Presentato il rapporto annuale di Cittadinanzattiva: il
10% degli edifici non è a norma
Strutture spesso vecchie e con manutenzione carente. E gli infortuni
sono in aumento
Scuola, scatta l' allarme sicurezza.
"A rischio dieci milioni di persone".
I
dati della ricerca su 271 istituti: solo il 32% ha il certificato di
agibilità
statica. "In Italia 3mila edifici sorgono in aree sismiche di livello
1"
di Salvo
Intravaia la Repubblica del
28/9/2006
ROMA
- Il dato è impressionante: nelle scuole italiane "ogni giorno 10
milioni di persone corrono dei seri rischi nel frequentare un luogo
ritenuto da sempre sicuro". E' l'amara riflessione dell'associazione
Cittadinanzattiva, che per il quarto anno consecutivo ha stilato un
rapporto sulla sicurezza degli istituti scolastici. Il quadro che
emerge dalla ricerca è sconfortante: mancanza di certificazioni,
crolli di intonaco, porte antipanico quasi del tutto assenti nei
servizi didattici, numero di infortuni in crescita costante. Il
problema, dicono i promotori dello studio, è anche di tipo culturale.
Eppure, tutto sommato, qualche segno di miglioramento c'è stato.
La ricerca ha coinvolto 271 scuole in 12 regioni italiane. I dati sono
stati raccolti da decine di volontari, tra i quali anche docenti e
studenti. Il panorama descritto è preoccupante: il 10% delle scuole
non è sicuro. Le situazioni peggiori si concentrano al Sud e nelle
isole, ma in tutte le zone del Paese ci sono problemi.
A impensierire i promotori dello studio è soprattutto la mancanza di
certificazioni. Solamente il 32% degli istituti ha il certificato di
agibilità statica, il 29% ha quello di agibilità igienico-sanitaria e
il 23% ha quello di prevenzione incendi. "In Italia, 3mila scuole
sorgono in aree a rischio sismico 1, il più elevato - dice Adriana
Bizzarri di Cittadinanzattiva -. Il solo fatto di non conoscere lo
stato degli edifici desta preoccupazione".
Anche le dotazioni di sicurezza sono spesso carenti. Secondo
Cittadinanzattiva, le porte antipanico sono quasi del tutto assenti
nei servizi didattici: non ci sono nell'80% delle aule computer,
nell'82% delle biblioteche, nel 78% delle palestre. E il 36% degli
edifici è privo delle scale di sicurezza.
Anche distogliendo lo sguardo da ciò che potrebbe accadere in caso di
incidente e concentrandosi sul presente, si scoprono dati inquietanti.
Secondo dati dell'Inail, gli infortuni annuali agli alunni sono
cresciuti dai 79.168 del 1999 ai 90.570 del 2004, mentre nello stesso
periodo quelli ai docenti sono passati da 4.393 a 5.290, con un picco
di 5.978 nel 2001. "A preoccupare è soprattutto il trend, che è in
aumento - spiega Adriana Bizzarri -. Non bisogna dimenticare, inoltre,
che quelli registrati sono solamente i casi più gravi".
A favorire gli incidenti è anche lo stato delle strutture, spesso
vecchie e talvolta da tempo senza manutenzione. Il 14% delle scuole
prese in considerazione è stata costruita prima del 1900 e il 54%
prima del 1965. Nel 23% degli edifici sono state rilevate lesioni
strutturali. E quando le riparazioni vengono richieste, non sempre si
fa subito qualcosa: nel 12% dei casi l'ente locale è intervenuto molto
in ritardo e nel 17% non l'ha addirittura mai fatto.
Qualche dato positivo, comunque, c'è. "I risultati sono in parte
migliorati rispetto agli scorsi anni - afferma Adriana Bizzarri -. La
cultura della prevenzione è in crescita. Le prove di evacuazione, ad
esempio, si fanno quasi ovunque. Capita di trovare porte antipanico
chiuse da lucchetti e uscite di sicurezza bloccate, ma è sempre più
raro".
Ma come bisogna intervenire per rendere le scuole italiane più sicure?
Cittadinanzattiva qualche indicazione la fornisce. "Innanzitutto non
bisogna abbandonare la manutenzione ordinaria - conclude Adriana
Bizzarri -. Inoltre si deve intervenire prima di tutto nelle aree a
rischio, utilizzando ogni dato che si ha a disposizione. Il ministero
ha poi ipotizzato un patto per ripartire la spese per la messa in
sicurezza degli istituti in modo che le spese non ricadano tutte sugli
enti locali: è un'idea che ci convince. Infine, bisogna
territorializzare il problema dei tagli: coinvolgendo la popolazione
locale, si possono anche prendere decisioni spiacevoli. L'importante è
non agire indiscriminatamente".