Stretta sui docenti, al setaccio 10 mila voci di bilancio la manovra

Tutti i tagli di Padoa-Schioppa .

Domani vertice di maggioranza. Dalla chiusura di due finestre di uscita
verso la pensione arriveranno 1,3 miliardi. I 30 miliardi potranno venire
per poco più della metà da risparmi e per il resto da entrate.
Nel mirino le sedi provinciali dei ministeri. Enti di poste e marittimi nell´Inps

Roberto Petrini, la Repubblica del 3/9/2006

 

ROMA - La caccia ai 30 miliardi della Finanziaria 2007 è aperta. Il vertice di domani a Palazzo Chigi sarà solo il primo approccio, seguito tra qualche giorno dall´incontro con i sindacati, ma sui tavoli del ministero del Tesoro le prime ipotesi sono già nero su bianco. In primo luogo la ripartizione della manovra tra tagli e nuove entrate: mentre quella da 35 miliardi contava su due terzi di tagli e un terzo di entrate, la Finanziaria da 30 dovrebbe essere suddivisa circa a metà, con una prevalenza dei tagli (circa 16 miliardi). Il puzzle non sarà di facile composizione, visti i contrasti all´interno della maggioranza e sul fronte sindacale, ma il bisturi del ministro dell´Economia Tommaso Padoa-Schioppa è già al lavoro.

La partita delle pensioni, la più sensibile politicamente, dovrebbe essere cifrata intorno ai tre miliardi: di questi sarà la chiusura delle «finestre» di uscita dal lavoro nel 2007 a fornire il maggiore contributo pari a 1,3 miliardi (300 milioni il primo anno e 1 miliardo a regime). Il resto dovrebbe venire dall´aumento dei contributi per gli autonomi e per i collaboratori.

Dalla sanità, altro tema ad alta tensione, si conta di ricavare risparmi in termini di efficienza con la razionalizzazione della rete ospedaliera, con un intervento sul costo dei farmaci e con il ticket sulla degenza riservato ai redditi più alti. Il tutto verrebbe blindato con la conferma della norma «catenaccio» che impone alle Regioni di alzare le aliquote Irpef e Irap in caso di sforamento della spesa sanitaria.

Per il pubblico impiego le ipotesi tecniche hanno obiettivi ambiziosi di 4,5-5 miliardi non tutti facilmente realizzabili. Si parla della riduzione dei docenti di sostegno, dell´aumento degli alunni nelle classi con la riduzione del numero dei docenti. Nel mirino anche gli uffici provinciali e periferici dei vari ministeri, a cominciare dal Tesoro, con l´obiettivo di «appoggiarli» presso le Prefetture. Se si volesse raggiungere completamente il target bisognerebbe tuttavia mettere in campo misure più severe - ed ancora da discutere - come il blocco degli scatti di anzianità per magistrati, docenti universitari, ambasciatori e prefetti (in tutto 65 mila soggetti).

Di vasta portata il piano di razionalizzazioni e anti-sprechi. A Palazzo Chigi stanno passando al setaccio i 10 mila capitoli del bilancio per scovare risparmi tra enti, residui di spesa incagliati e dimenticati in amministrazioni centrali e locali. Mentre si conferma l´idea di fondere tutti gli enti previdenziali nell´Inps (oltre all´Inpdap, anche l´Ipost dei postelegrafonici, l´Ipsema dei marittimi). Prevista anche una energica sforbiciata all´acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione.
Per gli enti locali è pronta la revisione del patto di stabilità interno dal quale si conta di mettere insieme risparmi per 3 miliardi. Dal meccanismo dei tetti di spesa si passerà ai saldi dando il via libera ai Comuni per imporre tasse di scopo ed alimentare in questo modo le proprie casse.

La partita delle entrate è ancora da definire. Dei 15 miliardi tuttavia circa 7 sono stati già anticipati con il decreto Visco di lotta all´evasione prima dell´estate e altri 5 verrebbero dal maggior gettito già riscontrato e strutturale: resterebbero 3 miliardi da rastrellare probabilmente con l´armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie mentre resta sempre in ballo la possibile cancellazione del secondo modulo di riduzione Irpef rivolto ai redditi più alti.




