Il rapporto Ocse Pisa segnala le lacune del paese, specie nelle scienze Ingolfati dalle riforme. L'Italia paga lo scotto della disomogeneità Giovanni Scancarello da ItaliaOggi dell'11/12/2007
In Italia ci vuole fortuna a capitare nella
scuola giusta. Che ci si riesca dipende da dove si ha la fortuna di
nascere. La brutta figura italiana agli ultimi test di valutazione
Ocse Pisa, dedicati all'apprendimento della matematica, della lettura
e soprattutto delle scienze, mette in luce la disomogeneità delle
prestazioni degli studenti quale prodotto di un inaccettabile
darwinismo formativo, di un sistema duale di fatto e di eccessiva
disparità fra scuole. Così le medie scendono e il paese a intervalli
di tre anni ci rimette puntualmente la faccia. Laddove invece i
curricoli di studio e le scuole sembrano convergere più che
distinguersi, verso formati più unitari e organici, dove esiste
maggiore omogeneità dei risultati fra le scuole, le cose sembrano
funzionare meglio. È il caso questo, per esempio, della Finlandia,
testa di serie in fatto di apprendimento in scienze, matematica e
lettura. Foto in bianco e nero quella scattata dall'Ocse che non rende
però giustizia alla nostra scuola. Resta infatti da spiegare il
riconoscimento internazionale della qualità della scuola dell'infanzia
e della scuola elementare italiane, la corale partecipazione delle
nostre scuole spesso in testa ai programmi Comenius e Leonardo, alle
iniziative di gemellaggio e soprattutto gemellaggio elettronico (e-twinning),
come pure il livello di preparazione degli studenti al liceo e
all'università. Aspettative al ribasso
La scuola italiana sembra condizionata più
dall'abbassamento che dall'innalzamento delle aspettative di
apprendimento degli studenti. Mentre altrove si perfezionano i
curricoli intorno agli obiettivi del capitale umano e sociale, e si
chiede agli studenti, come in Finlandia, di difendere la bandiera
studiando, da noi il dibattito è se tornare o no allo studio mnemonico
delle tabelline. I docenti, d'altra parte, il proprio compito lo
svolgono così come la committenza glielo richiede. Risultato, non si
punta all'eccellenza e si viene fagocitati dall'incompetenza e dal
disimpegno, tant'è che il punteggio medio di 475 punti conseguito
dagli studenti italiani nella scala complessiva di scienze contro una
media Ocse di 500, di 462 punti in matematica contro una media di 498,
di 469 punti in lettura contro una media di 492, ci pongono in coda
alla classifica mondiale dell'apprendimento. Non si registrano
significativi passi in avanti in matematica dal 2003, mentre dal 2000
peggioriamo decisamente in lettura. A peggiorare la situazione ci si
mettono anche gli scarsi risultati delle scuole e dei corsi
professionali attivati in anticipazione della legge 53 del 2003. Scuola da riaggregare
Se la scuola funziona riesce a ridurre
l'incidenza dello status socio-economico di provenienza degli alunni,
e in Italia ciò avviene anche più che negli altri paesi Ocse. Ma se in
Australia, Canada, Finlandia, Giappone e Svezia, il minore impatto del
background socio-culturale si accompagna al miglioramento delle medie,
in Italia accade che si creino nuove iniquità. Ai test di scienze gli
studenti di liceo conseguono una media di 518 punti, estremamente più
alta di quella degli studenti degli istituti professionali fermi a 414
punti, mentre gli studenti del Nord arrivano a superare quota 500
punti (media Ocse) fino ad arrivare a 520, mentre al Sud e nelle isole
restiamo attestati rispettivamente a 448 e 432 punti. In Italia poi la
maggior parte della varianza dei risultati ai test è mediamente
spiegata dal 50% di varianza tra scuole, laddove la media Ocse è pari
al 33%. In Finlandia questa non supera il 5%. Francamente troppo lo
scarto per non riconoscergli un qualche significato. Forse andrà
meglio ai test dell'Ocse Pisa 2009, incentrati nuovamente sulla
lettura come nel 2000, sempre che le differenze e le divisioni non
incidano come stavolta sulla reputazione nazionale della nostra
scuola. |