Perché ci terremo l’ora di religione
(e tutto il resto).
di Dedalus, da
ScuolaOggi del
13/12/2007
Dopo gli articoli-inchiesta di Curzio Maltese su
Repubblica sui privilegi fiscali di cui gode la Chiesa cattolica in
Italia e sui costi dell’ora di religione per lo Stato
(1)
e la reazione del Vaticano, con la dura presa di posizione del
Segretario di Stato della Santa sede, cardinal Bertone, ci stupì non
poco il silenzio e l’indifferenza del mondo laico. Titolammo quindi,
non a caso, un nostro scritto “L’eclissi della cultura laica in
Italia”. Consideravamo infatti che la concezione della laicità dello
Stato, con tutto quello che ne consegue (compresa una scuola pubblica
laica, senza insegnamenti confessionali al suo interno), nel nostro
paese è appannaggio di una minoranza, come è sempre stato d’altra
parte dalla formazione della Repubblica ad oggi.
Ne abbiamo conferma, in piccolo, nei recenti sondaggi di Scuolaoggi.
Alla domanda “E’ giusto riaprire il dibattito sull’insegnamento della
religione cattolica nella scuola pubblica?” il 34% ha risposto sì, il
66% no. Alla domanda “Saresti favorevole a sostituire l’insegnamento
della religione cattolica con un’ora di storia delle religioni?” il
24% risponde sì, il 76% no.
Ora, prendiamo pure questi risultati con cautela. Il campione è
certamente ridotto e parziale e non può essere considerato
sufficientemente attendibile per fare delle generalizzazioni. Però
qualcosa di significativo ci dice relativamente all’area dei lettori
di Scuolaoggi, vale a dire di un giornale che, per quanto autonomo e
libero, non si caratterizza certo in senso conservatore.
Se vogliamo tentare un’analisi del voto possiamo individuare con una
certa approssimazione tre componenti che in esso trovano espressione.
La prima è costituita da quei cattolici che - in quanto tali - si
guardano bene dal mettere in discussione la legittimità dell’ora di
religione. Non è un caso che Scuolaoggi abbia ricevuto, in questo
senso, lettere di protesta da parte di insegnanti di religione e della
loro associazione. Si concentrano qui convinzioni religiose (il
prevalere di un orientamento di fatto confessionale) e interessi
particolari (la difesa esplicita della ragion d’essere dei docenti di
religione, del posto di lavoro). Il ragionamento di fondo è noto: la
religione cattolica fa parte del patrimonio storico e culturale della
nostra nazione, come pure è un dato di fatto il radicamento della
Chiesa cattolica romana nel nostro paese, e da questo non si può
prescindere, neanche nella scuola pubblica, anzi.
La seconda componente, che merita la maggiore attenzione per
l’ambiguità della sua posizione, è quella di un’area laica e di
sinistra (o di centro-sinistra) che pensa però che questo tasto non
vada toccato, perché altri sono i problemi e soprattutto perché
conviene lasciare le cose come stanno. La terza, minoritaria appunto,
è quella di coloro che ritengono che la scuola pubblica statale
dovrebbe essere rigorosamente laica e dovrebbe tenere le religioni
(tutte) fuori dai cancelli, a maggior ragione in una società
multiculturale e multietnica come quella moderna.
Ora le due posizioni estreme (confessionalismo - laicismo) sono chiare
e lineari. Ma quella che è più interessante da considerare è la
posizione di mezzo, più squisitamente “politica”. Confluiscono qui, a
nostro avviso, le ragioni di chi ritiene che non è il caso di
riproporre questo dibattito perché aprirebbe conflitti con le
gerarchie ecclesiastiche nonché contraddizioni e divisioni nello
stesso schieramento di centrosinistra. In questo senso, dunque,
un’iniziativa inopportuna, politicamente sbagliata.
Se sulle questioni della laicità prendiamo in considerazione il fronte
politico, come abbiamo già osservato, a difendere con coerenza i
principi dello Stato laico sono rimaste forze minoritarie (i radicali,
qualche socialista o repubblicano, i laici alla Odifreddi e Veronesi
(2),
qualche giornale o rivista come Repubblica o Micromega
(3).
Il Pd, ad esempio, nel momento in cui aprisse un serio dibattito su
queste questioni probabilmente imploderebbe (come tenere insieme la
Binetti e i teodem, Rosi Bindi e Piergiorgio Odifreddi?). La sinistra
radicale in genere tace, preferendo dedicarsi ai temi del rapporto
capitale/lavoro piuttosto che a quelli della laicità, considerati
forse “sovrastrutturali” e di secondaria importanza.
