Un colpo d'ala. Ma dov'è l'emergenza?

di Maurizio Tiriticco 15/12/2007.

 

E’ un colpo d’ala quello che ci vuole per il nostro Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione, una vision lungimirante ed una mission a medio termine: in altre parole, occorre essere pienamente consapevoli che l’istruzione è per la società della conoscenza quello che era la fabbrica per la società dell’industria e – cosa non da poco – che occorrono scelte di ampio respiro anche e soprattutto in termini di risorse!

L’educazione non è e non deve essere un’emergenza! Se lo è, la colpa non è della “scuola”, che soffre ma continua nel suo lavoro pur tra mille difficoltà. Ci sono due responsabilità a monte, un contesto sociale in sofferenza ed una classe dirigente assolutamente miope nei confronti di un settore che negli ultimi decenni in quasi tutte le società ad alto sviluppo è divenuto trainante! Da sempre i nostri politici hanno percepito la Pubblica Istruzione come una sorta di routine… che conta poco… però dà tanti voti, più di un milione di addetti… mai paragonarla con l’Industria o con i Lavori Pubblici o con gli Esteri o gli Interni, o con l’Ecofin, cioè con i Ministeri che “contano”! La Pubblica Istruzione va avanti da sé… per forza di inerzia…è sempre stato così… qualsiasi ministro è buono… prego si accomodi… vuole diventare un ministro che conta? e allora cominci dall’Istruzione… poi si vedrà! E i rischi per la povera scuola, che alla fine conta quanto un due di briscola, sono sempre alti! Così ci destreggiamo tra ministri non-competenti (quando, invece, le competenze le pretendiamo dai nostri giovani!!!) o avventuristi (la Moratti insegna!)… e dai rischi ai danni il passo è breve!

Fioroni – bisogna dargli atto – non ha avanzato pretese, si è guardato dal fare ulteriori danni ed ha sposato quella politica del cacciavite che Prodi aveva suggerito per alcuni dicasteri a rischio. Ma il cacciavite non può non avere che tempi brevi, altrimenti diventa emergenza, … perché le filettature delle tante viti girate alla lunga si spanano.

Per tutte queste ragioni, non mi sembra troppo calzante il commento che il Ministro ha fatto a proposito dei dati Ocse-Pisa: “C’è un’emergenza educativa e di formazione che riguarda tutto il Paese, segno che qualcosa in passato non ha funzionato. Negli ultimi anni sono state fatte troppe riforme, occorre più serietà e un po’ di buonsenso". E’ corretto dire che l’emergenza non è casuale, ma la responsabilità non è delle troppe riforme, bensì, semmai, delle riforme… mancate! Il fatto è che le riforme vere, quelle di Sistema con la S maiuscola, in una visione complessiva del valore e della funzione dell’istruzione in una società in veloce cambiamento, non hanno mai visto la luce!. E’ vero, invece, che si è operato a vista, ora per dare risposte a emergenze… particulari, ora per dar vita ad un marchingegno che risolvesse ab imis tutti i problemi: ed è ciò che è avvenuto anni fa quando una signora Brichetto che aveva una sua originale idea di scuola, mai precedentemente dichiarata né condivisa con chicchessia, con la tracotanza del so tutto mi, ha messo un punto fermo su tutto e ha ricominciato da capo!

Se un’emergenza che viene da lontano non è più tale! E’ l’indice di un fenomeno profondo, è strutturale, non accidentale.


Occorrono segnali forti!

Ora, ciò che preoccupa è il retropensiero del nostro Ministro. Secondo Fioroni la nostra scuola avrebbe fatto un pieno di riforme, per cui sarebbe ora di finirla di riformarla e fare appello a un po’ più di serietà e di buonsenso. Non è così! La nostra scuola semmai è stata ignorata se non de-formata… ed occorre veramente pensare a… ri-formarla perché possa essere all’altezza delle sfide che i tempi ci impongono. Serietà e buonsenso da soli non bastano, anzi rischiano di farci scivolare all’indietro, ai tempi in cui, secondo una convinzione purtroppo assai diffusa… la scuola sì che era una cosa seriaaa!!! Allora sì che si studiava!

Occorre guardare avanti, invece, avendo però un’idea chiara di ciò che un Sistema di istruzione deve offrire oggi ai cittadini tutti di ogni età. Che sia non solo un ascensore sociale per le persone ma anche un fattore di promozione socioeconomica.

Lungi da me l’idea di un’ulteriore riforma, quella che nasce da progetti o disegni di legge e che va in porto dopo anni di infiniti passaggi parlamentari! Legiferare è necessario, certamente, anche perché spetta allo Stato dettare le norme generali sull’istruzione, i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite a tutti i cittadini, indicare quei principi fondamentali a cui la legislazione concorrente delle Regioni deve ispirarsi. Spetta quindi allo Stato definire il contesto e lo scenario in cui le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia, realizzano i percorsi curricolari.

