A proposito di insegnanti nullafacenti.
Antonio Gasperi, da
DocentINclasse, 3/9/2006
Sul corriere di martedì 29 agosto il prof.
Pietro Ichino ha pubblicato un fondo in prima pagina contro i
nullafacenti della pubblica amministrazione. Concordo in pieno con la
posizione del noto giuslavorista, ma mi permetto di compiere un paio
di osservazioni: la prima riguarda il punto in cui si sostiene che la
categoria dei lavoratori che sono pagati per non far nulla esiste solo
nel pubblico impiego; non escluderei del tutto la possibilità che un
certo numero di tali soggetti si annidi anche nella grande impresa
privata, tenuto conto da un lato della non sempre cristallina politica
delle assunzioni e promozioni in tale settore e dall’altro delle
teorie economiche e aziendali che spiegano certe generose politiche
del personale col desiderio di aumentare il prestigio da parte dei
manager alle cui dirette dipendenza costoro "lavorano".
Il punto però che mi preme sottolineare maggiormente riguarda
l'esempio di lavoratori nullafacenti riportato nell'articolo: si parla
di insegnanti che non insegnano o non conoscono la loro materia. È
vero che ne esistono, è vero che forse sarebbero individuabili senza
troppa fatica, se le procedure di rilevazione delle competenze degli
allievi fossero affidabili e condivise. Tuttavia, a parte il fatto che
la scuola non è il comparto del pubblico impiego dove i lavoratori
nullafacenti sono più numerosi - e chi scrive lo dice a ragion veduta
dato che ha lavorato in diversi settori pubblici - resta nell'esempio
un equivoco di fondo, che viene chiarito se si pensa al modo in cui
vengono fatti i risparmi di spesa nel comparto della scuola: non me ne
vogliano perciò i lettori se dovrò entrare in particolari "tecnici".
La prossima finanziaria - come ormai succede da almeno sei anni -
prevederà, fra l'altro, misure per la riduzione delle supplenze, il
che si traduce automaticamente nell'aumento delle classi lasciate
"scoperte" quando manca per qualsiasi ragione il rispettivo docente.
Dopo che l'introduzione colla finanziaria 2002 dell'obbligo delle 18
ore di insegnamento da parte di tutti i docenti ha eliminato le
cosiddette ore a disposizione, che erano spesso utilizzate per coprire
i "buchi" di orario giornalieri, la precedente maggioranza ha
successivamente eliminato le cd. supplenze brevi per periodi inferiori
ai 15 gg. di assenza del docente titolare.
Ora, l'unico modo per evitare di lasciare le rispettive classi
incustodite (cosa che farebbe scattare la responsabilità civile e
penale del Dirigente Scolastico) è o accorpare in modo estemporaneo le
classi oppure affidare temporaneamente i ragazzi ai collaboratori
scolastici.
È chiaro che queste soluzioni eliminano alla radice la possibilità di
“far scuola” nel senso che comunemente si assegna a questa parola. Se
si riflette un momento si vede però che tali soluzioni salvaguardano
gli aspetti giuridici dello stare a scuola, che riguardano la
sorveglianza e la custodia di minorenni affidati dai rispettivi
genitori all’istituzione scolastica. Ciò però che non salvaguardano è
la qualità della scuola, dato che non possono certo permettere lo
svolgimento di “normali lezioni”.
A questo punto sorge spontanea una domanda: sono più costosi per la
società gli insegnanti che non sanno insegnare ma che comunque con la
loro semplice presenza fisica in aula garantiscono la sorveglianza
degli alunni, oppure l’abbassamento generale della qualità del
servizio scolastico dovuto ai tagli del personale insegnante?
Ognuno si dia la risposta che crede; al sottoscritto non resta che
constatare tristemente come da un lato si consideri l’investimento in
istruzione una delle strategie vincenti (v. Lisbona 2000) per una
società tecnologicamente avanzata e si constati che la scuola sia il
terreno in cui si gioca la sfida cruciale dell’integrazione etnica e
culturale, dall’altro si sottraggano preziose risorse dalla scuola
pubblica dirottandole magari verso la progettazione di faraoniche
infrastrutture che verranno completate quando l’Italia sarà ormai un
paese incolto e deindustrializzato.
1 settembre ’06