In realtà si conferma qui una tendenza storica della sinistra (di una
parte della sinistra) al tatticismo, al politicismo, al voler evitare
a tutti i costi conflitti con la Chiesa cattolica, che affonda le
proprie radici addirittura nel 1947, quando il PCI guidato da
Togliatti votò compatto l’articolo 7 della Costituzione. Come scrive
Marco Revelli su Micromega, il peccato originale della sinistra sta
proprio lì. “Per un iper-realismo che caratterizza ancor oggi la
sinistra italiana, i comunisti italiani accettarono che la Repubblica
nascesse sotto tutela vaticana” (4).
Nel famoso articolo 7 si affermava che “lo Stato e la Chiesa sono,
ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” ma, fatto più
importante e più grave, si aggiungeva al secondo comma che “i loro
rapporti sono regolati dai Patti lateranensi”. Sempre Marco Revelli
ricorda che un grande giurista, Piero Calamandrei, in un memorabile
discorso all’assemblea costituente, mise in evidenza l’aberrazione
giuridica di una simile affermazione, sottolineando inoltre
l’incompatibilità di un gran numero di clausole dei Patti con i
fondamentali diritti di uguaglianza dei cittadini, di libertà di
coscienza, di religione, di insegnamento affermati dalla Carta stessa.
Come allora il principale partito dell’ipotetico schieramento laico,
per eccesso di realismo, decise di rinunciare, esplicitamente, alla
piena sovranità dello Stato sul proprio territorio pur di evitare uno
scontro, che temeva perdente, con il Vaticano, così oggi nello
schieramento del centro-sinistra, nel Pd nella fattispecie e nella sua
area di riferimento, si ripropone questa stessa logica. Per ragioni
tattiche, di “opportunità” (o di “opportunismo”..?) si preferisce non
andare a toccare un nodo spinoso, che aprirebbe appunto divisioni e
lacerazioni, con il rischio di perdere consensi sul piano politico ed
elettorale. Meglio lasciar perdere questioni di principio che perdere
voti.
E così continuiamo ad essere condiscendenti e subalterni alla Chiesa
cattolica e al suo ruolo di forte condizionamento sulla politica
italiana. Che dire d’altra parte di un centrosinistra che fa a gara
con il centrodestra su questo stesso terreno? Ricordiamo che è una
legge del 2000, la legge n.62 sulla parità scolastica (centrosinistra
al governo), ad aprire la strada ai finanziamenti statali alle scuole
private, in maggioranza cattoliche. La Costituzione italiana sancisce
all’articolo 33 che “enti e privati hanno il diritto di istituire
scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato”. Ebbene,
una maggioranza parlamentare bipartisan stabilisce che quel “senza
oneri per lo Stato” si riferisce al solo atto di istituzione di una
scuola, non agli oneri di gestione. Silvio Berlusconi e Letizia
Moratti non avranno difficoltà a percorrere questa strada, aumentando
i contributi alle scuole private. Ma bisogna arrivare al ministro
Fioroni perché fra i destinatari dei finanziamenti siano incluse,
oltre alle scuole dell’infanzia e primarie, anche le scuole private
medie e superiori (5).
Peccato che questo si accompagni, nel corso degli ultimi anni, ad una
progressiva contrazione di risorse (riduzione dei finanziamenti, tagli
agli organici, ecc.) nella scuola pubblica, statale.
Insomma, si conferma quanto pensavamo (con il pessimismo della ragione
ma realisticamente): i laici in questo paese sono una minoranza. Ma
questa non è un ragione sufficiente per desistere e abbandonare il
campo di battaglia. Sui princìpi – e quello della laicità dello Stato
è un principio fondamentale in una democrazia – non si può cedere.
Dedalus
Note
(1) vedi la serie “I soldi del vescovo” e in particolare “Religione,
il dogma in aula, un’ora che vale un miliardo”, la Repubblica del 24
ottobre 2007
(2) Piergiorgio Odifreddi e Umberto Veronesi hanno recentemente
proposto di sostituire l’ora di religione cattolica con un’ora di
insegnamento scientifico
(3) Micromega ha pubblicato proprio in questi giorni un numero
speciale della rivista (“Per una riscossa laica”, dicembre 2007
(4) Marco Revelli, “Il peccato originale della sinistra”, Micromega
(5) v. Carla Castellacci, “Scuola in debito di laicità”, Micromega