Ma a monte di questo insieme di azioni deve esserci un’idea forte di ciò che un Sistema di istruzione deve fare oggi per promuovere conoscenze, competenze, sviluppo culturale e socioeconomico. Sono anni che scriviamo che questa è la società della conoscenza, che informazioni e competenze sono la nuova e immateriale… materia prima condizione dello sviluppo! Che il tempo corto della scuola di una volta non ha più senso in una società in cui l’apprendimento riguarda tutti, nessuno escluso, e per tutta la vita! Citiamo Morin ad ogni pie’ sospinto, e Gardner con le sue intelligenze multiple, e la modularità che sopravanza il pensiero lineare… ma poi?

Occorre un’idea forte che poi si deve incarnare nelle risorse e nei pur necessari provvedimenti legislativi. Se non si assume un’idea chiara di ciò che un Sistema di istruzione deve fare oggi per domani, se non si costruisce un progetto, magari anche visualizzato in un Pert o in un Gantt – se si vuole – con cui si definiscono nel tempo medio – un quinquennio? ma è possibile pensare alla grande con governi ballerini? – stanziamenti cospicui, obiettivi, azioni, verifiche costanti, sarà difficile modificare qualcosa. Una società complessa richiede misure altrettanto complesse, mirate, coerenti, richiede una governance articolata e coesa che forse l’attuale situazione politica non è in grado di garantire.

Ma un’idea forte per l’istruzione deve discendere da un’idea forte della società! E se i nostri politici continuano a giocare a rimpiattino a fondare e affondare partiti giorno dopo giorno, cercando visibilità nelle immagini di Porta a porta e Ballarò più che nelle azioni di governo, a farne le spese non è soltanto l’istruzione! L’orchestra suona… e il Titanic affonda!


L’istruzione come struttura portante

L’idea forte si può e si deve anche innestare sulle iniziative che tra un giro di vite e l’altro si sono avviate. Il fatto è che si tratta di iniziative che ancora non sono entrate nel corpo della scuola operante, iniziative che, una volta adottate, e con tanta fatica, ancora non suscitano particolari entusiasmi! Spesso la diffidenza e il sospetto prevalgono sulla necessità di operare. Anche perché un disegno chiaro e mirato è difficile leggerlo nelle recenti proposte normative.

Ovviamente, il discorso si fa più complesso se pensiamo anche al disagio che i giovani portano nella aule scolastiche, un disagio che ha origini profonde e che vanno ricercate nei malanni che affliggono da anni il nostro tessuto sociale, e non solo nel nostro Paese. E’ certo che i disvalori prodotti da un’economia neocapitalistica che fa del consumismo e della progressiva distruzione delle risorse naturali il fine e il mezzo della sua affermazione del mordi e fuggi, finiscono con il disgregare quelli che sono i beni fondanti dello stare insieme, il lavoro, la salute, la solidarietà, la sicurezza, la pace. Se è vero che il divario tra i Paesi cosiddetti ricchi e quelli veramente poveri aumenta sempre più, è anche vero che nei Paesi cosiddetti ad alto sviluppo la polverizzazione di assetti sociali che fino a qualche tempo fa garantivano forme di coesione accettabili sembra toccare livelli sempre più alti giorno dopo giorno.

La scuola non è immune da questi fenomeni, a volte ne il catalizzatore, ma è proprio per questo che il Sistema di istruzione deve assumere responsabilità che vadano ben oltre le finalità che, bene o male, ha assolto fino a qualche decennio fa. E’ un sistema, dunque, che è chiamato oggi ad assolvere un servizio sociale primario ben più oneroso di quanto prima veniva richiesto.

Va anche considerato che la sfida è quanto mai difficile perché il motore dello sviluppo è pur sempre nella struttura economica, la quale ben difficilmente può essere messa in discussione dalla sovrastruttura della cultura e dell’educazione. Ma qui sorge una domanda: è proprio vero che oggi un Sistema di istruzione possa e debba essere considerato ancora sovrastrutturale? Se è vero che questa di oggi è la società dei saperi e delle competenze e che la conoscenza è il motore dello sviluppo, più delle materie prime e delle stesse tecnologie che sarebbero cieche senza operatori competenti, forse è anche vero che questo Sistema può essere in grado di assumere un ruolo trainante, anche perché interessa ed investe tutti dalla nascita e per tutta la vita.

