Devolution, riforma in crisi.

da ItaliaOggi del 14/3/2006

 

Decentramento delle funzioni scolastica in alto mare. Senza intesa con il ministero dell'istruzione vanno in stand by le decisioni delle regioni in fatto di programmazione delle reti scolastiche del territorio. Il richiamo alla riflessione sul cambiamento indotto dalla riforma del titolo V della Costituzione, emerso da un'incontro degli insegnanti dell'associazione docenti italiani (Adi), il 24 e 25 febbraio scorso, ripropone la delicata questione del decentramento delle competenze in materia di istruzione. Richiamo che si può confrontare con il caso concreto della regione Toscana, decisa a voler interpretare la riforma alla lettera.

 

Scenario istituzionale in cambiamento

Con la riforma dell'ordinamento costituzionale le regioni hanno capacità di programmare gli interventi in ordine ai servizi, in conformità alla normativa generale sull'istruzione attribuita allo stato. Il motivo per cui il legislatore è intervenuto soprattutto nella modifica dell'art. 117 della Costituzione, come ricorda la Corte costituzionale (sentenza n.13/2004), è da ricondurre all'esigenza di risolvere una situazione frammentaria e disorganica rispetto alle funzioni delegate alle regioni, in quanto lo stato, fino a quel momento, tratteneva per sé tutta la disciplina in materia di amministrazione scolastica. Con l'innovazione introdotta dal nuovo titolo V la gestione dell'istruzione costituisce oggetto di azione concorrente da parte della regione e lascia allo stato la definizione delle norme generali sull'istruzione.

Alla regione, guidata da Claudio Martini, viene dunque riconosciuto un potere di programmazione della rete scolastica, cioè di pianificare ex ante misure e interventi atti a soddisfare ex post le istanze formative del proprio territorio. Competenza conferitale già dall'art. 138 del decreto legislativo n. 112/1998, che però non riconosceva niente che interessasse gli aspetti finanziari e la distribuzione organica fra le scuole. Potere che la riforma costituzionale passa dall'ufficio scolastico regionale (usr) del miur alle regioni, a condizione, precisa la Corte Costituzionale, che queste emanino una legge ad hoc e predispongano un apparato in grado di garantire i livelli di istruzione erogati fino a quel momento.

 

Il piano della Toscana

Ma come si muove la regione una volta che si è data una legge e un apparato organizzativo, soprattutto se programma un aumento di risorse umane e finanziarie in risposta all'eventuale incremento di domanda di istruzione sul proprio territorio? Deve in ogni caso rivolgersi allo stato e dunque ancora una volta all'ufficio scolastico regionale della Toscana, varata la legge regionale n. 5/2005, che ha emendato e integrato la precedente legge n. 32/2002, acquisito un aumento del 4,7% del trend di crescita del numero di iscrizioni nelle proprie scuole, la giunta delibera il piano di programmazione della rete scolastica regionale per l'anno scolastico 2006/2007, pianificando l'apertura di 12 nuovi istituti comprensivi e di nuove sezioni dalla scuola dell'infanzia alle secondarie. ´Ci siamo dati una legge', fanno sapere dall'assessorato all'istruzione toscano, conformemente alle indicazioni della Corte costituzionale; abbiamo deliberato il piano di programmazione come previsto e l'abbiamo inviato all'ufficio scolastico regionale'. Se l'uffico scolastico regionale, in quanto diretta emanazione del ministero dell'istruzione sul territorio, continuerà a giocare un ruolo centrale nell'amministrazione regionale della scuola, ancora non lo sappiamo, ma quel che è certo è che al momento resta l'interlocutore privilegiato della regione. Regione che ancora aspetta dal miur la definizione di un'intesa che serva a mediare fra interessi di gestione locali e nazionali dell'istruzione.