Troppi insegnanti. Ma provvisori»
Scuola, si cerca un piano per la qualità.

I dubbi nella maggioranza dopo l'Ocse: le assunzioni non bastano al rilancio

 Il Corriere della Sera 27/10/2006

 

ROMA — Un insegnante ogni dieci studenti e un battaglione di precari ogni anno in cerca di assunzione. Un numero di ore passate sui banchi ben al di sopra della media europea — più un'interminabile lista di compiti a casa — per gli studenti, un numero di ore passate in classe da parte di ogni insegnante così basso da far invidia ai colleghi di tutta Europa.

Il risultato, un paradosso. Sono questi gli ultimi dati sul tavolo del ministro Fioroni, alle prese con il giudizio implacabile della commissione Ocse che compila il rapporto «Pisa» sullo stato dell'educazione nei diversi Paesi. Il voto non è brillante: le classi meno numerose non sono sempre le migliori, la qualità dei risultati degli studenti italiani non è alta.

Nella Finanziaria Fioroni ha annunciato l'assunzione in tre anni di centocinquantamila precari al posto di altrettanti insegnanti che andranno in pensione. L'opposizione ribatte che è una «pia intenzione», cioè una promessa finta perché l'integrazione degli insegnanti è prevista a costo zero e così non sarà. Ma le misure del governo e quelle alternative proposte dall'opposizione non danno una risposta definitiva: gli insegnanti sono troppi, come dicono le statistiche, o troppo pochi, come indica il numero dei precari che ad ogni Finanziaria sono in coda per l'assunzione?

«Nei prossimi dieci anni c'è un'occasione storica: andranno in pensione 300 mila insegnanti circa, più di un terzo dei docenti — spiega Vittorio Campione, esperto di politiche scolastiche ed ex portavoce del ministro Berlinguer — La scelta più comoda è sostituire gli insegnanti con i precari. Quella più intelligente sarebbe sfruttare l'autonomia didattica e organizzativa pur con i dovuti paletti e riorganizzare gli insegnamenti». Insomma, più ore agli insegnanti, più soldi in busta paga e meno sprechi, e soprattutto «un sistema di selezione all'ingresso e di valutazione continua che facciano della scuola un prodotto di qualità», chiosa Luisa Ribolzi, docente di Sociologia dell' Educazione all'università di Genova.

Un'idea che non è rivoluzionaria, e che troverebbe il consenso anche di Forza Italia: «Ci sono troppe materie, tutte obbligatorie, i piani di studio sono stati gonfiati e frammentati in modo che grida vendetta». E perché si è persa allora l'occasione nell'ultima riforma, quella del ministro Moratti, per cambiare? «I sindacati insorgono. Non è possibile dialogare sulla riqualificazione del personale. Ci abbiamo provato ma ci hanno fermato», conclude la Aprea.

E infatti non solo nel centrodestra ma anche nel centrosinistra comincia a farsi strada l'idea che qualcosa si potrebbe fare: «E' sbagliato tagliare come è sbagliato rifiutare la razionalizzazione del sistema. L'obiettivo è una scuola che funzioni meglio, in cui il lavoro sia condiviso anche dagli insegnanti e il precariato è nemico di questo sistema, ma le scuole devono poter approfittare della loro autonomia nell'organizzazione del lavoro», spiega il senatore ds Andrea Ranieri. La diessina Emilia De Biase è apertamente favorevole ad un sistema di valutazione degli insegnanti: «Non certo di un voto del preside. Ma ormai in tutta Europa si usano in ogni settore pubblico delle griglie per la valutazione oggettiva della qualità e questo va fatto a salvaguardia degli insegnanti bravi». In attesa che il dibattito cominci, il futuro di insegnanti, precari e studenti resta appeso ai tre articoli della Finanziaria.