In dieci anni raddoppiati gli iscritti, nuove
cattedre perfino in Alaska e Porto Rico
Ottanta atenei americani hanno una sede anche a Firenze. "Merito di
moda e cibo"
Usa, la rivincita dell'italiano
è boom di corsi all'università.
Mario Calabresi la Repubblica,
23/4/2007
NEW YORK - "Quando il professore fece l'appello, il primo giorno,
tutti si voltarono a guardarmi: il mio cognome era l'unico che non
finisse con una vocale". Università della Pennsylvania, anno 1956,
Daniel Berger, ebreo newyorkese, è l'unico studente del corso di
italiano a non essere figlio di emigranti.
Gli americani fanno studiare ai loro figli il francese, la lingua dei
viaggi, della gastronomia raffinata e della cultura, l'italiano è
identificato con il dialetto che parlano i muratori, i giardinieri e i
camerieri dei ristoranti. Mezzo secolo dopo la nostra lingua si è
presa la rivincita, in crescita costante da dieci anni, ora è la
quarta più studiata nelle università americane e oltre 60mila ragazzi
nel 2006 hanno scelto di seguire un corso di lingua e cultura
italiana.
"E' un momento magico, ci sono cattedre ovunque negli Stati Uniti
perfino in Alaska e alle Hawaii, ne sono appena state aperte due a
Puerto Rico". Massimo Ciavolella, che guida il dipartimento di
italiano all'Università della California a Los Angeles, ha studiato
l'evoluzione del fenomeno: "Vedo tre ragioni per questo boom: è
sparita l'idea dell'italiano come emigrante, oggi la nostra lingua si
è liberata da quell'immaginario ed esprime un'idea di cultura e di
stile. Il successo dei prodotti italiani è servito da traino, penso
alla moda e al cibo. L'Italia ha cambiato il modo di vestire e di
mangiare degli americani e questo li ha conquistati. Infine è rinata
la moda del Grand Tour: Più di 80 università americane hanno una sede
a Firenze. Per un giovane studente oggi il viaggio in Italia
rappresenta una tappa fondamentale di formazione".
La summer school di Columbia University a Venezia, in cui si studiano
lingua, architettura e storia dell'arte, non ha più posti disponibili,
come ci racconta Francesco Benelli, che nell'ateneo di Manhattan tiene
il corso di architettura rinascimentale: "È nata da tre anni ma ha un
successo clamoroso, i ragazzi vogliono scoprire l'Italia e questo è
estremamente positivo, ma contemporaneamente va segnalata una crisi
degli studi specialistici: a New York c'era una tradizione incredibile
di studi sul barocco e il rinascimento, ora sono in forte declino".
Il suo collega Nelson Moe, che al Barnard College supervisiona i
programmi di chi per un periodo viene in Italia, conferma: "Prima l'italianistica
era lo studio approfondito della Divina Commedia, naturale che fosse
per pochi, oggi c'è un approccio interdisciplinare che ha conquistato
molti studenti: arte, letteratura, cinema, musica e anche la cultura
del cibo procedono insieme. L'italiano è vissuto come una lingua
polisensoriale capace di aprire le porte al "bello"". Moe non si
spaventa, è convinto che il successo figlio anche del boom dei
ristoranti, degli stilisti, dei libri di cucina e dei viaggi sia un
utile primo passo: "La sfida è conquistare questi studenti per poi
portarli a corsi più avanzati".
Negli anni '60, secondo le statistiche della Modern Language
Association, 11mila ragazzi studiavano italiano, nel 1970 erano saliti
a 34mila, nel 1998 si supera la soglia dei 40mila iscritti, nel 2004
dei 50mila e lo scorso anno dei 60mila. Tra il '98 e il 2002, c'è un
balzo del 30%, straordinario se comparato alle altre lingue europee,
che negli ultimi cinque anni si è consolidato. Ancora nel '70 il
francese la fa da padrone, con 360mila iscritti, poi comincia un
declino che oggi ne fa ancora la seconda lingua studiata dietro lo
spagnolo (746.000 iscritti) ma a quota 200mila. Al terzo posto c'è il
tedesco, che a partire dagli anni '70 venne identificato come la
lingua europea degli affari, ma che oggi ha perso questa
caratteristica di idioma indispensabile per il business, lasciando il
posto al cinese, che cresce insieme all'arabo.
"Storicamente - spiega Ciavolella, citando la ricerca pensata con Dino
De Poli e la Fondazione Cassamarca di Treviso - le cattedre di
italiano erano stati aperte soltanto in quelle aree degli Stati Uniti
e del Canada dove c'erano i figli degli emigranti, come necessità per
lo studio degli italo-americani, oggi non è più così, anche se la
maggiore concentrazione resta sulla costa Est". In crescita anche il
numero degli iscritti ai master e ai dottorati, si è passati da 925
del '98 a 1100 oggi, ma siamo sotto la soglia dei 1200 iscritti sopra
la quale un programma entra nella classifica federale e ha diritto ad
avere finanziamenti e borse di studio.
Oggi non siamo più emigranti, Renzo Piano sta per inaugurare il
grattacielo progettato come sede del New York Times, Bulgari lancia la
sua sfida a Tiffany con un negozio grande uguale che occupa l'angolo
opposto della Quinta strada, un italoamericano come Rudolph Giuliani
corre per la presidenza e il vino italiano è al primo posto tra quelli
importati, davanti ad Australia e Francia. Daniel Berger adesso lavora
a Roma, al ministero dei Beni Culturali, è consulente per il recupero
delle opere d'arte trafugate all'estero. Se è in Italia il merito è di
quel professore che faceva l'appello cinquant'anni fa: "Si chiamava
Domenico Vittorini, al pomeriggio insegnava ai cantanti d'opera la
pronuncia e la fonetica, creò in me la passione per la lingua e per
farmi migliorare la grammatica ogni giorno nelle vacanze estive mi
spediva una lettera con un compito da rimandargli il giorno dopo.
Allora ero solo, oggi finalmente l'italiano in America è la lingua
della cultura".