La prossima settimana sarà presentata la ricerca
sui giovani appena diplomati
Appena fuori dalla scuola mille paure Tullia Fabiani, la Repubblica del 6/12/2007
Liceo o istituto
tecnico? E poi: università? A quattordici anni la scelta, a diciannove
il ripensamento col senno del poi e un diploma da mettere a frutto,
comunque. La maturità dimostra anche questo: che ci si può accorgere
di aver preso una strada sbagliata e che un buon orientamento nella
scelta della scuola superiore e in quella della facoltà universitaria
può fare la differenza. Si tirano un po' le somme. E si preparano
nuovi investimenti.
Il giudizio
sulla scuola.
Insegnanti promossi: i ragazzi si dimostrano soddisfatti della propria
esperienza scolastica (80 diplomati su 100). E i giudizi sui prof sono
molto favorevoli: il 78 per cento dei diplomati è soddisfatto della
loro competenza, il 70 per cento della chiarezza espositiva, il 72
della disponibilità al dialogo e il 61 della loro capacità di
valutazione. E questo si riflette probabilmente sui voti: il voto
medio di diploma è 75,7/100. Chi ottiene i risultati migliori (da 81 a
100 su 100) rappresenta il 31,7 per cento dei ragazzi. Il voto medio
nei licei è di 79 (su cento), 74,9 negli indirizzi tecnici e 72,8 nei
professionali. Mentre le studentesse, in tutte e tre le tipologie di
indirizzi, tendono ad avere migliori risultati in termini di voto e di
regolarità negli studi. Inoltre, tra i "pentiti" 10 su cento ripeterebbero il corso, ma in un'altro istituto, altrettanti sceglierebbero un diverso corso o indirizzo della propria scuola e il 28 per cento sceglierebbe sia un'altra scuola che un altro indirizzo di studi.
"Un dato preoccupante -
nota Cammelli - che conferma un fenomeno già riscontrato e che chiama
in causa l'azione di orientamento da parte del sistema di istruzione.
La scelta è fatta soprattutto dalle famiglie e dagli insegnanti. Non
c'è un intervento diretto dei ragazzi. Certo - aggiunge - c'è anche un
problema di contesto culturale e di messaggi che arrivano loro.
Occorre tenere presente, inoltre, che probabilmente i diplomati hanno
preso in considerazione non tanto il vissuto a scuola ma le
prospettive formative e professionali future".
Il futuro:
studio o lavoro?
Sulle prospettive i
neodiplomati si dividono in tre categorie: gli studenti che vogliono
iscriversi all'università, il 60 per cento; coloro che non proseguono
gli studi e cercano lavoro (32 per cento) e i diplomati a caccia di
corsi di specializzazione al di fuori dell'università (6 per cento).
Naturalmente nella maggior parte dei casi le scelte sono influenzate
dal corso di studi: il 93 per cento dei diplomati liceali, nel 2006,
ha intenzione di iscriversi a un corso di laurea. Negli indirizzi
tecnici, invece, l'iscrizione all'università è decisa dal 52 per cento
dei ragazzi. Altro scenario quello degli indirizzi professionali, dove
i diplomati che andranno all'università sono il 30 per cento. Gli
altri pronti per il mercato del lavoro.
Il lavoro: marketing
e posto fisso.
E se il mercato del
lavoro tende a chiedere flessibilità, e i giovani vengono sollecitati
a diventare "imprenditori di se stessi", i diplomati sembrano non
gradire granché l'invito e la tendenza. I ragazzi cercano stabilità
del lavoro, acquisizione di professionalità e indicano il contratto a
tempo indeterminato come modello di riferimento, più di qualsiasi
altra tipologia contrattuale. Con la speranza di lavorare magari per
un'area aziendale di marketing, comunicazione, pubbliche relazioni,
area vendite e area organizzazione, pianificazione: i settori
preferiti. In tal caso, a sorpresa, non importa la maturità liceale o
quella tecnico-professionale. Non fa niente se la professione non è
coerente con gli studi e con i propri interessi culturali. C'è
flessibilità, ma per i diplomati italiani vale solo in questo caso.
Per trovare un lavoro, qualunque. |