Arriverà uno stop ai troppi compiti a casa. Lo
assicura il ministro Fioroni
Tre condizioni per dire addio
allo stakanovismo pedagogico.
di G. Barbiellini Amidei,
Il Corriere della
Sera 22/10/2006
«Voglio mettere in piedi una linea di indirizzo
della scuola che restituisca tempo e creatività ai ragazzi,
consentendo loro di realizzare se stessi anche nelle ore successive
alla fatica in classe». La promessa è antica. Viene dagli anni Venti-
Trenta dell'altro secolo. La formulò in epoca fascista il ministro
Pietro Fedele. La rinnovò, in epoca democristiana, il ministro
Giacinto Bosco: erano gli anni Sessanta dello stesso Novecento. Infine
Letizia Moratti con la sua riforma progettò un contenimento e
soprattutto un coordinamento del carico, affidandolo al «tutor» ora
abolito.
Adesso il problema esplode per il malumore delle famiglie, irritate da
un paradosso: nell'Ocse, siamo il Paese dove si studia più ore in
classe, circa mille l'anno, e si portano più compiti a casa per un
ulteriore studio di 400 ore medie all'anno, fra pomeriggio e sera
durante il periodo scolastico, fine settimane e vacanze estive e
invernali.
Lo stakanovismo pedagogico ottiene un mediocre standard di competenze
degli studenti, fra i più scoraggianti in Europa. Il risultato
peggiore di questo trasloco di apprendimento è il conseguente
inasprirsi delle disuguaglianze sociali fra i giovanissimi. Si legga
una ricerca di Daniele Cecchi, appena pubblicata dal Mulino: genitori
attenti e competenti hanno figli attenti e competenti, ai quali più
facilmente si apre il futuro. Potrei abbreviare concretamente
osservando che nelle case di chi ha libri e lauree è più facile con
l'aiuto dei genitori fare quegli stessi compiti che non trovano
collaboratori in famiglia nelle case dove mamma e papà non hanno avuto
soldi e modo per studiare ieri e per aiutare oggi i figli. La macchina
dell'istruzione chiede ogni giorno di completare dentro le pareti
domestiche lo sforzo cominciato nell'aula: ma è una strada troppo
spesso percorsa in solitudine.
Non credo che Fioroni possa realizzare il suo proposito, se non verrà
ripensato per intero lo strumento del compito, che richiede tre cose:
1) la leggerezza del carico globale dei compiti. Oggi assomiglia per
pesantezza irrazionale agli zainetti amici della scoliosi di massa; 2)
un sistematico coordinamento fra i docenti per evitare contemporanee
richieste di fatica; 3) finalità didattica di ogni compito. Ciò che si
suda a casa deve essere sempre recuperato e ridiscusso in classe. Il
solitario obbligo, controllabile a campione, deve tornare ad essere un
condiviso piacere pedagogico. Limitarsi a pretendere che si siano
fatti i compiti, per sanzionare con una nota sul registro gli
eventuali evasori stanati, stimola soltanto la negativa e un po'
ridicola redazione alternativa degli scritti da parte di non pochi
genitori, che si trasformano per quieto vivere in truffaldini ghost
writer dei figli.
Dice il ministro: abbiamo reintrodotto il tempo pieno e quello
prolungato. Ma viene da notare, Finanziaria avara a parte, che
nell'insieme il modello della scuola, a tempo pieno per le elementari
e a tempo prolungato per le medie, riguarda soltanto il 25% dei
ragazzi italiani. E del resto di frequente anche dopo la scuola
prolungata arrivano lo stesso i compiti. Centrale si impone poi il
tema dell'equilibrio psicofisico: parlatene con un pediatra e con uno
psicologo dell'età evolutiva. Vi diranno che nelle ore lasciate libere
dalla frequenza non si deve di norma chiedere una fatica ulteriore di
più di 10-20 al giorno per un bambino e di più di un'ora per un
ragazzo. L'uso attuale raddoppia le misure