Ancora sull'Ordinanza n. 92.
Gennaro Lubrano Di Diego da
DocentINclasse, 21/12/2007
Come si fa a sciupare e a intorbidire con
nauseabonde pastoie burocratiche, che malamente nascondono l'italica
abitudine di adottare soluzioni pasticciate, l'unica occasione
attraverso la quale la scuola italiana intendeva darsi una patente di
minima serietà e di dignitoso rigore?
Si fa, statene certi che si fa, e, per lo più, nel silenzio di chi
aveva battuto la grancassa quando a settembre scorso era stato
annunciato il provvedimento con cui il Ministro Fioroni decideva
meritoriamente di archiviare il sistema fallimentare dei
debiti/crediti che aveva dominato sovrano per anni, anch'esso
accompagnato dal fragoroso silenzio degli addetti ai lavori e
dell'opinione pubblica.
Tento di spiegarmi, perchè il diavolo, come si sa, si nasconde sempre
in quelli che ai più appaiono come dettagli.
Nel mese di novembre il Ministro ha emanato l'ordinanza n°92 con la
quale ha introdotto il nuovo sistema di regole finalizzato a
disciplinare la questione dei cosiddetti "debiti" che gli studenti
contraggono a fine d'anno a seguito di valutazioni insufficienti in
una o più discipline.
Con la nuova normativa, si è stabilito che i Consigli di Classe
finali, per quegli studenti che presentano insufficienze in una o più
discipline tali comunque da non determinarne già a giugno la eventuale
bocciatura, sospendono il giudizio che sarà ripreso ed espresso entro
la fine dell'anno scolastico e dopo che lo studente avrà seguito un
corso di recupero o dopo che la famiglia dello studente avrà
dichiarato alla scuola di provvedere privatamente a questo scopo.
Fin qua "nulla quaestio", anche se in linea astrattamente teorica già
si potrebbe porre il problema relativo al perchè lo Stato dovrebbe
caricarsi l'onere finanziario dei corsi di recupero per studenti che
deliberatamente hanno scelto di non studiare e le cui insufficienze
non sono figlie di metodologie inappropriate o di difficoltà cognitive
ma prevalentemente di mancanza di applicazione e di continuità nello
studio.
Ma accantoniamo pure stare questa questione che chiamerebbe in causa
una massa notevolissima di implicazioni pedagogiche, culturali e
finanche politiche e torniamo alla valutazione dell'Ordinanza.
Ora, una persona dotata di buon senso penserebbe che la scuola
superiore italiana finalmente ne ha imbroccata una giusta, perchè ha
pensato:
1) che le insufficienze degli studenti debbano essere colmate e
recuperate per tempo attraverso un corso di recupero;
2) che attraverso il necessario e ineliminabile lavoro personale lo
studente deve, nei mesi estivi, sedimentare e assimilare ciò che ha
evitato, per varie motivi, di acquisire durante l'anno in termini di
conoscenze e competenze e, infine,
3) che l'eventuale e auspicabile recupero dello studente debba essere
certificato attraverso una prova i cui caratteri e le cui modalità
saranno l'insegnante titolare e il Consiglio di classe a determinare.
Ma è proprio a questo punto che la logica limacciosa e imperscrutabile
con cui si muove la burocrazia ministeriale contribuisce ad
intorbidare le acque e a rendere opaco e pasticciato ciò che dovrebbe
essere chiaro e trasparente.
Infatti, in primo luogo l'ordinanza impone che tutte le operazioni
suddette debbano essere ultimate dalla scuole entro il 31 agosto e
solo per motivi eccezionali e debitamente documentati entro i primi
giorni di settembre.
L'imposizione di questo incomprensibile vincolo temporale - la cui
esplicazione è a tutt'oggi di difficile decifrazione ma che
probabilmente si spiega con ragioni riconducibili alla definizione
degli organici e alla necessità di evitare inevitabili contenziosi con
i sindacati, colpevolmente silenti su tutta la materia, che sarebbero
molto onerosi per le casse dello Sato - scarica sui Collegi dei
docenti una decisione difficile.
