Il numero chiuso parte dalla maturità.
Il voto d’esame avrà un peso nei test d’ingresso
all’Università
Raffaello Masci La Stampa del
29/12/2007
ROMA
Ora pagherà il merito, e non più le furbizie. Chi studia e sgobba non
resterà più fuori gioco per l’accesso alle facoltà universitarie a
numero chiuso». Il ministro della pubblica Istruzione, Giuseppe
Fioroni, ama i modi spicci e, uscendo dal consiglio dei ministri,
sintetizza così il senso di un provvedimento che da mesi era nell’aria
e solo ieri mattina è stato varato: «La maturità non sarà più solo un
pezzo di carta - spiega il ministro - ma una porta d’ingresso al
proprio futuro. E finalmente gli studi delle superiori avranno un loro
peso specifico: garantiranno fino a 25 punti per l’accesso alle
facoltà universitarie a numero chiuso, e sono proprio i 25 punti che
possono fare la differenza tra chi entra e chi resta fuori. E i quiz
universitari dovranno tenere conto dei programmi delle superiori».
Tecnicamente il provvedimento è un decreto legislativo, che tocca due
materie: i crediti scolastici da spendere per l’accesso
all’università, e l’orientamento per la scelta della facoltà.
Nel momento in cui uno studente si presenta al concorso per accedere
ad una facoltà a numero chiuso, deve sostenere un test articolato in
80 domande, a cui corrispondono altrettanti punti. Questo punteggio
ora potrà essere integrato da un ulteriore pacchetto di 25 crediti,
eredità degli ultimi tre anni delle superiori e dell’esame di
maturità. L’acquisizione di questi venticique punti, però, non è
semplicissima, in quanto ad essa concorrono quattro fattori: 1) La
media del 7 (come minimo) riportata negli ultimi tre anni di scuola
superiore. 2) La media dell’8 negli ultimi tre anni, nelle discipline
specifiche del corso di laurea al quale si chiede l’iscrizione
(esempio: matematica, fisica e scienze per le facoltà scientifiche,
italiano e latino per quelle umanistiche, eccetera). 3) Il fatto di
appartenere alla schiera del 20% dei migliori «maturati» della propria
commissione d’esame (tradotto: lo studente deve essere tra i primi
della classe anche alla maturità), a patto di avere un voto superiore
a 80/100. 4) La lode eventualmente ottenuta. Solo in questo modo si
otterranno tutti e venticinque punti aggiuntivi. Altrimenti se ne
avranno di meno. Orientamento
Il decreto propone un orientamento che non risponde più alla domanda
«che cosa ti piace fare?», ma costituisce un «percorso formativo» che
accompagni il ragazzo nel capire quali sono le sue attitudini, le sue
competenze specifiche e, quindi, quale sia per lui la scelta migliore.
In questa attività orientativa - dice il decreto - è prevista una
collaborazione tra i docenti delle superiori e quelli dell’università.
I primi potranno lavorare alla stesura dei test di ammissione
all’università, mentre i secondi potranno andare nelle scuole a
spiegare l’offerta formativa delle loro facoltà. Nel fare
orientamento, poi, la scuola potrà accettare l’aiuto (come già
avviene) di associazioni professionali o imprenditoriali. Una
commissione nazionale, costituita dai due ministeri (Università e
Istruzione) più gli enti locali e le agenzie di valutazione,
provvederà a monitorare le novità nei prossimi anni. E,
all’occorrenza, suggerirà cambiamenti.