Scuola, la «grande beffa»
dei corsi di recupero.

 di Marina Boscaino, l'Unità del 18/12/2007

 

IL MINISTRO dell’Istruzione ha angosciato il dicembre degli insegnanti. Prima di Natale dovevano decidere come e quando organizzare gli strombazzati corsi di recupero. Ma hanno scoperto che i fondi stanziati dal ministro sono pochi. Tra caos e rassegnazione

Alcuni miracoli ancora esistono; siamo costretti a chiamarli così perché rappresentano esiti talmente imprevedibili - dati i tempi che corrono - da costituire preziosi attimi per continuare a pensare che il nostro lavoro di insegnanti abbia ancora un senso; e che - soprattutto - ragazze e ragazzi di questo Paese, se guidati da una convinta adesione al senso ultimo del nostro mandato, rispondono in maniera talvolta sorprendente. Due brevissimi esempi, diversi, ma convergenti nella speranza: al Beccari di Torino - un Istituto professionale - i ragazzi di I, quattordicenni "sfigati", secondo i parametri dei cultori della licealità, hanno chiesto spontaneamente all’insegnante di italiano di osservare un minuto di silenzio per gli operai morti nel rogo della ThyssenKrupp, perché la scuola non aveva "registrato" l’evento; Roma, liceo classico Plauto, il mio. I miei ragazzi di III liceo - perfettamente in grado di recuperare nella sua complessità l’itinerario poetico filosofico del percorso leopardiano - si stanno appassionando alla ricerca di documentazione per la compilazione di un saggio breve su quel rogo e sull’approfondimento del fenomeno delle morti bianche. Il maestro - e per una volta facciamocelo, un complimento - è colui che esercita il suo potere di "padre" per portare i figli all’emancipazione, all’autonomia.


Dalle stelle alle stalle; mentre questi piccoli-grandi miracoli accadono e ci lasciano qualche speranza sul futuro del paese e sulla dignità e consapevolezza dei cittadini che ne faranno parte, i collegi docente si stanno accapigliando, come non accadeva da anni, sull’improvvida normativa che regola i debiti scolastici: la frettolosa e farraginosa soluzione che Fioroni ha voluto fornire (DM 80 3.10.2007, OM 92 5.11.2007) al precedente provvedimento che aveva stabilito che i debiti non sanati avrebbero impedito l’ammissione all’esame (norma che andrà a regime dal prossimo anno scolastico, legge 1 11/1/07). Come uscirne nel modo più rapido? Come spesso accade, senza valutare le conseguenze - in termini di praticabilità, di equità, di risultati concreti - che un provvedimento estemporaneo avrebbe potuto portare con sé. E senza pensare che ogni soluzione frettolosa e improvvisata - per quanto ammantata dalla sublime aura della serietà e dell’inflessibilità - è un’ennesima picconata alla credibilità della scuola pubblica. Innegabile, lo ribadisco, la necessità di intervenire su una materia che era diventata una delle tante barzellette che - grazie all’inadempienza, al menefreghismo e all’incapacità di molti colleghi - hanno delegittimato progressivamente la scuola italiana: minando diritto allo studio e qualità del sistema educativo. L’intervento normativo individua però un carico di adempimenti che certamente andranno a scapito dell’efficacia pedagogica, logica che dovrebbe ispirare l’intera operazione. Soprassiedo sulla grave violazione (che ho affrontato in diverse occasioni e che fa parte di un’operazione complessiva di "esternalizzazioni" di competenze della scuola pubblica portata avanti da questo ministro) determinata dalla possibilità prevista di affidare a soggetti esterni una parte così delicata della didattica, contrastando peraltro lo stesso comma 1 dell’ OM che recita "le attività di recupero costituiscono parte ordinaria e permanente del piano dell’offerta formativa che ogni istituzione scolastica predispone annualmente". Una messe di adempimenti che - ad anno scolastico iniziato e in fase di sperimentazione dell’innalzamento dell’obbligo scolastico - cadono sulle scuole in modo prescrittivo: uno scenario da Far West dell’operatività, che dimentica due dati fondamentali: il come e - soprattutto - il con quali soldi. Ce ne sono per tutti, di oneri burocratici aggiuntivi: per il collegio, per i presidi, per il Consiglio di Istituto, per il personale Ata. Ma seguiamo un docente impegnato nelle mansioni. Al quale - in una improvvisa quanto inautentica riscoperta di un concetto di autonomia, che renda giustizia (solo formalmente, si intende) del suo statuto professionale e delle sue prerogative di intellettuali - viene buttata addosso, in maniera scomposta e sempre ambigua, la responsabilità della riuscita dell’operazione.

