Il ministro dell'Università risponde alle domande dei
lettori di Repubblica.
I nuovi corsi e l'annuncio: "Con la Finanziaria l'Agenzia di
valutazione"
Mussi: "Meno esami più qualità
e rivoluzione contro gli abusi".
"Nuove nomine senza tessere e più soldi a chi
vale"
Mario Reggio,
la Repubblica del
5/9/2006
Il ministro Fabio Mussi ROMA - Centinaia di
messaggi da studenti, docenti e ricercatori anche da molti paesi
europei, genitori. Così per un giorno i lettori di Repubblica.it hanno
posto le loro domande al ministro dell'Università e della Ricerca
scientifica Fabio Mussi. Ne abbiamo selezionate alcune, secondo
l'interesse e l'attualità dei temi trattati, e il ministro ha
risposto. Ne è uscita questa "web-intervista", che affronta i temi più
caldi: dalla riforma degli esami al valore del percorso universitario
nel mondo del lavoro, al precariato, ai concorsi e ai finanziamenti
ingiusti, alle laurre facili.
Cosa farà il governo della tanto
discussa riforma Moratti? In dettaglio: che ne sarà della buffonata
dei professori aggregati? Non pensa che invece di tante riforme
parziali (lauree 3 2; percorsi a Y; stato giuridico...) si debba
disegnare il modello della nuova università?
Angelo Leopardi
Alt, alt tempo. Non confondiamo tutto. Il "3+2", o meglio i tre
livelli di laurea, fanno parte di una riforma del '99 che punta ad
armonizzare i sistemi europei. Come è noto della riforma fa parte la
valutazione in crediti. La riforma ha dato buoni risultati in termini
di crescita di iscritti e laureati ma anche effetti collaterali
indesiderati, come la frammentazione degli insegnamenti e degli esami
e l'irrisolto rapporto tra primo livello di laurea e professioni.
Bisogna correggere. A Maggio del prossimo anno è convocata la
conferenza di Londra: lì dobbiamo arrivare con proposte di modifica.
Il resto sono i confusi interventi della Moratti. La "buffonata" dei
professori aggregati sarà tolta.
Trovo molto positiva la proposta di riduzione del numero di esami (20)
relativi ad una laurea triennale, ma il mondo del lavoro sarà pronto a
riconoscere e ritenere competitivo questo titolo di studio?
Alessandro, studente de "La Sapienza"
La riduzione del numero di esami sta nel decreto sulle nuove classi di
laurea che ho emesso il 4 agosto. Il decreto modifica di parecchio
quello della Moratti che avevo ritirato come primo atto da ministro.
La riduzione del numero degli esami punta a ridurre frammentazione e
inutile moltiplicazione dei corsi. Penso che migliorerà la qualità dei
titoli: ovviamente il primo livello di laurea non potrà continuare ad
essere un vicolo cieco professionale o un semplice ponte verso la
magistrale.
Insisto sul "percorso a Y": non crede
che differenziare a priori il percorso di chi insegnerà e di chi farà
ricerca sia un danno?
Massimo Natale, Università di Verona
E' inammissibile che per poter insegnare nelle scuole si debba subire,
dopo l'università, altri due anni di lezioni. Basterebbero quattro
mesi di specializzazione ma questo non farebbe comodo al sistema delle
SSIS...
Elena Conti
Vogliamo piantarla con questa favola del "percoso a Y"? Semplicemente
nel decreto non c'è. C'è per giurisprudenza che è regolata da una
legge apposita, e che quindi non potevo cambiare con il decreto
applicativo della 230. Anche tra i docenti di Giurisprudenza ci sono
pareri opposti sulla Y: penso che occorrerà ripensarci e rimetterci le
mani.
Sulle SSIS dico la verità: gli specialisti sostengono che senza due
anni di formazione mirata non si può diventare insegnanti. Tuttavia
vedo che in Europa si fa molto prima che in Italia: il Paese che ha il
percorso più lungo è la Germania che prevede sei anni. L'Italia sette:
effettivamente c'è qualcosa che non quadra.
In campagna elettorale abbiamo ricevuto promesse di cambiamenti nella
gestione della realtà universitaria. Finora non si sono viste proposte
concrete ma solo promesse. I "cento giorni" non valgono per tutti?
