005, andarono in pensione 24.603
insegnanti, capi d'istituto e Ata. Dopo tre anni, il numero è
letteralmente raddoppiato. Il grosso dei pensionamenti (circa 41 mila
nominativi) - con Lombardia, Campania e Sicilia in testa - riguarda i
docenti: l'anno scorso furono 29 mila. Secondo questi ultimi numeri in
testa ci sarebbero le maestre della scuola materna ed elementare. Ma
il dato più significativo è il consistente incremento (più 40 per
cento circa) di coloro che vanno in pensione per dimissioni
volontarie: coloro che sarebbero potuti rimanere ancora qualche anno
ma hanno preferito lasciare. Così, in totale, hanno chiesto di
lasciare la scuola 5 addetti su 100.
Il risvolto.
Il dato sul numero dei pensionamenti sarà certamente accolto con
grande gioia sia dai tecnici del ministero della Pubblica istruzione,
che possono pianificare le prossime assunzioni senza troppe
preoccupazioni, sia dai 237 mila supplenti iscritti nelle graduatorie
provinciali permanenti dalle quali vengono individuati metà dei
neoassunti: l'altra metà proviene dalle graduatorie dei concorsi a
cattedre. L'esodo lascerà vacanti un grandissimo numero di posti che
consentiranno quasi certamente al governo Prodi di azzerare il
precariato e concretizzare le 150 mila assunzioni preventivate anche
dal ministro dell'Economia, Tomaso Padoa Schioppa.