Il farmaco giusto per il malato Istruzione.

 Pasquale Almirante, La Sicilia del 30/12/2007

 

Dura quanto un raffreddore poi, dopo una massiccia dose di notizie, tutto torna come prima e non se ne parla più anche se il focolaio infettivo è sempre là e della indispensabile profilassi per curare la scuola si perdono le tracce.

Qualche pillola il ministro l’ha prescritta, per arginare la evidente impreparazione dei nostri alunni delle medie e delle superiori, col finanziamento di nuovi corsi di recupero e sostegno, ma di una drastica medicina per debellare del tutto la malattia denunciata dal rapporto Pisa non troviamo prescrizioni. Eppure il farmaco benché amaro è di possibile reperibilità e si potrebbe trovare in una rigorosa riformulazione del reclutamento dei docenti che sono l’asse portante dell’istruzione.

Cosa fare allora? Forse afferrare il coraggio della scelta e imporre a chi vuole fare l’insegnante una preparazione di tutto rispetto innanzitutto sui contenuti della disciplina e poi sulla scienza della educazione, oltre che sulla legislazione scolastica. E’ impossibile ormai pensare che un docente sappia poco o nulla di psicologia e di legislazione mentre molto lavoro si attesta nella compilazione di modulistica sterile ma snervante e in un viavai di inutilità cartacea.

E’ impossibile ancora assegnare cattedre a neolaureati con la promessa del posto fisso e poi lasciarli ad ammuffire come precari per decenni nell’assillo del punteggio e delle sole graduatorie. E’ paradossale inoltre che non ci siano scambi sinergici di prassi educativa e didattica con l’Università che però si balocca nel chiuso dei suoi privilegi, snobbando altezzosamente in termini stipendiali e di carriera i colleghi delle medie.

Ma è altrettanto strano che manchino accertamenti sull’efficacia del lavoro svolto in classe e che non ci siano ispezioni e non solo per i professori ma anche e soprattutto per i dirigenti delle scuole che dovrebbero quantomeno meritarsi lo stipendio al quale si aggiungono pure le laute percentuali per i progetti e corsi Pon e Por, spesso richiesti con lo scopo di fare soldi. Se lo Stato non recupera al più presto una nuova dimensione dell’insegnare, sfondando le difese universitarie e quelle concorsuali, avremo sempre l’approssimazione culturale che nessun recupero aggiuntivo alle normali ore di lezione potrà mai aggiustare.

E anche sul recupero c’è da dire che molti studenti l’attendono come panacea alle loro insufficienze, nella convinzione che con 15 ore appena la promozione venga assicurata, mentre non si riflette che pagarsi la ripetizione privata indurrebbe a più attenti studi in classe o comunque a un maggiore coinvolgimento della famiglia. Il problema inoltre non è solo quello di essere rimasti sul banco dei più somari d’Europa, ma anche di stentare nella formazione di una futura classe dirigente preparata ed efficiente, in grado di reggere le sorti del paese e affrontare con dignità e sapienza gli stravolgimenti economici e sociali sempre più incalzanti e veloci e che incominciano già a soverchiarci.

Fra l’altro, dice Fioroni, a partire dal 2008 e fino al 2015 usciranno dalla scuola oltre 400 mila docenti, con un ricambio generazionale senza precedenti, ma sottace il rischio che essi potrebbero essere rimpiazzati dai più convenienti precari, mentre altri esperti lanciano l’allarme della probabile importazione, soprattutto dall’India, di insegnanti di materie scientifiche vista il deserto delle nostre università. Nei prossimi anni dunque si gioca il futuro della nostra istruzione ma s’apre l’opportunità del ricambio massiccio con cui si potrebbe rinnovare la scuola: non sarebbe allora il momento giusto per puntare sulla formazione di nuovi docenti-scienziati e soprattutto di professionisti motivati, considerati e gratificati da stipendi più dignitosi?