L'allarmante rapporto dell'Ufficio
internazionale
del lavoro sulla disoccupazione giovanile
Cresce l'istruzione ma i ragazzi fino a 25 anni
sono la metà dei disoccupati e sottoccupati
La generazione dei lavoratori poveri.
"Così il mondo spreca le speranze dei giovani".
Tullia Fabiani, la Repubblica del
9/11/2006
Lauree, diplomi e specializzazioni non
mancano. L'istruzione nella maggior parte dei casi c'è, ma è il lavoro
a farsi desiderare, soprattutto quello relativo al titolo acquisito e
al percorso di formazione svolto. Un paradosso che negli ultimi anni
contraddistingue le giovani generazioni e a quanto pare non conosce
limiti geografici: in tutto il mondo, alla fine del 2005, il problema
disoccupazione ha riguardato 85 milioni di ragazzi (il 13,5% sul
totale), mentre altri 300 si sono ritrovati nella categoria dei
"lavoratori poveri", vale a dire tra coloro che vivono con meno di 2
dollari al giorno. Da considerare poi anche quei 20 milioni che
sventolando bandiera bianca hanno ammesso di aver abbandonato
completamente la ricerca: vinti dall'esasperazione hanno rinunciato a
cercare un lavoro e a esaudire le proprie aspirazioni.
A raccontare lo scenario complesso e inquietante della realtà
giovanile globale sono i dati del secondo rapporto dell'Ilo sulla
disoccupazione dei giovani, pubblicato a Ginevra; secondo l'Ufficio
Internazionale del Lavoro, (il cui primo rapporto è del 2004) la
condizione dei ragazzi (tra i 15 e i 24 anni) è in costante
peggioramento, in particolare nell'ultimo decennio.
I numeri.
Fra il 1995 e il 2005 il numero dei giovani disoccupati è salito del
14,8% (da 74 a 85 milioni); rappresentano il 44 per cento dei
disoccupati totali del mondo, mentre la popolazione giovanile in età
lavorativa è pari al 25 per cento. Quasi un disoccupato su due (il
44%) ha ormai meno di 24 anni. E il rischio per un giovane di restare
disoccupato è tre volte maggiore rispetto a un adulto. Dunque, mentre
il numero dei ragazzi cresce in modo vertiginoso (+13,2% nell'ultimo
decennio), l'occupazione giovanile avanza troppo lentamente (+3,8%
nello stesso periodo). Nel mondo, su 657 milioni di giovani in età
lavorativa, il 13,5% non ha un impiego: la situazione peggiore si
registra nei paesi in via di sviluppo, dove la realtà sociale non
permette un facile miglioramento delle proprie condizioni di vita.
"Tutto ciò rappresenta un pericolo per il potenziale sviluppo delle
economie - commenta Juan Somavia, direttore generale dell'Ilo -
significa infatti gettare via il potenziale economico di gran parte
della popolazione, e in modo particolare nei paesi meno preparati a
fronteggiare la situazione".
Il lavoro dignitoso.
Il problema però non è solo creare posti lavoro, ma anche mettere in
condizioni i giovani di dare il loro pieno contributo "come
lavoratori, cittadini e portatori di cambiamento". Insomma mettere a
frutto preparazione e competenze e assicurare tutele. Milioni di
ragazzi infatti sono costretti a fare i conti con contratti a breve
termine o informali, salari bassi, scarsa protezione sociale: cose
molto lontane dagli standard di "lavoro dignitoso e produttivo"
definiti in ambito internazionale.
Il risultato è che anche fra chi lavora, più della metà vive in
condizioni di povertà. "Questa situazione è peggiorata notevolmente
nel tempo - spiega Sara Elder, economista dell'Ilo e redattrice del
rapporto - il livello di sottoccupazione aumenta e riguarda molti
paesi. E anche in Italia, ad esempio, se il dato sulla disoccupazione
è sceso (dal 32,4% del '96 al 26,3% del 2003), il problema delle
retribuzioni basse, che non consentono autonomia e indipendenza,
rimane".
Le conseguenze sono preoccupanti: le difficoltà a trovare un lavoro o
la sottostima personale a causa di una occupazione poco dignitosa - fa
notare il rapporto - provocano nei giovani vulnerabilità; e sensazioni
di inutilità, insicurezza e pigrizia. Senza dimenticare inoltre il
costo economico sulle società, dato dai mancati guadagni e risparmi,
dai costi sociali per il recupero dei giovani in condizione
svantaggiata e dalla riduzione degli investimenti.
Le aree del pianeta.
Chiaramente il quadro è eterogeneo e così le possibili politiche di
sostegno.
A livello di macro aree, il tasso di disoccupazione giovanile più
elevato si registra in Medio Oriente e in Nord Africa, dove raggiunge
il 25,7%: un giovane su quattro non ha lavoro, neppure il meno
dignitoso. Situazione difficile anche nei paesi non Ue dell'Europa
orientale, dove c'è un tasso di disoccupazione giovanile pari al
19,9%. Seguono le realtà dell'Africa sub-sahariana (18,1%),
dell'America Latina e Carabi (16,6%), del Sud-est asiatico e Pacifico
(15,8%), delle economie sviluppate dell'occidente (13,1%), dell'Asia
del sud (10%), dell'estremo oriente (7,8%).
Ancora più difficile è la condizione delle donne, esposte ovunque a un
rischio di licenziamento più alto dei coetanei maschi e alla necessità
di coniugare la vita lavorativa con i doveri familiari. Nell'Africa
sub-sahariana e nel sud-est asiatico la differenza fra ragazzi e
ragazze nel tasso di partecipazione alla forza lavoro è pari al 16%,
ma cresce fino al 29% in Medio Oriente e Nord Africa e al 35%
nell'Asia del sud.
È urgente perciò, secondo il rapporto Ilo, un forte impegno nelle
"strategie sull'occupazione" da attuare in "programmi nazionali mirati
e integrati, sostenuti da aiuti internazionali", ricordando comunque
che il 34% dei giovani in Europa centrale e orientale oltre a non
avere un impiego, non frequenta alcuna scuola. E che in tal caso c'è
una sfida in più.