Se a scuola è tutto facile.

 Marco Lodoli la Repubblica 1/8/2007

 

Ogni ripensamento, o peggio ancora ogni ritorno al passato, al giorno d'oggi suona immediatamente come scelta reazionaria, come spaventosa rinuncia all'innovazione e al progresso: ma a volte bisogna essere sinceri e onesti e riconoscere che certe questioni, così come sono state pensate e organizzate, non funzionano affatto, non avere paura di dirlo e di ammettere che forse prima era meglio.

Parliamo degli esami di riparazione, cancellati senza troppi scrupoli da una riforma che prevede per gli alunni insufficienti in qualche materia corsi di recupero a settembre e poi vaghe interrogazioni per certificare il superamento del debito. Tutto più umano, tutto più morbido, ma anche tutto piuttosto inutile.

I ragazzi di fronte ai quadri di giugno che decretano due, tre o persino quattro debiti formativi da rimediare l'anno seguente saltano di gioia, capiscono che l'hanno sfangata alla grande, che non c'è più alcun rischio di restare bloccati nella stessa casella. Il gioco prosegue, l'ochetta avanza, il debito si supererà senza alcun problema più avanti. Il ministro Fioroni davanti all'insuccesso culturale dei debiti – da rimettere e perdonare come il Padre Nostro insegna – ipotizza il ritorno dei tanto esecrati esami di riparazione, e devo ammettere che, da insegnante, questa inversione di rotta mi trova abbastanza d'accordo. Capisco i problemi nel caso Fioroni trasformasse la sua idea in legge: vacanze tanto attese che d'improvviso saltano o che devono essere reimpostate completamente, famiglie che di colpo devono disdire la pensione al mare o in montagna, o che devono trovare là dove andranno a villeggiare professori che a pagamento faranno le necessarie lezione ai loro figlioli. Tante noie, tanti fastidi, e anche tanti soldi da spendere. E capisco l'irritazione degli studenti che speravano d'averla fatta franca e invece si ritrovano alle due di pomeriggio, con un caldo bestiale, in una stanzetta ombrosa separata dal divertimento degli altri, a dover ripetere paradigmi latini, capitoli di Storia medioevale, la poetica del Tasso e dell'Ariosto e soprattutto matematica, materia in cui i ragazzi italiani sono particolarmente scarsi. Uno strazio, non c'è dubbio. Una condanna feroce. Però se l'obiettivo è quello di imparare qualcosa, allora non credo che la soluzione dei debiti sia vincente: meglio tornare "alle materie a settembre", al passato.

Una sciagura forse, ma indispensabile per uscire dal clima facilone e garantista che oggi impera. Apprendere veramente le cose non è facile, costa fatica, costa persino un agosto mortificato, se a novembre, gennaio e aprile non si è concluso niente. E può darsi anche che lo spauracchio degli esami di riparazione convinca gli studenti a fare qualcosa di buono prima che sia troppo tardi. Insomma, ragioniamoci sopra, magari aggiustiamo il tiro, ma partendo da un assunto più che certo: le cose così come stanno adesso fanno ridere. Ma d'altronde ridere è la religione del nostro tempo, e ogni fatica sembra un'offesa al buonumore.