Il docente valuta l’alunno in sede di scrutinio intermedio, indicandone le carenze. Il collegio docenti ha intanto definito preventivamente i criteri di assegnazione dei vari insegnanti ai gruppi di studenti individuati secondo le lacune. È qui necessario sottolineare come la normativa usi due termini diversi ("sostegno" e "recupero", il primo per indicare l’attività già prevista dalle norme precedenti, l’altro quella individuata dalle nuove norme). La scuola deve promuovere e favorire la partecipazione degli studenti alle iniziative di sostegno. Inoltre, individuare discipline e aree disciplinari necessitanti di interventi; determinare modalità e tempi di organizzazione; realizzare e attivare le obbligatorie iniziative di recupero; individuare modalità innovative per lo svolgimento del recupero; portare a conoscenza delle famiglie (che possono comunque rifiutare, previa dichiarazione, l’intervento della scuola) le iniziative di recupero. L’insegnante, intanto, al termine di ciascun intervento di recupero - blocchi di durata non inferiore a 15 ore, la cui organizzazione in termini di tempi, di flessibilità, di durata, di modelli didattico-metodologici, di accorpamenti di studenti di classi differenti che presentino criticità omogenee, di criteri di valutazione, di modalità, insomma di realizzazione rappresenta un carico di lavoro non indifferente - fa le verifiche, che devono essere documentate. In caso di esito negativo, verranno attivati ulteriori interventi.

Il nostro insegnante è faticosamente giunto agli scrutini di giugno. Il collegio docenti, preventivamente, aveva determinato i criteri da seguire per lo svolgimento degli scrutini, come recita velleitariamente il comma 1 dell’art. 4 "al fine di assicurare omogeneità nelle procedure e nelle decisioni di competenza dei singoli consigli di classe". Nello scrutinio finale il giudizio sugli studenti che avessero fatto registrare insufficienze a proprio carico verrà "sospeso". Dalla segreteria verranno loro comunicate le/la insufficienza, taciuto il resto delle valutazioni: una scelta con lungimiranti conseguenze in termini di rafforzamento dell’autostima del ragazzo e di incentivo e riorientamento volto al suo recupero. Nello scrutinio finale il docente propone il voto in base ad un giudizio motivato desunto dagli esiti delle varie prove. Subito dopo le operazioni di giudizio finale, la scuola comunica alle famiglie decisioni e motivazioni della sospensione del giudizio, indicando contestualmente gli interventi didattici previsti destinati al recupero, che dovranno dunque essere praticati ed esperiti dai docenti entro e non oltre la data di inizio delle lezioni dell’a.s. successivo, dunque durante l’estate. La competenza delle verifiche finali degli esiti - (la normativa, tanto debole da aver concesso persino a Calderoli di sollevare vincenti eccezioni) si guarda bene dal parlare di esami di riparazione (ma, in realtà, di questo stiamo trattando) - nonché l’integrazione dello scrutinio finale, sono di competenza del consiglio di classe. Pare che per la realizzazione delle attività di sostegno e recupero siano stati stanziati 210 milioni di euro, messa in discussione dalla Flgcil (dal cui sito sono scaricabili schede di approfondimenti) anche se nei testi normativi non si fa riferimento a cifre. Segnalo, rapidamente, e con una vena di amarezza, alcune dei molti punti deboli rilevati in questa farraginosa architettura:

1) la cifra stanziata è irrisoria, tenendo presente i dati forniti dallo stesso ministero sui debiti scolastici (47% di debiti sulla popolazione scolastica). Questo significa classi di recupero superaffollate o possibile mancata attivazione: cioè mobilitazione dei media, suono di fanfare, dichiarazioni di serietà a fronte dell’illusionistico tentativo di cavarsela a costi bassissimi.

2) La composizione delle nuove classi avverrà per forza di cose dopo la verifica finale (settembre), impedendone una corretta formazione e creando un ritardo nella formulazione degli organici;

3) La femminilizzazione della professione (uno stipendio da insegnante consente di portare avanti una famiglia con molte difficoltà), la sempre più marcata caratterizzazione alla delegittimazione sociale del ruolo dell’insegnante, la demotivazione, talvolta l’incompetenza, renderanno difficile la definizione di personale qualificato disponibile all’operazione "recupero": porte aperte all’esterno, con conseguente, ulteriore, impoverimento del sistema-scuola.

4) È iniziata la "guerra tra poveri": un classico tra noi insegnanti. Chi li fa i corsi? Quelli che fanno la maturità e lavorano più di quelli del biennio? Quelli del biennio iniziale, che svolgerebbero una mansione più usurante di quelli che fanno la maturità? E così via.

5) Un tale irrigidimento organizzativo (cui si è qui accennato solo in parte) burocratizzerà in maniera parossistica il lavoro;

6) La gestione e la valutazione del successo o dell’insuccesso rimane a carico dell’insegnante titolare, anche se il recupero è stato portato avanti da altra persona;

7) La discrezionalità dei consigli di classe rappresenterà un elemento determinante per la promozione o bocciatura anche per una sola disciplina, aprendo varchi a un principio di mancanza di pari opportunità e di certezza del diritto; viene, però, negata la prerogativa del consiglio di classe di intervenire collegialmente sul singolo voto dell’eventuale disciplina carente, che rimane a giudizio insindacabile dell’insegnante titolare

8) L’invadenza dei provvedimenti in materie (come quella contrattuale) di competenza altrui; e potrei continuare a lungo.