Dovremmo allora assumere il Sistema di istruzione come una possibile barra del timone in una società che è profondamente cambiata dai tempi di Marx e di Weber. Oggi facciamo tesoro di altri studiosi, Friedman, Modigliani, Rifkin. Per non dire di Amartya Sen, acuto critico della “società del benessere”, il quale esalta il valore dell’eguaglianza e rovescia il rapporto tra economia e fattore umano, a totale favore di quest’ultimo. Insomma, non mancano affatto le suggestioni che ci permettono di vedere nella spesa per l’istruzione un fattore di promozione anche economico, purché il tempo lungo non sia schiacciato dall’emergenza del tempo breve e da una prolungata pratica del cacciavite.

La miopia della politica è penalizzante a questo riguardo. Occorre un colpo d’ala, un cambiamento di rotta, che non è una fuga dal reale, ma una messa a punto di tanti piccoli passi, uno dopo l’altro, ma su una strada di cui sono certi direzione e traguardi. E di questi passi occorre rendere conto e fare tesoro. Ma andiamo con ordine, tentando di tracciare una visione progettuale d’insieme.


Dal cacciavite al progetto

Vediamo nel dettaglio i passi compiuti e i passi da compiere. Si tratta di tematiche già presenti nella mia Lettera aperta all’amico Cerini dello scorso 7 novembre, che costituiva in effetti uno stimolo a tutti noi per una riflessione collettiva.

1. Occorrerà estendere l’esperienza delle sezioni Primavera, previo monitoraggio e sostegno alla didattica emergente in considerazione dell’assoluta novità dell’esperienza e della ricerca della continuità con la scuola dell’infanzia.

2. Occorrerà procedere più speditamente alla generalizzazione della scuola dell’infanzia. Sarà anche opportuno riprendere seriamente gli Orientamenti del ’91, uno dei documenti più avanzati che siano stati prodotti dalla nostra cultura pedagogica, che tutti gli stranieri ci invidiano e che hanno condotto a quelle scuole per l’infanzia tra le migliori nel mondo. Va considerato che sia con l’amministrazione Moratti che con quella attuale si è tentato di riscriverli, ma ne sono sortiti solo dei suntini goffi e malfatti. Ciò significa che si dovrebbe pensare a degli Orientamenti che siano una originale edizione per il nuovo millennio… ma… chi pon mano ad essi?

3. Le Indicazioni per il curricolo costituiscono un documento interessante, fissano orientamenti precisi soprattutto per quanto riguarda la continuità tra primaria e secondaria di primo grado. Nel medio termine occorrerà prevedere anche un riordinamento unitario di due gradi di scuola la cui separazione, allo stato della ricerca e dei cambiamenti nel sociale, ha poco senso. L’estensione anche alla scuola media delle tre aree pluridisciplinari in cui chi cresce-apprende costruisce il Sé, il Sé con gli altri, il Sé con le cose, ha un valore dirompente rispetto alla tradizionale rigidità di questo grado di istruzione. Nei due anni di sperimentazione – o meglio di ricerca-azione – che ci siamo dati occorrerà vagliare la correttezza di certe scelte: ad esempio, come innestare sulla concettualizzazione dello spazio/tempo da parte dell’alunno la sistematicità degli insegnamenti di storia e geografia; quale spazio dare alla musica e alla psicomotricità, evitando specialismi a cui una istruzione obbligatoria non è tenuta. Occorrerà anche rivedere l’attuale regime dell’esame di Stato, il quale, con l’innalzamento dell’obbligo di due anni, costituisce più uno sbarramento che uno svincolo aperto alla continuità.

4. Una questione di non poco conto è una effettiva realizzazione dell’obbligo di istruzione che sia finalizzata a quella certificazione delle competenze sia culturali che di cittadinanza che garantiscano a tutti i nostri giovani una scelta meditata per il loro futuro. Le questioni aperte su questo fronte sono almeno tre: a) come coniugare gli insegnamenti degli attuali programmi con le indicazioni di cui ai quattro assi culturali; b) come curvare gli insegnamenti attuali in modo che gli obbligati acquisiscano effettivamente quelle competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva che costituiscono un’assoluta novità per la nostra scuola; c) quali indicazioni dare e quale modellistica formulare perché si proceda alla certificazione finale delle competenze, operazione assolutamente nuova per i nostri percorsi di istruzione.

