Insegnante: una professione bistrattata.
da
La Stampa del
12/4/2007
Gli episodi crescenti di violenza che nelle
ultime settimane hanno visto protagonisti i docenti verso i propri
studenti sono lo specchio di un disagio mentale derivante da un
sistema scolastico e sociale che rende sempre più difficile insegnare:
non serve colpevolizzare gli insegnanti, ma occorre comprenderli
rivalutando la professione sempre più bistrattata ed affrontando a
viso aperto il loro malessere psichico.
È questo il giudizio che Vittorio Lodolo D'Oria, medico e autore di
diversi testi sul burnout negli insegnanti, tra cui «Scuola di
Follia», ha dato a proposito del numero crescente di prepotenze e atti
di mobbing dei docenti verso gli alunni, spesso disabili.
Gli episodi di violenza e di bullismo di cui si rendono protagonisti
gli studenti sarebbe quindi solo l'espressione massima di un disagio
collettivo del mondo della scuola. Un disagio di cui anche i docenti
non possono che risentire negativamente.
Secondo Lodolo D'Oria, che è anche rappresentante delle Inpdap della
Asl Città di Milano per il riconoscimento dell'inabilità al lavoro per
cause di salute, la professione di insegnante oggi comporta sempre più
«affaticamento fisico ed emotivo, atteggiamento distaccato e apatico
nei rapporti interpersonali, sentimento di frustrazione e perdita di
controllo dei propri impulsi».
«Questa ritrosia ad affrontare a viso aperto il malessere psichico -
spiega il medico - li induce ad isolarsi attuando reazioni di
adattamento negative, chiamate coping dagli psichiatri, come bere,
fumare o pasticciarsi. Il passo verso la vera e propria malattia
psichiatra è dunque breve ed è spesso sancito dalla perdita della
capacità critica e di giudizio: cosa per la quale scatteranno dei
meccanismi di difesa automatici quali l'aggressività o la fuga dagli
impegni con conseguenti manie di persecuzione. L'evidente ricaduta
sugli alunni è facilmente immaginabile».
Per l'esperto di sindromi da stress d'insegnamento il sistema
scolastico non farebbe nulla per supportare i docenti; anzi sarebbe
l'artefice del loro malessere. Agli stereotipi dell'opinione pubblica,
la bassa considerazione per il mestiere di insegnante ed il basso
salario che ne discende, i professori devono oggi fronteggiare uno
scenario inimmaginabile qualche decennio fa. Il malessere dei docenti
non risiederebbe, quindi, nella loro scarsa preparazione
culturale-pedagogica (oltre il 40% non ha laurea, il 20% anche alle
superiori), ma in una serie di fattori.
È lo stesso D'Oria ad elencarli: «la globalizzazione con studenti di
diverse etnie, l'abolizione delle scuole speciali per i portatori di
handicap, l'informatizzazione con l'avvento di internet, la
comunicazione veloce grazie alla telefonia, la moltiplicazione delle
reti televisive con un'ampia offerta. Vi sono poi i fattori sociali -
continua il medico - quali l'abbandono dell'educazione 'normativà che
è oggi rimpiazzata da quella 'affettivà. La sostituzione dell'asse
genitore-insegnante con quello genitore-figlio reso ancora più stretto
dalle famiglie che oggi in larga maggioranza hanno il figlio unico».
Il blocco dei turn over e l'innalzamento dell'età pensionabile ha
complicato ancora di più il quadro: «la categoria dei docenti - dice
D'Oria - ha oramai un'età avanzata, con molti anni di servizio alle
spalle. Ma quel che è più grave è la presenza in cattedra di
ex-sessantottini in piena crisi d'identità perché si trovano loro
dietro la cattedra contestata».
C'è poi l'arrivo delle nuove generazioni: «insegnanti che provengono
dalla cultura del 'tutto e subitò, non certo abituati a sopportare e a
sentirsi contraddire: il caso del taglio alla lingua all'alunno troppo
vivace di 7 anni reo di parlare troppo ne potrebbe essere
l'espressione migliore». Giovani docenti che in molti casi non fanno
nulla per disincentivare lo stereotipo dell'insegnante 'scansafatichè
che lavora mezza giornata e fa 3 mesi di vacanze all'anno.
Insomma, lo scenario in cui si svolgono le lezioni in molte aule
italiane sarebbe davvero preoccupante, «destinato a peggiorare se non
ci diamo da fare - sottolinea il medico - finora ci sono solo due
studi retrospettivi osservazionali: il mio su Milano ed un altro su
Torino. I risultati sono drammaticamente sovrapponibili e attestano
che un insegnante su due che si presenta a visita medica collegiale
per inabilità al lavoro per motivi di salute è di competenza
psichiatrica. Finora ciò non è bastato a suscitare il dovuto allarme
ed ho solo ricevuto attestati di stima dalle autorità competenti e dai
sindacati».
Guai quindi a colpevolizzare la categoria, che invece va compresa e
aiutata a trovare un'identità persa: «adottare delle sanzioni -
conclude D'Oria - sarebbe roba da mentecatti. Gridare al licenziamento
di una singola persona come panacea di tutti i mali della scuola mi
sembra un atto irresponsabile: soprattutto se fatto da un ministro che
è per giunta medico».