Pietro Macchi
Bene, vediamo i cento giorni. Ovviamente parliamo degli atti compiuti
col potere del ministro, perché nuove leggi richiedono procedure
parlamentari e tempi più lunghi.
Ho cambiato la posizione italiana in Europa sulla ricerca sulle
staminali, contribuendo tra l'altro a superare uno stallo e a varare
il settimo programma quadro per la ricerca (53 miliardi in 7 anni).
Ho fermato definitivamente i decreti istitutivi della famosa
università di Villa San Giovanni e di una cascata di nuove università
telematiche. Ho fermato lo scandalo delle lauree facili modificando le
regole delle convenzioni. Ho costituito il Ministero come parte civile
nei casi di corruzione in alcune università (ed è la prima volta).
Ho emesso il decreto sulle classi di laurea. Ho cambiato i meccanismi
di formazione delle commissioni che distribuiscono i soldi dei fondi
per la ricerca. Ho avviato le procedure di un cambio ai vertici dei
maggiori Enti di ricerca. E' poco?
I concorsi universitari, in cui sono formalmente presenti valutazioni
per titoli ed esami, è nella pratica dominato da lobbies locali e
nepotismo. Cosa intende fare per correggere rapidamente?
Francesco da Milano
Sono un ricercatore. Si è molto parlato di "nepotismo" del sistema di
reclutamento universitario. Ha sottomano una statistica di quanti
vincitori di concorsi accademici sono candidati interni della sede
"bandente"? Indizio: è una percentuale con due numeri interi, di cui
il primo maggiore o uguale a 9... Claudio Altafini, Sissa Trieste
Non crede che sarebbe opportuno
introdurre sistemi più meritocratici nell'università italiana, a
partire dalla ripartizione dei fondi? Qui in Inghilterra nessuno si
sognerebbe di far fare carriera a raccomandati di scarso valore. Se lo
facesse, andrebbe semplicemente incontro a una riduzione della
performance e un conseguente taglio dei fondi
Alessandro Aurigi, Newcastle University (UK)
A parte i casi di aperta corruzione, per i quali c'è la magistratura
che mi auguro usi la mano pesante, nella formazione, nella scienza e
nella ricerca il corporativismo lobbistico è una malattia e il
nepotismo è un delitto. Sono stati provati tutti i metodi concorsuali
immaginabili senza ridurre significativamente quella dose di arbitrio
e di manipolazione che persiste. C'è una sola via: fortissimi
meccanismi di valutazione dei risultati che premino il merito, e
affidare alla valutazione una quota negli anni crescente del budget
complessivo dei finanziamenti. Per questo, dopo la positiva esperienza
CNVSU e del CIVR, intendo mettere in Finanziaria la delega per la
istituzione della Agenzia nazionale di valutazione. Se funziona
potrebbe essere una rivoluzione.
Ho trent'anni, laureato in chimica,
phd in fisica, e attualmente "cervello in fuga". Cosa intende fare per
riqualificare il percorso di dottorato di ricerca, soprattutto
nell'ottica dei vantaggi nell'ingresso del mondo del lavoro (come
esempio eclatante, faccio presente che il titolo di phd non qualifica
per l'ammissione alle classi di insegnamento nella scuola...)
Michele Cascella Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne
Vorrei sapere cosa intendete fare per
i dottorandi italiani. Il nostro futuro è più incerto dei semplici
laureati triennali: le aziende non ci assumono perché troppo
qualificati, nel pubblico neanche a parlarne, per la carriera
accademica occorrono anni di fame e miserie...
Pasquale Cirillo
Il paradosso è che c'è una legge del '98 sul dottorato, che richiedeva
decreti applicativi mai emessi. Lo farò io. È assurdo che il titolo di
dottore non venga valutato niente su mercato, tanto nel pubblico
quanto nel privato. E' uno spreco di lavoro, intelligenza e risorse.
Occorre che il titolo dia punti per l'accesso alla Pubblica
amministrazione, e che vengano incentivate le imprese che assumono
dottori di ricerca.
Perché, per la prima volta dopo anni
di aumenti dei fondi, ora si prevede un taglio del 10% delle spese di
gestione degli Atenei?
