LINEA DI CONFINE

Atenei, pochi soldi e lauree facili.

 Mario Pirani, la Repubblica del 30/10/2006

 

La mia posta elettronica si è rapidamente riempita di e-mail di plauso ma anche di critica dopo l’articolo del 26 ottobre dedicato a «Le mille università dalle facili cattedre». Pur confortato dalla positiva risposta del ministro Mussi (27 us) credo doveroso rispondere ai tanti docenti che hanno scritto. Tralascio le espressioni di consenso anche se mi permetto di citare quella del prof. Antonio Ragozzino, ordinario «di non so più che cosa» (così si firma) alla Facoltà di agraria della Federico II di Napoli, il quale mi informa che al suo Consiglio di Facoltà si discuterà un contratto di insegnamento di «Psicologia degli alimenti». In proposito osserva: «A 70 anni di età e 46 di insegnamento non mi era mai capitato di imbattermi in assurdità del genere, anche dal punto di vista lessicale. Mi chiedo se gli alimenti hanno una interiorità, una psiche? Visto che la si vuole insegnare sarebbe stato almeno più corretto chiamarla "Psicologia dell’alimentazione"».

Posso solo dire che si tratta di uno dei tanti esempi della strabiliante moltiplicazione delle tipologie di laurea (da 81 a 153) e dei corsi (passati da 2.500 a 5.400) avvenuta dopo la riforma dei cicli di studio (il 3+2). Commenta sull’ultimo numero del "Mulino" il prof. Alessandro Monti, autore del Rapporto sull’istruzione universitaria in Italia (Angeli 2003): «In molti casi sono state le esigenze di impiego del personale docente e le aspirazioni di carriera a trainare la creazione dei corsi... Il raddoppio solo in apparenza ha diversificato l’offerta formativa e fronteggiato adeguatamente le esigenze evolutive del mercato del lavoro e delle professioni».

Vi è, per contro, un passaggio secondario del mio articolo su cui si concentrano invece molte critiche, quello sulla riduzione dell’adeguamento automatico degli stipendi, che paragonavo ad «una specie di scala mobile».

Mi sono fidato di un tecnico della materia che mi aveva fornito l’informazione e sono incorso, quanto meno, in una imprecisione di cui mi scuso. Scelgo fra le tante rettifiche quella del prof. Stefano Varricchio dell’Università di Roma-Tor Vergata che spiega: «I meccanismi di adeguamento sono due, uno calcolato dall’Istat secondo cui gli stipendi vengono aumentati di una percentuale pari all’aumento medio del pubblico impiego nell’anno precedente; un altro meccanismo, basato su scatti biennali automatici, che assicurano ad un ricercatore, ad inizio di carriera, uno stipendio netto mensile di 1.171 euro e ad un ordinario a fine carriera di 2.700 euro. I tagli della Finanziaria non riguardano l’adeguamento Istat ma gli aumenti biennali previsti dallo stato giuridico. Negli altri paesi non vi sono adeguamenti automatici ma le retribuzioni si collocano ben al di sopra delle nostre. Quando ho iniziato avevo uno stipendio da fame e guadagnavo la metà di un collega francese di pari livello. Ho scelto di restare perché pensavo che lo stato giuridico mi avrebbe garantito nel tempo livelli più adeguati».

Molte altre e-mail fanno notare come «a causa del meccanismo perverso della Finanziaria le nuove generazioni di docenti e ricercatori soffriranno a regime una riduzione dello stipendio pari al 30%» (prof. Rosario Ceravolo del Politecnico di Torino). Altre, specie donne, fanno notare l’aggravio per un docente fuori sede di dover pagarsi le spese di trasferta, in base al principio che il professore deve risiedere dove insegna, «una norma che riflette l’idea arcaica secondo cui il professore universitario è maschio, con moglie che non lavora e famiglia che lo segue». (Silvia Niccolai, ordinaria di diritto costituzionale a Cagliari).

Torno, infine, al saggio sul "Mulino" del prof. Monti che tratta invece la questione centrale, l’elargizione delle lauree facili: «La disposizione, introdotta dal centrosinistra nel 1999 e rafforzata dal governo di centrodestra... concede ai dipendenti pubblici il diritto di vedersi riconosciuti come crediti universitari, i cicli di studio superati nelle scuole interne dell’Amministrazione, attraverso convenzioni con atenei disposti a stipularle... che si stanno rivelando un meccanismo scardinante della fede pubblica nell’imparzialità dell’istituzione universitaria... La norma, oltre che dai ministeri per favorire gli avanzamenti di carriera di categorie di impiegati... è stata utilizzata dai più disparati enti (Ordine dei giornalisti, Comune di Roma, Corte dei Conti, associazioni professionali di ragionieri, periti agrari, consulenti del lavoro, promotori finanziari, vigili urbani)». Secondo il prof. Monti il tetto di 60 crediti riconoscibili, ribadito ora dal ministro, non sarebbe vincolante per i rettori. Spero si sbagli.