La Caporetto della scuola palermitana, Il balletto dei docenti. Nino Blando, la Repubblica di Palermo del 15/9/2006
La Caporetto della scuola palermitana, così come emerge platealmente dall´indagine Invalsi sulla valutazione delle performance degli studenti delle medie, è servita - come in passato - a tenere occupati per qualche giorno gli addetti ai lavori, dopodiché sparirà per poi magari riproporsi stancamente alla prossima occasione. Non che i momenti di dibattito siano di per sé inutili, anzi. Nulla come il sistema scolastico italiano ha bisogno oggi di fare il punto sulla sua natura e i suoi obiettivi, dopo essere stato sottoposto per un decennio a tentativi di riforma velleitari e confusi. Il pessimismo nasce da altro. Esso si nutre soprattutto della naturale tendenza a individuare le cause della crisi in un elenco ovvio di distorsioni - certo esistenti, chi potrebbe negarlo - snocciolato come una avemaria imparata a memoria e sempre uguale a se stessa. Le carenze edilizie, i finanziamenti micragnosi, il precariato, la scarsa percezione sociale della classe docente ecc. Questioni reali, certo, ma non tali tuttavia da toccare il nucleo centrale del problema. Che è, invece, squisitamente pedagogico e epistemologico. La scuola occidentale del momento, in realtà, è figlia del pensiero pedagogico costruttivista che, rivoltando come un calzino i vecchi metodi di insegnamento e i fondamenti teorici delle discipline, ha praticamente demolito anche quanto di buono c´era nella tradizione. È la scuola, per esempio, dell´imparare a imparare, del metodo di lettura globale, dell´idiosincrasia sempre e comunque all´uso della memoria, oltre che di un linguaggio astruso e formalistico fino alla disperazione. L´effetto pratico di questa filosofia è la scuola italiana di oggi a ogni livello. La tendenza in atto è all´insegna dello spezzatino dei saperi propria di questa impostazione micidiale. La moltiplicazione dei pani e dei pesci degli indirizzi. E di cui costituiscono un esempio palmare le lauree brevi in numero esorbitante o il famigerato due più tre universitario, cioè la licealizzazione, in sostanza, dell´università italiana. Sicché succede che gli statuti epistemologici disciplinari, esplodendo, si atomizzano al punto tale da ridursi a gusci vuoti. Mentre i contenuti, i noccioli duri ed essenziali, dileguano reincarnandosi successivamente in impalpabili figure fantasmatiche. Perciò che il nostro sistema scolastico viva una crisi formativa e di trasmissione dei valori profonda, forse non dipende dal caso o, essenzialmente, dalle aule con le finestre rotte. E purtroppo tutti i tentativi di riforma, avvenuti a spizzichi e bocconi, non hanno fatto altro che aggravare questo stato di marasma. Vero è, a mio parere, che sempre la scuola è l´insegnante. E se trovi insegnanti bravi e non conformisti al mainstream pedagogico puoi sfangarla. E nondimeno, conta pure molto il contesto in cui questi si trova a operare. Oggi la scuola appare più un immenso spazio ricreativo che del sapere, nonché il luogo in cui depositare i figli in quasi l´intero arco della giornata. Offrendo in elegante brochure piani dell´offerta formativa gotico fioriti e dunque una didattica disponibile a ogni varietà di bricolage, attività sportive e ludiche, sottogeneri laboratoriali, salvo che all´essenziale: leggere scrivere e far di conto. Ci sarebbe poi inoltre da considerare un tema tabù che, al solo nominarlo, provoca lo sturbo dei colleghi. La valutazione degli insegnanti. L´altro giorno il ministro Fioroni, in una scuola di Roma, ha inaugurato l´anno scolastico assistendo a una danza del ventre di studenti. Balliamo, allora. Con buona pace della formazione. |