 


Il Dpef e la scuola. Nel documento di programmazione economica e finanziaria per il quinquennio 2007/2011 la voce 'scuola' è più che presente. Il dato che salta all'occhio è la spesa per il personale che, pur in discesa nell'ultimo decennio, è sempre la più alta di tutta la pubblica amministrazione. Un terzo di tutta la spesa per gli impiegati pubblici, in Italia, serve a pagare insegnanti, dirigenti scolastici e personale non docente. Neppure la Sanità e la Difesa (con l'ordine pubblico e la sicurezza) riescono a stare al passo con la Pubblica istruzione. Ecco perché sembra logico che una parte dei 30 miliardi di euro di tagli per rimettere in moto il Paese debbano provenire dalla scuola, che ha un bilancio di 50 miliardi. 'Lo stato - recita il documento - ha investito in istruzione, formazione e ricerca universitaria una quota di Pil pari al 4,8 per cento, nella media del periodo 1994/2003. Nonostante questi investimenti, un ammontare annuo di ore dedicate all'istruzione tra i più elevati in Europa e costi complessivi altrettanto elevati, un confronto con gli altri Paesi dell'area Ue incentrato sugli indicatori di performance vede l'Italia in una posizione di svantaggio per quanto riguarda la conoscenza e la professionalità acquisita dagli studenti alla fine della scuola obbligatoria".

Insomma, secondo Padoa Schioppa, spenderemmo troppo e con scarsi risultati. In effetti, sempre secondo i dati contenuti all'interno del Dpef, la spesa italiana annua per studente è di 6.518 dollari, mentre la media europea è di 5.595: quasi mille euro in meno. Stessa cosa per le ore di insegnamento annuali per studente: 1.020 in Italia, 932 nei paesi Ue. Inoltre il rapporto studenti docenti ci vede ancora indietro: 10,3 in Italia, 14,4 in Europa.

Troppi insegnanti? E con quali risultati? Nei test denominati Pisa (Programme for International Student Assessment: programma per la valutazione internazionale dell'allievo) gli alunni italiani mediamente riportano 473 punti, contro una media europea di 500 punti e i 528 dei compagni del regno Unito, i 507 della Francia o i 487 della Spagna.


I posti in pericolo. Secondo i bene informati, sarebbero due le categorie nel mirino del ministro dell'Economia: i docenti di sostegno precari e i professori della scuola secondaria di secondo grado. Ma quanti sono i posti 'in pericolo'? Se si volesse ricondurre il rapporto studenti docenti a quello europeo (passare cioè dall'attuale 10,3 al 14,4) salterebbero 66 mila cattedre, nella sola scuola superiore. Sono invece oltre 44 mila (dato relativo al 2005/2006) gli insegnanti di sostegno a tempo determinato. In tutto oltre centomila, che fanno gola: anche la riduzione della metà consentirebbero un risparmio di 1,3 miliardi.

Ma in che modo? Nella scuola, le cattedre si possono tagliare in due modi: riducendo gli alunni o comprimendo le ore di lezione. E, nello stesso tempo, approfittando dell'esodo annunciato nei prossimi anni per pensionamenti, che non verrebbero rimpiazzati. E' evidente che la prima strada (la riduzione degli alunni) non è praticabile. La seconda, invece, sì. Da tempo, riguardo alla scuola superiore, si dibatte circa l'eccessivo numero di ore di lezione (e di discipline) soprattutto negli istituti tecnici. Basta riformare la scuola secondaria riducendo le ore di lezione: si rientrerebbe nei parametri europei con un consistente risparmio. Ma tutto questo non convince i sindacati e una parte della stessa Sinistra che considera la scuola un mondo a sé dove non è possibile applicare le stesse regole degli altri settori.

E pronti alla battaglia sono anche gli utenti, in particolare le famiglie dei disabili che temono, con il possibile taglio degli insegnanti di sostegno, nuovi problemi nell'inserimento e nella vita dei figli nelle aule scolastiche.


Le reazioni. Scontro inevitabile. E' la reazione secca della Cgil. Per Enrico Panini "le voci che parlano di mille miliardi di tagli bastano a creare un allarme nella scuola al quale risponderemo". La Cisl scuola parla de voci su "enormi tagli che si abbatterebbero pesantemente sul personale e in modo particolare andrebbero a colpire gli insegnanti di sostegno.