Il ministro Fioroni risponde all'editoriale di Panebianco di ieri sul «Corriere» I precari, la Finanziaria e la riforma. Il Corriere della Sera 31/10/2006
Caro Panebianco, Le sono grato per il suo editoriale perché mi offre la possibilità di dare qualche chiarimento e di ricordare a tutti, iniziando da me, che vagheggiando una nuova scuola ideale si può finire con l'uccidere quella che c'è senza far nascere quella che si vorrebbe. Vorrei poi inoltrare una preghiera: basta con il dileggio degli insegnanti precari. La Finanziaria non assume un esercito di incompetenti protetti dal sindacato e da immeritate rendite di posizione ma sana l'iniquità nei confronti di docenti che da anni vengono utilizzati senza alcun riconoscimento del proprio legittimo status professionale. E sa da chi è composta questa lista dei 150.000? Per il 50% da docenti che hanno superato concorsi pubblici per esami e titoli ma per i quali non c'erano posti disponibili e per l'altra metà anche da quei docenti dei quali Lei parla, cioè quelli abilitati dalle scuole di specializzazione universitarie. Non stiamo sistemando parcheggiatori abusivi ma ridando dignità e certezze a insegnanti che hanno superato concorsi e che pagano i ritardi degli anni scorsi. Ma la Finanziaria vuole anche mettere fine al meccanismo che genera il precariato, evitando la tela di Penelope per cui la mattina si stabilizza un precario e la sera se ne crea un altro da stabilizzare fra dieci anni. Ciò sarà possibile con il progressivo superamento della disciplina delle graduatorie permanenti e avviando una nuova fase per il reclutamento dei docenti. Quanto al fatto che gli insegnanti siano troppi osservo che la stabilizzazione dei precari coprirà a malapena il turnover (e il nostro corpo docente è, notoriamente, il più vecchio dell'area Ocse) ma soprattutto che la Finanziaria corregge, e lo allinea alla media Ue, il rapporto alunni-classe portandolo dall'attuale 20.6 a 21. Sul rapporto docente-alunno citato nei dati Ocse dobbiamo invece intenderci e a proposito di «mission» chiederci: abbiamo deciso di non ottemperare più al dovere costituzionale di garantire a tutti i cittadini il diritto all'istruzione ovunque risiedano? O rinunciare all'istruzione permanente degli adulti, abrogare il diritto dei diversamente abili di essere integrati nelle scuole (aspetto che per una volta pone noi all'avanguardia in Europa), modificare la configurazione geografica del nostro Paese, visto che l'Italia è composta non solo da grandi città ma anche da isole minori e da 16 milioni di ettari di territorio in zone di montagna? Perché sono anche queste le cause che alzano quel rapporto. L'innalzamento di due anni dell'obbligo di istruzione non serve a gonfiare organici ma a contenere lo spreco rappresentato dal fatto che il 25% dei nostri ragazzi non consegue un diploma o una qualifica professionale. E allora una misura di razionalizzazione, e credo anche un po' riformista, è impedire il contrario e cioè che i ripetenti servano a giustificare l'organico. Ma quei ragazzi non vanno promossi: vanno riorientati. O c'è ancora qualcuno che pensa che a 13 anni, prima della fine della scuola media inferiore, si possa scegliere in modo consapevole e non condizionati dal bisogno? L'Ocse però, a questo proposito, dice anche altro e cioè che la scuola italiana non è ancora un ascensore sociale per cui sono le condizioni familiari ed economiche a predeterminare il futuro dei ragazzi: a Lei sembrerà poco riformista eppure la Finanziaria agisce sull'equità, sulla gratuità dei libri di testo, sull'apertura pomeridiana delle scuole per contrastare la dispersione, crea centri di istruzione permanente per adulti e genitori. Trovo anche abbastanza riformista impedire, come è accaduto nei cinque anni precedenti, che, in nome dell'autonomia scolastica, i 10.772 istituti italiani gestissero una somma di circa 100 milioni di euro controllati da un collegio di revisori dei conti che complessivamente costava poco meno dello stanziamento. Oggi le scuole gestiranno una cifra di circa 3 miliardi di euro. Non ho tabù su qualità ed eccellenza: per la prima volta è in Parlamento un disegno di legge che prevede risorse finanziarie e incentivi per premiarle. E per la qualità ho avviato un sistema di valutazione scientificamente attendibile che porti progressivamente alla valutazione dei saperi dei nostri ragazzi istituto per istituto. Ho molti difetti ma non sono affetto dalla «riformite» che ha contagiato tanti inquilini di viale Trastevere e non lo sono soprattutto perché ho constatato che tutte le riforme non hanno dato grandi risultati, visto che i dati e la situazione che Lei ben descrive non sono ascrivibili alla gestione degli ultimi cinque mesi. Però alla scuola vorrei dare tranquillità e certezze. Occorre tempo, pluralità di azioni e di processi complessi, voglia di ragionare su fatti e proposte concrete. Sono certo di trovare su questa strada anche il suo contributo. La saluto con grande cordialità Giuseppe Fioroni Ministro della Pubblica Istruzione.
Prendo atto che secondo il ministro non ci sono, sostanzialmente, organici in eccesso. È dunque giusto, a quanto pare, che gli insegnanti continuino ad essere, oltre che malselezionati, anche tanti e, quindi, per necessaria conseguenza, malpagati. Ame nulla di tutto ciò sembra giusto. Per quanto riguarda il rapporto fra innalzamento dell'obbligo e organici mi limito a citare una dichiarazione (incauta?) di una Sua collaboratrice, il viceministro Mariangela Bastico: «Con l'innalzamento dell'obbligo aumenterà il numero degli studenti e dunque il fabbisogno di personale. Non ci saranno tagli agli organici» ( Italiaoggi del quattro ottobre).
Ribadisco di trovare deplorevole che
interventi così incisivi sulla scuola siano stati inseriti nella
Finanziaria, praticamente di soppiatto, senza che il Paese sia stato
chiamato a discuterne. Non può e non deve essere la Finanziaria il
veicolo delle riforme scolastiche. |