5. Un elemento di preoccupazione è il riordino dell’intero secondo ciclo a cui si deve procedere anche con una certa sollecitudine se vogliamo centrare l’obiettivo che ci siamo proposti, che cioè possa avere inizio con l’anno scolastico 2009-10. Il dibattito – per quanto ne so – non è ancora iniziato e due anni non sono tanti per giungere a un riordino che è ben più complesso di quello del primo ciclo. A mio vedere, occorrerà lavorare secondo questi criteri: a) darci la prospettiva, anche lunga, di far terminare gli studi secondari a 18 anni, largamente generalizzata nei Paesi europei; b) riordinare il biennio in modo che, cancellate le attuali ed anacronistiche separazioni che vanno dal ginnasio all’istruzione professionale, si considerino come centrali i quattro assi culturali pluridisciplinari (ovviamente con le modifiche che la ricerca-azione in atto renderà opportune) e le competenze di cittadinanza e, come accessorie, una serie di opzioni che formino ed orientino per un successivo triennio (che in una prospettiva più lontana potrà diventare biennio); c) riordinare il triennio per percorsi mirati in ciascuno dei quali siano presenti certe discipline caratterizzanti e non altre. Veniamo da una tradizione in cui fino a 19 anni il nostro studente deve studiare di tutto ma nulla in particolare in uno spezzatino di materie e di ore di lezione: il che rifletteva la concezione di una cultura scolastica generalista e rispondeva al vecchio e superato concetto di maturità. In considerazione del fatto che il tutto indispensabile (per grosse linee, la literacy, la numeracy e il problem solving, che costituiscono un avanzamento rispetto al leggere, scrivere e far di conto di ottocentesca memoria) sia stato acquisito alla conclusione dell’obbligo, successivamente occorrerà studiare poco ma bene, con una organizzazione per moduli mirati in situazioni fortemente laboratoriali nelle quali possa essere anche superata la pratica della classe d’età in funzione di una pratica di gruppi elettivi. Occorrerà evitare quella obsoleta canalizzazione tra studi umanistici, tecnici e professionali, in forza almeno di queste tre considerazioni: a) la dimensione “cultura” investe qualsiasi attività di studio e di lavoro; b) altrettanto vale per la dimensione tecnico/operativa; c) la parte relativa al nuovo umanesimo, di cui alle Indicazioni per il curricolo sancisce la fine delle canalizzazioni a cui siamo stati abituati e costretti da un certo modo di concepire il lavoro come divisione sociale.

6. Fattori assolutamente nuovi per il nostro Sistema di istruzione sono costituiti da due recenti ed importanti scelte: quella di dar vita ad un Alta istruzione tecnica e ad una Educazione degli adulti all’interno del suddetto sistema. Sono strade ancora da tracciare nella loro specificità, ma che danno il chiaro senso che l’istruzione, oggi, non è più sinonimo di scuola per i bambini e gli adolescenti, ma il fattore più importante per un’effettiva promozione sociale di tutti indipendentemente dalle fasce di età. Sono discorsi che, ovviamente, meriterebbero uno spazio ben più ampio di questa semplice nota.

7. Infine c’è tutto il discorso dell’ordinamento istituzionale dell’intero Sistema di istruzione e di formazione con tutto ciò che concerne la spartizione dei pani tra Stato e Regione, con il rischio che alle Autonomie scolastiche finiscano solo le briciole o che le Regioni facciano l’asso pigliatutto (la Regione Lombardia insegni). La Conferenza Unificata, il masterplan, le sentenze della Consulta e le altre “diavolerie” insorte in ordine al novellato Titolo V – ovviamente sacrosante – ma come tali avvertite dai più, a volte passano al di sopra degli operatori dell’educazione, incerti, appunto, come il famoso somaro, se gettare a mare l’autonomia di cui non riescono a godere o darsi da fare a costruire reti, consorzi, associazioni di scuole per imporla ai poteri che contano. Questi, da parte loro, sono sempre pronti a sottolineare a parole quel “fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche” di cui all’art. Cos. 117, ma poi? Insomma, i nodi da sciogliere su questo versante non sono pochi!
 

Non si può volare da soli

Mi sono limitato ad accennare agli impegni più importanti dinanzi ai quali l’intero Paese si trova di fronte. Sono nodi su cui le elaborazioni all’interno dei ristretti gruppi ministeriali non sono assolutamente sufficienti ad indicarne la soluzione. Sono temi su cui non solo deve essere coinvolta la scuola militante – da sempre inascoltato destinatario di decisioni assunte altrove – ma anche e soprattutto i cittadini tutti perché tutti ne siamo coinvolti.

Il colpo d’ala oggi non sta tanto nell’affrontare e risolvere brillantemente un problema, ma trovare la giusta misura per un’azione che responsabilizzi tutti i soggetti che ne sono direttamente coinvolti. Le operazioni di piccolo cabotaggio affidate ad esperti più o meno illuminati non sono vincenti se non viene informata e sollecitata la partecipazione dei soggetti che poi le cose le debbono fare in prima persona.

Gli storni che disegnano in questi giorni il nostro cielo romano volano sempre tutti insieme, spinti forse da un’intelligenza collettiva. Se uno storno volasse da solo – cosa che non accade mai – il falco lo ghermirebbe in un attimo!