Se potessero attivare queste abilità forse i ragazzi studierebbero più volentieri Ma la nostra scuola mortifica la creatività. Umberto Galimberti, la Repubblica, 5/4/2007
Sarà per il bullismo, sarà perché i padri hanno perso autorità, ma forse la vera ragione per cui la nostra scuola va male è dovuta al fatto che non attiva l'intelligenza. Già vent'anni fa Howard Gardner in «Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell'intelligenza» (Feltrinelli 1987) avvertiva che la scuola tende a privilegiare «l'intelligenza convergente», che è quella forma di pensiero che non si lascia influenzare dagli spunti dell'immaginazione, ma tende all'univocità della risposta a cui tutte le problematiche vengono ricondotte. Assolutamente trascurata è invece «l'intelligenza divergente» tipica dei creativi, capaci di soluzioni molteplici e originali, perché, invece di accontentarsi della soluzione dei problemi, tendono a riorganizzare gli elementi, fino a ribaltare i termini del problema per dar vita a nuove ideazioni. I programmi ministeriali, costruiti per intelligenze convergenti (a domanda rispondi) scoraggiano spunti ideativi, mortificano varianti creative che, opportunamente coltivate, sono le uniche ad assicurare il progresso del sapere. Oggi Howard Gardner ritorna sull'argomento per segnalare quali forme di intelligenza sono necessarie per il futuro. La base è «l'intelligenza disciplinata» che, con chiari messaggi che consentano di acquisire le differenze tra il vero e il falso, il reale e il fantastico, l'astratto e il concreto, si acquisisce nei primi dieci anni di vita con una buona scuola elementare, in grado di consegnare al bambino i codici di lettura del mondo in cui vive. Su questa base deve impiantarsi «l'intelligenza sintetizzante», capace di assemblare le informazioni che provengono da più fonti in modo da pervenire a una sintesi unitaria. A questo scopo molto più utile del «tema in classe», in cui lo studente mette per iscritto tutto quello che gli viene in mente, è il «riassunto scritto» di una pagina in cinque righe o di dieci pagine in una pagina, da ripetere ad alta voce, in modo da verificare la coerenza dei collegamenti e l'enucleazione di un senso unitario. Acquisita la disciplina e la capacità di sintesi, resta da addestrare «l'intelligenza creativa» che può essere allenata non ripetendo quello che il professore ha spiegato come avviene nelle nostre interrogazioni, ma ponendo domande inusuali e non previste dal contesto culturale da cui si prendono le mosse, allo scopo di sollecitare risposte inesplorate. Abituando alle soluzioni insospettate, l'intelligenza creativa predispone all'«intelligenza rispettosa», che è tale perché non teme e non si arrocca di fronte alle differenze e all'alterità. In un mondo globalizzato questa disposizione mentale di matrice illuminista è essenziale, e il suo terreno di cultura e di acquisizione è proprio il relativismo tanto osteggiato dagli atteggiamenti religiosi e fideistici. Infine occorre promuovere un'«intelligenza etica» che non fa riferimento esclusivamente ai principi della propria coscienza, o peggio ancora all'ambito limitato dei propri interessi, ma si fa carico delle esigenze della società.
Attivando tutte queste
forme di intelligenza forse i nostri ragazzi potranno andare a scuola
con più interesse. Ma prima bisogna verificare se queste forme di
intelligenza sono presenti e attive nei professori. E qui il problema
si complica, ma forse con una migliore selezione del corpo insegnante,
si può anche risolvere. Del resto a questo ci chiama la configurazione
che va assumendo il futuro del mondo, e non essere preparati decide,
se non la nostra esclusione, certo il declino irreversibile del nostro
di modo di starci e di prendervi parte. |