Una ricerca di Confcommercio sui ragazzi tra i 18 e i 35 anni
Oltre il 60% è "molto preoccupato", e quasi tutti non hanno informazioni

I giovani e le pensioni del futuro
"Solo il 21% pensa che ne avrà una".

Tullia Fabiani, la Repubblica 26/4/2007

 

Preoccupati per il proprio futuro, sfiduciati. E convinti che, se continua così, l'unica possibilità per avere una pensione è muoversi autonomamente con fondi integrativi privati. Hanno ancora diversi anni di lavoro davanti, ma le idee sul sistema previdenziale italiano e sui relativi problemi sono già chiare. E molto critiche. Ai giovani italiani non bastano infatti proposte e ipotesi. Vogliono interventi risolutivi e informazioni più precise.

Questo almeno è quanto emerge da un'indagine voluta dai Giovani Imprenditori di Confcommercio che ha interessato 800 italiani tra i 18 e i 35 anni. La ricerca, realizzata lo scorso febbraio dal Centro Studi Sintesi, evidenzia i limiti e le difficoltà percepite dai giovani sulla riforma strutturale delle pensioni, ma anche i dubbi circa la possibilità di trovare soluzioni valide da parte delle istituzioni. E se c'è una parte dei giovani (il 16 per cento) disinteressata alla tematica perché magari prima della pensione deve preoccuparsi di trovare un lavoro, la maggioranza somma un problema all'altro.


I dati. Secondo i dati presentati da Confcommercio, il 61,8 per cento degli intervistati si dice molto preoccupato per la situazione del sistema pensionistico italiano. E solo il 21,9 per cento è convinto che al termine della sua vita lavorativa godrà di un trattamento pensionistico pubblico. Poca la speranza riposta nelle riforme in discussione: il 44 per cento crede che si stanno solo facendo chiacchiere sterili e che alla fine non si farà alcuna riforma. Mentre Il 27 per cento pensa che anche eventuali provvedimenti non produrranno alcun cambiamento.

A fronte di tale scetticismo c'è invece una minoranza fiduciosa di giovani (l'8 per cento) convinta che il governo lavorerà a una modifica strutturale in grado di garantire la sostenibilità futura del sistema previdenziale. "La riforma del sistema previdenziale di cui si parla tanto e si fa poco riguarda in maniera diretta i giovani - dichiara Michela Vittoria Brambilla, presidente nazionale degli Imprenditori 'under 40' - chi dipinge queste nuove generazioni come soggetti distratti e irresponsabili, si sbaglia" perché " si sono dimostrati attenti alla loro condizione e molto sfiduciati nei confronti della politica".

Ma le perplessità coinvolgono anche i soggetti che dovrebbero rappresentare lavoratori e imprese: il 70 per cento infatti non si sente rappresentato dai sindacati o dalle altre associazioni di categoria economiche. Mentre la maggioranza degli intervistati (55,7 per cento) ha poca o nessuna fiducia nell'INPS come gestore delle pensioni pubbliche.

"Il distacco da parte dei giovani c'è - afferma Morena Piccinini, responsabile del settore Previdenza e nuovi diritti della Cgil - Proprio per questo la politica e le organizzazioni sociali devono far loro spazio nei gruppi dirigenti e dare risposte concrete. Bisogna dare certezze sulle politiche del lavoro e sulla previdenza complementare; innanzitutto rafforzare il pilastro della previdenza pubblica; garantire poi la possibilità del riscatto degli anni di studio, senza costi esagerati; evitare la modifica dei coefficienti attuali per assicurare ai nostri giovani una pensione decente; e consentire anche a chi non ha Tfr di aprire forme pensionistiche sicure e avere agevolazioni fiscali".


La destinazione del Tfr. A tale proposito, per quel che riguarda il Tfr, la visione degli 'under 40' di Confcommercio è piuttosto diversa. "Entro il 30 giugno i nuovi flussi entreranno nella gestione dei fondi integrativi previdenziali o nel grande calderone dell'Inps - afferma Brambilla - Ci siamo opposti a suo tempo a questa decisione di sottrarre alle imprese la gestione dei denari dei dipendenti maturati per la liquidazione" ma "la Finanziaria ha deciso tutto". Perciò all'orizzonte i Giovani Imprenditori vedono "solo tanta confusione" e secondo il loro presidente "è prevedibile una controriforma che trasformi lo 'scalone' di Maroni in qualche scalino, per arrivare ad un lento allungamento dell'età pensionabile. E a pagare saranno, per l'appunto, i giovani. Per loro la liquidazione non ci sarà più: il Tfr finisce per sostenere la loro pensione; e i coefficienti rischieranno di penalizzare chi andrà in pensione in futuro".

Intanto i dati dell'indagine dicono che sulla destinazione dei fondi un intervistato su tre non sa ancora cosa fare. I lavoratori decisi sono il 21,1 per cento; un ulteriore 11,2 per cento dichiara di voler aspettare giugno, per capire meglio come funzionano le cose. La gran parte comunque si dice convinta della necessità di muoversi autonomamente per garantirsi un futuro sereno: il 15,7 per cento ha affermato infatti di avere già avviato una pensione integrativa privata, e il 36,2 per cento si orienterà verso questa soluzione. Mentre un 31 per cento di 'ottimistì dice di contare sull'assegno previdenziale pubblico, pensando dunque che una riforma consistente possa bastare.

In tutti i casi però il punto dolente sembra essere in particolare la scarsa conoscenza dei sistemi finanziari alternativi alla pensione classica: tre quarti degli intervistati sostiene di sentirsi mal informato sul funzionamento delle previdenza pubblica e sulla riforma del Tfr, anche a causa dell'utilizzo di linguaggi troppo tecnici o esclusivamente politici. Ad esempio, il termine "scalone", è noto al 47 per cento degli intervistati ma solo il 2,2 per cento sa che indica il "salto" di età minima per la pensione di anzianità che dal gennaio 2008 passa dagli attuali 57 anni a 60 anni.


Le possibili soluzioni. A fronte di tali problemi, i giovani italiani credono che si debba lavorare in varie direzioni: dall'aumento dell'età pensionabile (in media si ritiene 60 anni, il 30 per cento dichiara che si può andare in pensione anche tra i 61 ed i 65 anni), a discutere dei coefficienti di calcolo degli assegni previdenziali. È una minoranza - il 16,7 per cento - a sostenere che ci si dovrebbe svincolare completamente dall'idea di previdenza pubblica. Quasi tutti invece ritengono fondamentali i tempi delle riforme: per il 90 per cento degli intervistati la questione è urgente e deve essere ai primi posti nella agenda istituzionale delle "cose da fare".