Cresce il malumore a sinistra.
Lunedì il vertice decisivo con Padoa-Schioppa e il premier.

Finanziaria, ministri ai ferri corti.

Strada sempre in salita per il governo. Prodi avverte gli alleati:
«La manovra sarà di 30 miliardi, la decisione è già stata presa».

di Michele Lombardi Il Secolo XIX del 2/9/2006

 

Roma. I nodi vengono al pettine. La Finanziaria da 30 miliardi di euro voluta e difesa dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa rischia di finire impallinata da una parte della maggioranza, che non si vuole arrendere alla cura dei tagli necessari a riportare il deficit sotto il 3 per cento. Lunedì sarà il giorno della verità: una giornata campale per Padoa-Schioppa, atteso al varco dai ribelli dell'Unione per un vertice di maggioranza che si annuncia incandescente.

Al vertice ci sarà anche Romano Prodi: il premier è deciso a fare da scudo al ministro che non è disposto a fare altri sconti sulla manovra, dopo averla già ridotta da 35 a 30 miliardi di euro grazie al benefico boom delle entrate fiscali. «L'ordine di grandezza è quella dei 30 miliardi di euro. La decisione è presa. Si tratta di attuarla con chiarezza e intelligenza per trovare il consenso più largo», chiarisce il vice premier Francesco Rutelli, che come ministro del Turismo deve far digerire il ticket sui turisti a comuni e imprenditori.

Ma la ribellione contro tagli non è circoscritta alla sinistra radicale, Prc, Pdci e Verdi, che mettono addirittura in discussione l'entità della manovra e chiedono di negoziare con l'Unione europea tempi più lunghi per il rientro del deficit. Anche in casa Dl e nel cortile della Quercia il malumore dilaga. È il caso del ministro dell'Istruzione Beppe Fioroni, Dl, che avverte: «Io sono medico, i tagli sono abituato a ricucirli. È vero che la Finanziaria richiede sacrifici ma anche il rispetto del programma elettorale». Più o meno le stesse cose che ha detto in faccia a Padoa-Schioppa, durante il Consiglio dei ministri.

L'aria che tira è questa. Non c'è solo il ministro del Prc, Paolo Ferrero, capofila degli anti rigoristi, accusato con buona dose di ironia dal titolare del Tesoro si dedicarsi alle «poesie» mentre lui è costretto al ruolo di «professore di matematica». E non bastano i veti del potente Fioroni, che vuole più soldi per «gli edifici scolastici e i precari». La lista dei ribelli è lunga. Rosy Bindi (Famiglia) è pronta a fare le barricate. E, nelle file dei Ds, il ministro della Salute Livia Turco è nera di fronte all'ipotesi, caldeggiata da Padoa-Schioppa, di risparmiare su analisi e ricoveri, magari con il ricorso a un ticket per bilanciare la spesa. «Niente sacrifici per la ricerca», promette il ministro Ds Luigi Nicolais.

L'esercito che assedia il "ministro dei tagli" (nonostante lui si ostini a spiegare che si tratta di «riforme») si va ingrossando con il passare dei giorni. Giovedì prossimo, il 7 settembre, caleranno a Roma i governatori per discutere del cosiddetto "Patto per la salute" che altro non è se non un piano di risparmi sulla spesa sanitaria delle regioni in molti casi fuori controllo (la Liguria è tra le poche che si rimessa in carreggiata).
In questa corsa ad evitare la scure del Tesoro, l'altro dato è che il ventilato «dialogo» in Parlamento con la Cdl si annuncia quantomeno problematico. L'ex ministro Giulio Tremonti si mostra preoccupato quanto Ferrero per l'entità e le misure della manovra. Fosse per lui, accetterebbe subito l'invito a contrattare più tempo con la Ue. Isabella Bertolini, Fi, parla di «mattanza sociale». Paolo Bonaiuti, il fedele portavoce di Silvio Berlusconi, avverte: «Ticket, attacco alle pensioni, nuove tasse per gli autonomi. Sarà un pessimo settembre». Il leghista Roberto Calderoli ironizza: «La luna di miele è finita. Per Prodi, arriva il Vietnam della Finanziaria». Solo l'Udc fa qualche timida apertura.

Ma questo basta a fare e approvare una Finanziaria da 30 miliardi se la maggioranza si defila. «Non è accettabile una Finanziaria di sacrifici», si scalda il ministro Alfonso Pecoraro Scanio. «Non possiamo rischiare una politica di tagli», osserva il leader del Prc, Franco Giordano. «Risanamento sì, ma non sulle spalle dei più deboli», sostiene Marco Rizzo, del Pdci. Al vertice di lunedì, tutti si presenteranno con le loro richieste e cercheranno di convincere Padoa-Schioppa a cambiare registro.