LINEA DI CONFINE

Se il 50% dei ragazzi non capisce cosa legge.

Mario Pirani, la Repubblica del 17/12/2007

 

È terminato il primo trimestre dei corsi scolastici 2007-2008. Fra qualche giorno alunni e famiglie riceveranno le pagelle con gli scrutini.

Quest'anno, però, vi sarà una novità. Chi avrà una o più insufficienze potrà usufruire da subito di un intervento di sostegno in un orario supplementare al fine di migliorare nello spazio dei due trimestri residui. Se a giugno l'alunno non avesse ancora raggiunto la sufficienza, la scuola sarà tenuta ad organizzare un intervento di recupero nei mesi estivi. A settembre il consiglio d'istituto giudicherà l'esito e promuoverà l'alunno o gli farà ripetere l'anno. Fino ad oggi non era così. Negli scrutini non figuravano insufficienze. A chi ne avesse veniva assegnato, comunque, un sei scritto in rosso, sostituito negli ultimi tempi da uno spazio bianco per non offendere la privacy dello studente, la cui famiglia nel frattempo riceveva per lettera notizia del cattivo risultato. La qualcosa non destava, peraltro, eccessivo allarme poiché l'ammenda si traduceva nel trascinarsi dietro nelle classi successive uno o più «debiti» con l'impegno puramente virtuale di saldarli in futuro. Il più delle volte questo saldo positivo non veniva onorato, i «debiti» si prolungavano fino alla licenza e magari uno si iscriveva ad ingegneria non avendo mai avuto una sufficienza in matematica. Si calcola che in dieci anni 8.800.000 ragazzi si siano diplomati, malgrado la permanenza di lacune gravi, certificata da «debiti» pregressi che non erano mai riusciti a superare. Questo dato di per sé boccia le riforme di sinistra e di destra che si sono susseguite e va dato atto al ministro Fioroni e alla sua vice Bastico di aver proclamato la ferma rinuncia ad ogni ulteriore rivoluzionamento, volendo invece dedicarsi a misure pratiche per riportare al centro della relazione didattica tra insegnanti e allievi il principio della responsabilità.

La decisione che abolisce il «trascinamento» all'infinito dei «debiti» rientra in questa logica. Spetta ora a presidi e insegnanti fare la loro parte, organizzando bene i corsi gratuiti di sostegno per i quali la Finanziaria ha stanziato i fondi, ferma restando la libertà per le famiglie che lo desiderino pagarsi delle ripetizioni private. Elementare norma di buon senso che ha destato i rimbrotti di chi paventa la privatizzazione degli studi. Ma in nome di quale principio costituzionale si potrebbe vietare ad un genitore di far impartire a pagamento lezioni supplementari ai suoi figli? A meno di non rassegnarsi alla paradossale conclusione di un gruppo di insegnanti dell'istituto Planck di Lancenigo (Treviso) che in una lunga lettera preannunciano l'esplosione del «meccanismo ad orologeria innescato nelle scuole» dall'ordinanza ministeriale destinata, a parer loro, a devastare le casse dello Stato, l'industria del turismo estivo e le famiglie, impossibilitate ad organizzare le ferie. Tutto per un «obiettivo impraticabile», dato che la carenza in questa o quella materia, proprio perché circoscritta, è «imputabile a varie cause genetiche ed ambientali (sic!)». C'è da arguire che il richiamo alle «cause genetiche e ambientali» sia indotto dalle teorie messe in atto dal famigerato sindaco Gentilini nel vicino capoluogo? Ma in questo caso ne sarebbero succubi i docenti firmatari ancor più dei discenti. L'urgenza della svolta impressa dall'attuale ministro è stata, del resto, comprovata dal rapporto Pisa (Ocse 2006) che declassa i nostri studenti al 33 posto per le competenze di lettura, al 36 per la cultura scientifica e al 38 per la matematica. Un recente libro che gli educatori dovrebbero compulsare, «Le valutazioni internazionali e la scuola italiana», di Bolletta e Pozio (Zanichelli 2008) spiega a fondo i criteri di indagine.

In particolare la valutazione del Pisa (Programme for International Student Assessment) è incentrata quest'anno su quanto i giovani debbono sapere una volta usciti dalla scuola. Ad esempio, se le competenze di lettura sono basse, ne deriva anche l'incapacità di usare Internet «che richiede abilità che vanno ben oltre la decodifica: scorrere rapidamente testi anche lunghi e complessi, giudicare quali informazioni, nella massa di quelle disponibili in rete siano affidabili ed esaustive, selezionare quelle pertinenti per i propri scopi. Compiti che evidenziano tra l'altro l'importanza del pensiero critico nella competenza di lettura». Ebbene, secondo Pisa, se nel 2000 il 44,5% dei ragazzi italiani non era in grado di capire neppure un minimo di quel che leggeva, oggi la percentuale è salita al 50,9%. Un fatto genetico?