Il ministro Mussi insiste: no ai tagli per l’Università. I precari: siamo ormai il 37% .
«Senza correzioni, da l'Unità del 24/10/2006
SFERZANTE Contestato dagli studenti di An, anzi di Azione universitaria, il ministro dell’Università è netto: «chi ha sostenuto Moratti, Tremonti e Berlusconi deve avere uno sfacciato senso dell’umorismo per venire qui a contestarmi». Il gruppetto - meno di una ventina di persone - non demorde, chiede le sue dimissioni. «Dimissioni? Va bene, però l'ho detto prima io...», risponde il ministro. È vero, lo ripeterà anche durante la cerimonia d’inaugurazione del seicentosedicesimo anno accademico di Ferrara: «Se non c'è una correzione al taglio di 150 milioni di euro sui consumi intermedi degli atenei, per firmare quella legge ci vuole la mano di un altro ministro». È determinato, ma anche fiducioso: «Tra Parlamento e governo spazi per una soluzione ci sono. Io non ho promesso mari e monti - ha detto il ministro alla platea di studenti e docenti - questo è un anno duro per tutti; si può stare fermi un giro ma non tornare indietro». Per ora, la finanziaria assegna alle università italiane 94 milioni in più per la ricerca, ma prevede tagli sui consumi per 150 milioni, in somma una decurtazione. «Se l'Italia si allontana dagli obiettivi fissati a Lisbona - ha continuato Mussi - ci si mette su un piano inclinato e non si sa dove si va a finire. Il taglio dei consumi intermedi alle università e agli enti di ricerca è stato un errore clamoroso». Bisognerà correggerlo, altrimenti per firmare quella Finanziaria ci vorrà la mano di un altro ministro. Nella manovra, positivi, il «pacchetto serietà «che frena il proliferare di atenei, facoltà e corsi di laurea». e «l'entrata dei Miur nel Cipe, la sburocratizzazione degli enti di ricerca, e la creazione di un'agenzia di valutazione che premierà gli atenei migliori». Anche una trentina di ricercatori precari, alcuni in camice bianco, hanno manifestato con striscioni e slogan: «Basta precari all'università» e «Più soldi ai precari e meno agli ordinari». I ricercatori hanno poi consegnato al ministro un censimento su 33 atenei italiani realizzato dalla rete nazionale Ricercatori precari dal quale risulta che il 37% del personale che lavora all'università è precario, per un totale globale di 15 mila persone nei 33 atenei censiti. «Nel numero- precisano i precari - non sono inclusi i professori a contratto, i dottorandi, gli specializzandi e il personale tecnico amministrativo con contratto a tempo determinato». È vero, ha convenuto Mussi, quello dei giovani e del precariato «è un problema che va preso di petto»: «Bisogna correggere e ripristinare la piramide allargando la base dei giovani nell'università e negli enti di ricerca. La fine del blocco del turn over va in questa direzione». Rifondazione comunista condivide le preoccupazioni del ministro. E anzi, dice il responsabile Università Domenico Jervolino su «Aprileonline»: «Nonostante una campagna di stampa interessata presenti il governo Prodi come ostaggio dalla sinistra radicale, sappiamo bene quanto impegno ci sia costato perché le tendenze che spingono verso una politica di puro rigore sia corretta da elementi ancora parziali verso l'equità sociale». |