Che ne sarà della scuola dell'infanzia statale, dopo l'abbandono di ogni ipotesi di generalizzazione?

di Bruno Moretto da ReteScuole del 21/11/2006

 

Ma dove è finito l’obiettivo del programma dell’Unione sulla “generalizzazione” della scuola dell’infanzia?


Nel 1968 fu istituita in Italia la scuola materna statale.

Sono passati quasi 40 anni e ancora il 5,8 % dei bambini in età 3-5 anni non frequenta nessun tipo di scuola.

Le scuole statali coprono il 58 % dei bambini. Il 9 % delle sezioni statali funziona a orario ridotto.

Il 42 % degli altri bambini frequenta scuole religiose, il 23% scuole private.

I bambini che frequentano asili privati sono il 28% del totale.

Tutte le ricerche pedagogiche dimostrano che la frequenza della scuola dell’infanzia
è fondamentale sia per quanto riguarda le prospettive di integrazione sociale che per quanto riguarda le possibilità di successo scolastico.

Non bisogna mai dimenticare che il livello culturale medio del nostro paese è più basso di quello dei paesi più sviluppati. Ad esempio il numero degli analfabeti è ancora consistente, il numero di diplomati nella fascia attiva 25-64 è del 48% contro una media del 67 dei paesi più sviluppati.

In tale situazione il mondo della scuola aveva accolto con molto favore l’idea della generalizzazione della scuola dai 3 ai 6 anni, contenuta nel programma elettorale dell’Unione.

Tale scuola infatti sconta pesanti arretratezze nell’offerta sia in termini di strutture che in termini di qualità.

Le recenti dichiarazioni del Ministro Fioroni e di esponenti della maggioranza che giustificano l’aumento dei finanziamenti alle scuole private (+100 milioni di euro) con il fatto che devono coprire la domanda di scuola materna, testimoniano che continua a essere forte, sia per motivi ideologici e che finanziari, la posizione per cui parte dell’offerta didattica per l'infanzia debba essere affidata affidata a strutture che non hanno in media lo stesso livello di qualità, in numero di insegnanti e alunni per classe delle corrispondenti scuole statali.

Senza considerare il fatto che molti genitori sono obbligati ad iscrivere i figli in scuole di cui non condividono l’impianto educativo. Le scuole private, in particolare religiose sono infatti essenzialmente scuole di tendenza.

Chi aspettava finanziamenti consistenti per estendere la presenza delle scuole dell’infanzia statali, come affermava il programma dell'Unione, è rimasto deluso.

L’unico provvedimento previsto in Finanziaria è lo sviluppo delle sezioni per i bambini dai 2 ai 3 anni.

Nessun nuovo stanziamento è previsto se non l’utilizzo dei fondi già previsti dalla riforma Moratti per gli anticipi.

Tanto è vero che l’ANCI (i Comuni) hanno denunciato il tentativo di scaricare su di loro i costi delle nuove sezioni sperimentali.

Inoltre è esplicitamente prevista la partecipazione alla sperimentazione delle private paritarie, tanto che si può ipotizzare che il provvedimento abbia come fine ultimo quello di aumentare ulteriormente i finanziamenti ai privati, che già sono dotati di sezioni “primavera”. Ad esempio a Bologna le uniche scuole dotate di tali sezioni sono private.

Le scuole statali invece avevano avuto già gravi problemi di spazi per sopportare l’aumento delle iscrizioni dovuto agli anticipi.

Difficilmente saranno in grado di sperimentare il nuovo modello scolastico.

In ogni caso occorre denunciare con forza che risulta totalmente abbandonata ogni ipotesi di generalizzazione della scuola dell’infanzia.