La prossima settimana sarà presentata la ricerca sui giovani appena diplomati
L'ha condotta AlmaLaurea: molti pentiti degli studi scelti, l'incognita università

Appena fuori dalla scuola mille paure
e un solo obiettivo: il lavoro stabile.

Tullia Fabiani, la Repubblica del 6/12/2007

 

Liceo o istituto tecnico? E poi: università? A quattordici anni la scelta, a diciannove il ripensamento col senno del poi e un diploma da mettere a frutto, comunque. La maturità dimostra anche questo: che ci si può accorgere di aver preso una strada sbagliata e che un buon orientamento nella scelta della scuola superiore e in quella della facoltà universitaria può fare la differenza. Si tirano un po' le somme. E si preparano nuovi investimenti.
Così se da una parte la maggior parte dei diplomati italiani promuove il lavoro degli insegnanti e il percorso di apprendimento svolto, dall'altra lamenta la poca attenzione ricevuta al passaggio dalla scuola media e superiore e guarda con timore al futuro: l'università e soprattutto il lavoro, poco importa se legato agli studi fatti, importante è che sia stabile. Un posto fisso.

A raccogliere le impressioni e le speranze dei ragazzi italiani freschi di maturità è un lavoro del consorzio interuniversitario Almalaurea e dell'associazione Almadiploma: 55 gli istituti scolastici interessati in tutta Italia e 6.786 i diplomati, tutti nel 2007. "Il nostro progetto, cui aderiscono 122 scuole superiori, - come spiega Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea - è diffondere nelle scuole la cultura della valutazione, per aiutare i ragazzi nella scelta del percorso dopo l'esame di Stato e per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro con una banca dati online. C'è una legge del governo infatti che prevede, entro gennaio 2008, specifici percorsi di orientamento scolastico e noi crediamo di poter affrontare questa esigenza e dare delle risposte efficaci al riguardo".
Una risposta, ad esempio, arriva già dal profilo particolareggiato dei diplomati, che sarà presentato martedì 11 dicembre a Milano, durante il convegno "Quale futuro per i diplomati? Strumenti per il governo della scuola e per l'orientamento in uscita dei diplomati". Repubblica.it lo presenta in anteprima.
 

Il giudizio sulla scuola. Insegnanti promossi: i ragazzi si dimostrano soddisfatti della propria esperienza scolastica (80 diplomati su 100). E i giudizi sui prof sono molto favorevoli: il 78 per cento dei diplomati è soddisfatto della loro competenza, il 70 per cento della chiarezza espositiva, il 72 della disponibilità al dialogo e il 61 della loro capacità di valutazione. E questo si riflette probabilmente sui voti: il voto medio di diploma è 75,7/100. Chi ottiene i risultati migliori (da 81 a 100 su 100) rappresenta il 31,7 per cento dei ragazzi. Il voto medio nei licei è di 79 (su cento), 74,9 negli indirizzi tecnici e 72,8 nei professionali. Mentre le studentesse, in tutte e tre le tipologie di indirizzi, tendono ad avere migliori risultati in termini di voto e di regolarità negli studi.
Meno compiacimenti invece per i ragazzi sul piano strutturale: criticano i laboratori (60 per cento), l'adeguatezza delle aule (53 per cento) e l'organizzazione scolastica (48 per cento).

Il problema della scelta. Nonostante la soddisfazione per l'esperienza scolastica, diverse sono le perplessità sulla decisione presa a quattordici anni. Al momento dell'esame di Stato, 51 diplomati su cento confermano la propria scelta, mentre il 48 per cento degli studenti dice che se tornasse indietro cambierebbe la scelta della scuola. E l'uno per cento non si esprime.

Inoltre, tra i "pentiti" 10 su cento ripeterebbero il corso, ma in un'altro istituto, altrettanti sceglierebbero un diverso corso o indirizzo della propria scuola e il 28 per cento sceglierebbe sia un'altra scuola che un altro indirizzo di studi.

"Un dato preoccupante - nota Cammelli - che conferma un fenomeno già riscontrato e che chiama in causa l'azione di orientamento da parte del sistema di istruzione. La scelta è fatta soprattutto dalle famiglie e dagli insegnanti. Non c'è un intervento diretto dei ragazzi. Certo - aggiunge - c'è anche un problema di contesto culturale e di messaggi che arrivano loro. Occorre tenere presente, inoltre, che probabilmente i diplomati hanno preso in considerazione non tanto il vissuto a scuola ma le prospettive formative e professionali future".
 

Il futuro: studio o lavoro? Sulle prospettive i neodiplomati si dividono in tre categorie: gli studenti che vogliono iscriversi all'università, il 60 per cento; coloro che non proseguono gli studi e cercano lavoro (32 per cento) e i diplomati a caccia di corsi di specializzazione al di fuori dell'università (6 per cento). Naturalmente nella maggior parte dei casi le scelte sono influenzate dal corso di studi: il 93 per cento dei diplomati liceali, nel 2006, ha intenzione di iscriversi a un corso di laurea. Negli indirizzi tecnici, invece, l'iscrizione all'università è decisa dal 52 per cento dei ragazzi. Altro scenario quello degli indirizzi professionali, dove i diplomati che andranno all'università sono il 30 per cento. Gli altri pronti per il mercato del lavoro.
"Quanto incidono, su questi risultati, le strategie personali di vita, la propensione allo studio?"si chiedono i ricercatori. "Sicuramente i laureati hanno più chance dal punto di vista occupazionale e questa evidenza viene filtrata anche dalla percezione che il diplomato ha del futuro proprio lavorativo in Italia e in Europa - spiegano da Almadiploma - I diplomati che intendono iscriversi all'università hanno, nell'ordine, tre obiettivi: completare la formazione per svolgere la professione a cui sono interessati; poter trovare in futuro un lavoro ben retribuito. Approfondire i propri interessi culturali".
 

Il lavoro: marketing e posto fisso. E se il mercato del lavoro tende a chiedere flessibilità, e i giovani vengono sollecitati a diventare "imprenditori di se stessi", i diplomati sembrano non gradire granché l'invito e la tendenza. I ragazzi cercano stabilità del lavoro, acquisizione di professionalità e indicano il contratto a tempo indeterminato come modello di riferimento, più di qualsiasi altra tipologia contrattuale. Con la speranza di lavorare magari per un'area aziendale di marketing, comunicazione, pubbliche relazioni, area vendite e area organizzazione, pianificazione: i settori preferiti. In tal caso, a sorpresa, non importa la maturità liceale o quella tecnico-professionale. Non fa niente se la professione non è coerente con gli studi e con i propri interessi culturali. C'è flessibilità, ma per i diplomati italiani vale solo in questo caso. Per trovare un lavoro, qualunque.