Infatti, se le operazioni devono chiudersi entro il 31 agosto e se non
è possibile, come sarebbe saggio in un Paese che aspira alla normalità
e all'efficienza della sua Pubblica Amministrazione, usare i primi
giorni di settembre per le verifiche della preparazione degli
studenti, rimangono due soluzioni, solo una delle quali pare essere
caldeggiata dai solerti Ispettori del Ministero.
O quella di chiudere la partita corsi di recupero-saldo dei debiti
accumulati entro la metà di luglio; o quella di rimandare tutto
all'ultima settimana di agosto, con tutti i problemi di organizzazione
e di collisione con il piano ferie dei docenti che si possono ben
immaginare.
Ora, appare chiaro anche a chi di scuola non s'interessa che prevedere
i corsi di recupero immediatamente a ridosso della fine della scuola,
a giugno o anche nella prima settimana di luglio, e subito dopo
svolgere il saldo dei debiti significa di fatto svuotare di ogni
residua serietà un'operazione didattica che era stata presentata e
annunciata come il segno di un'inversione di tendenza rispetto ad un
decennio di indebolimento della funzione formativa della scuola.
Infatti, la logica che dovrebbe ispirare gli atti di una scuola
sarebbe quella della cura dei giovani e della loro preparazione. La
qual cosa è platealmente smentita "in re ipsa" se si organizzano i
corsi di recupero per gli studenti con il relativo saldo omettendo di
prevedere il necessario tempo per la sedimentazione delle conoscenze
da recuperare.
In altri termini, se le cose andranno come molti Collegi dei docenti
in questi giorni si accingono a deliberare, ci si troverà di fronte al
paradosso tragicomico per il quale un ragazzo, la cui valutazione è
stata in alcune discipline "sospesa" a giugno - perchè egli in otto
mesi non ha dimostrato di possedere quelle competenze idonee a
garantirgli il passaggio da una classe ad un'altra - sarà
probabilmente promosso il mese successivo, dopo appena un mese in cui
egli affannosamente ha seguito un corso di recupero arrangiato alla
buona e meglio e ha studiato in maniera altrettanto pasticciata.
Se, invece, i Collegi dei docenti, fermo restando l'incomprensibile e
inderogabile divieto di operare a settembre, per mantenere un minimo
di dignità e di serietà del lavoro educativo e della scuola tutta,
decidessero di posticipare il saldo dei debiti a fine agosto, si
troverebbero a fare i conti con problemi gestionali, organizzativi e
perfino con la chiusura corporativa di una parte della categoria che
brandirebbe la consuetudine di tornare a scuola il primo settembre
come un intoccabile diritto acquisito su cui non recedere affatto.
Ciò che il Ministero e i suoi Ispettori non valutano, forzando a
questo modo le decisioni dei Collegi dei docenti, è che, venendo meno
qualsiasi garanzia di serietà e rigore del meccanismo di recupero dei
debiti, compresso in un arco temporale che non permette nemmeno la
metabolizzazione delle conoscenze pregresse, i docenti tenderanno ad
evitare di dare debiti a fine anno, risolvendo a giugno, nell'ambito
degli scrutini finali, il giudizio sugli studenti. Il risultato
potrebbe essere in linea teorica o un aumento esponenziale delle
bocciature o delle promozioni, con una maggiore probabilità della
seconda ipotesi considerato il tendenziale buonismo della pedagogia
dominante.
Risultato di tutto ciò sarebbe la perdita secca di ogni valore
dell'innovazione proposta dal Ministro Fioroni e presentata, con il
favore dei media, come l'alba di una nuova stagione della scuola
italiana.
Di fronte a questo pasticcio all'italiana che si profila all'orizzonte
mi vengono alla mente le parole del prof. Umberto Galimberti che,
commentando il contenuto del suo nuovo libro "L'ospite inquietante. Il
nichilismo e i giovani", in un'intervista data a Serena Dandini appena
pochi giorni fa, sostenne la tesi che questa nostra epoca è segnata
nel profondo da "un'incuria nei confronti dei giovani".
Ecco, questo pasticcio colpevole che le scuole, i docenti, i Dirigenti
Scolastici, gli Ispettori e il Ministro si accingono ad autorizzare è
l'ennesimo capitolo di questa incuria di fondo nei confronti dei
nostri ragazzi.
E ciò, con buona pace delle prediche dell'onorevole Fioroni.