L’urlo dei precari: di Alessandro Giuliani La Tecnica della Scuola del 17/8/2007. Per i Comitati Insegnanti Precari l’assegnazione delle ore residue d’insegnamento con precedenza ai colleghi di ruolo non solo allargherà il già alto numero di disoccupati laureati, ma comporterà un incremento di spesa per lo Stato. “Tra il 25 ed il 50%”, sottolinea Vincenzo Pascuzzi del direttivo nazionale dei Cip. Ma il vero nodo della questione è probabilmente un altro: l’altissimo numero di precari nella scuola e quindi evitare di produrre altro precariato. Si sentono vessati, non considerati, utilizzati come semplici ‘tappabuchi’: sono i tanti docenti precari, quelli all’inizio della carriera quindi con pochissimi diritti e tanto spirito di sacrificio. Così, mentre il mondo della scuola si ritempra nei giorni d’agosto in vista del nuovo anno scolastico, hanno deciso di anticipare i tempi e far sentire la loro rabbia contro la decisione di Governo e ministero della Pubblica Istruzione di assegnare ai colleghi di ruolo gli spezzoni delle cattedre inferiori alle 6 ore settimanali. A far infuriare il popolo dei docenti precari della scuola – che anche dopo le 50.000 assunzioni disposte dal ministro Fioroni continueranno ad essere sempre più di 100.000 – sono stati prima il Dpef per il 2008/11 e poi la nota esplicativa emanata da viale Trastevere lo scorso 31 luglio: i provvedimenti indicano chiaramente che solo se nessun docente assunto a tempo indeterminato accetterà l’incremento dell’orario, possibile fino a 24 ore settimanali, gli spezzoni sotto le 6 ore saranno proposti ai precari scorrendo le graduatorie d'istituto. Una vera beffa per chi pur di iniziare ad insegnare aveva deciso di accontentarsi del minimo. “L’anno scorso per tanti laureati, specializzati e pluriabilitati - denuncia Vincenzo Pascuzzi, del direttivo nazionale dei Comitati Insegnanti Precari – è stato un mezzo di sopravvivenza professionale ed economica Per la scuola una soluzione funzionale e transitoria, ma anche dignitosa equa e trasparente. Troppo semplice per durare”. Per i Cip non si tratta solo di una manovra che allargherà il già alto numero di disoccupati intellettuali: assegnare le ore residue d’insegnamento a chi è di ruolo comporta infatti un incremento di spesa per lo Stato non indifferente. “Tra il 25 ed il 50% - dichiara Pascuzzi - infatti, se il compenso annuo per un’ora di lezione dei supplenti è di circa 1.000 euro, quello straordinario spettante ai docenti in ruolo può anche superare i 1.500 euro”. Insomma “per errori di calcolo e di scelta, il governo dissipa le risorse del tesoretto - conclude il rappresentante dei Cip - e, per farlo, ripropone addirittura i provvedimenti del governo precedente, incrementando l’ingordigia dei più favoriti a danno dei diritti e delle aspettative dei più precari del comparto scuola”.
Conti alla mano, la denuncia dei precari non fa un
piega. L’aggravio di spese c’è, eccome: sia perché i docenti di
ruolo vanno pagati anche nei mesi di luglio e agosto, sia per il
fatto che con il crescere dell'anzianità di servizio, lo stipendio
dei docenti di ruolo aumenta. Un docente di ruolo, con 15 anni di
anzianità di servizio, se insegna nella scuola media percepisce
107,93 euro mensili per ogni ora di straordinario settimanale.
Ancora di più alle superiori (111,24 euro). Se poi gli anni di
servizio sono 28 anni di servizio ha diritto a 132,06 euro, che
diventano addirittura e 138,64 quando arriva a 35 anni di anzianità
d’insegnamento. Per contro, un docente precario di scuola media o
superiore, ha diritto, sempre per ogni ora d’insegnamento
settimanale, a una retribuzione mensile di 96,94 euro: non conta,
infatti, se il decente precario ha 10 o 20 anni di anzianità sulle
spalla. Per il supplente la paga rimane sempre la stessa, quella
base. Per qualche motivo, in tempi di ‘magra’ economica come quelli
attuali, si assegnano gli spezzoni proprio ai docenti di ruolo? La
domanda è stata fatta direttamente al ministro Fioroni dall’on. Alba
Sasso, vicepresidente diessina della Commissione Cultura, nel corso
del question time alla Camera del 1 agosto: il ministro ha spiegato
che "le supplenze nel personale a tempo indeterminato vengono
prevalentemente accettate da chi ha meno di dieci anni di lavoro e
non è al termine della carriera e costoro costano meno di quelli che
entrano". Senza entrare nel merito della discutibile difesa del
ministro (la matematica è tutt’altro che un’opinione), l’impressione
è che viale Trastevere non voglia apertamente spiegare qual è il
vero nodo della questione: l’altissimo numero di precari nella
scuola e quindi evitare di produrre altro precariato. Chi svolge
supplenze per l’intero anno scolastico, anche se per poche ore, ha
infatti gli stessi diritti di anzianità dei colleghi a cui viene
assegnata una cattedra annuale. Diritti che, in termini pratici, si
traducono nella partecipazioni ai concorsi pubblici per acquisire le
abilitazioni. Diritti che negli anni permettono soprattutto di
inserirsi nelle graduatorie in attesa dell’agognata chiamata in
ruolo. Governo e ministero della Pubblica Istruzione, invece,
vorrebbero debellare questo tipo di reclutamento ed introdurne un
altro: legato a dei concorsi regionali da bandire sulla base
effettiva dei posti vacanti. Non a caso le graduatorie dei supplenti
abilitati sono state trasformate da permanenti ad esaurimento. Non a
caso si sta rimettendo meno, tagliando dove possibile, agli
organici.
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