Andrea Pascucci
Io non prevedo un bel nulla. Il taglio del 10% dei consumi intermedi
per università e enti di ricerca è spuntato nel decreto sulla
liberalizzazione. E' un errore grave che deve essere corretto. Dati i
numeri attuali bisogna aumentare gli investimenti. Ovviamente i soldi
vanno sempre spesi bene, pochi o tanti che siano.
Il rientro nei parametri economici
europei guida l'azione del governo di cui lei fa parte. Non si parla
mai, invece, di parametri culturali europei...
Alessandro Bellan
Se ne parla, eccome. Un punto chiave del programma di questo governo è
la costruzione dello spazio europeo dell'università e della ricerca (
espressione che per primo usò Antonio Ruberti). Quello che stiamo
facendo nelle istituzioni comunitarie lo dimostra. Mi è capitato
all'ultimo Consiglio europeo dei ministri sentire colleghi salutarmi
con la frase : "Italia, bentornata in Europa".
L'esigenza di una formazione continua
è uno dei requisiti più richiesti a un Paese moderno. Ho 28 anni, sono
laureato e grazie a Dio già lavoro. Desidero continuare a studiare, ma
tutto il sistema è lontanissimo da questa prospettiva
Giovanni Coppola
Condivido, problema a cruciale. Per due ragioni:
-perché la flessibilità del lavoro (che molti pensano comporti
semplicemente più precariato e salari più bassi) richiede formazione
continua;
-perché l'Italia è uno dei Paesi con l'età media più alta del mondo,
forse fra qualche anno sarà il Pese più vecchio.
Il Protocollo di Lisbona prevedeva il 12% degli adulti permanentemente
nel sistema di formazione. Siamo poco sopra il 2%. Dopo la legge
Finanziaria presenterò una legge quadro di "Long life learning".
Lei pensa che sarebbe possibile fare
qualcosa per fermare la corsa alle convenzioni o le lauree facili in
dubbie università? Sarebbe una forma di rispetto e di giustizia verso
chi, come me, a 40 anni con famiglia e lavoro, fa ancora le notti sui
libri "normali" per dare esami "normali" in un ateneo "normale" e si
vede spesso beffato
Agrippino Niro
Mi dispero, se ci sono cittadini che non si sono accorti di quel che è
successo in queste settimane. Ho trovato lo scandaloso sistema delle
convenzioni, sviluppatosi anche grazie ad una norma permissiva
inserita dal governo Berlusconi nella Finanziaria 2001. Sono dilagate
le lauree facili con riconoscimento di oltre cento crediti per
dipendenti di pubbliche amministrazioni e ordini professionali. Solo
perché dipendenti, non perché meritevoli. Nel decreto sulle classi di
laurea c'è scritto che all'esperienza si possono riconoscere crediti,
ma non più di 60 (insomma: un anno, non tre di bonus) e non
all'ingrosso ma alla singola persona.
Tre anni fa ho deciso di scommettere
sul sistema universitario italiano e ho lasciato il centro di ricerca
a Berlino per accettare un contratto finanziato con il programma
"Rientro dei cervelli". Il contratto è scaduto il 31 agosto. La
Finanziaria dello scorso anno ha tagliato i fondi: oggi sono
"tecnicamente" disoccupato Giovanni Scotto, Università di Firenze
Sì, è paradossale che prima si sia fatta una legge per far rientrare i
cervelli e poi si sia definanziata. Sarà rifinanziata.
Come si pone il governo riguardo alla
riforma Moratti degli Enti di ricerca? Cosa accadrà agli Istituti
recentemente accorpati al Cnr? C'è un piano di reclutamento di giovani
ricercatori?
Elisa Sani, ricercatrice precaria
Bisogna rilanciare gli enti di ricerca e fare presto. Il governo
chiederà ai responsabili (quelli in carica e quelli nuovi che
verranno, alcuni presto) di condividere una missione, non una tessera
di partito o un voto nell'urna. Lo spoil system politico nel campo
della scienza e della ricerca è figlio della miseria culturale. E con
il governo di centrodestra ce n'è stato a iosa.
Sono stati effettivamente accorpati al Cnr - e non si sa bene perché -
istituti, come l'Inoe e l'Infm, che hanno visto come risultato la
diminuzione dei ricercatori e l'aumento degli amministrativi. Sarà
loro restituita l'autonomia. Sì, ci sarà un piano di reclutamento di
giovani, nell'università e negli enti di ricerca.