Università in agitazione per gli ultimi
decreti ministeriali sulle classi di laurea.
Il ministero: "I provvedimenti vanno a vantaggio degli studenti"
Crediti uguali in tutti gli atenei
i rettori: ricorriamo al Tar.
Settimane decisive: si attende la
decisione della Corte dei Conti
Massimiliano Papasso,
la Repubblica del 6/3/2006
Dopo l'opposizione alla riforma dello
status giuridico dei docenti e le critiche ai criteri di ripartizione
delle risorse alle università, un nuovo e importante capitolo si va ad
aggiungere allo scontro tra governo ed atenei italiani. Questa volta a
far infuriare rettori, presidi e docenti ci sono gli ultimi decreti
ministeriali sulle nuove classi di laurea, approvati in via definitiva
dalla Camera nella scorsa settimana e che adesso sono in attesa del
giudizio della Corte dei Conti per essere firmati dal ministro Letizia
Moratti e diventare operativi.
In particolare sono due i punti dei nuovi decreti a non andar giù agli
atenei italiani: il nuovo sistema di riconoscimento e attribuzione dei
crediti agli studenti per ogni singolo esame e l'attuazione della
riforma "ad Y" già dal prossimo anno accademico. Uno scontro che si
preannuncia più infuocato che mai, visto che se dovesse arrivare il
nulla osta da parte della Corte dei Conti, le Università italiane
hanno già in mente di presentare ricorso immediato al Tar per
scongiurare quello che hanno già definito "un nuovo attacco
all'autonomia degli atenei".
La guerra dei crediti.
Gran parte dello scontro tra ministero e università si gioca proprio
sul terreno dei crediti universitari. I nuovi decreti, infatti,
obbligano gli atenei a riconoscere come vincolanti quei crediti
acquisiti dallo studente nei casi di cambio o trasferimento da
università diverse. In pratica, ogni ragazzo non potrà più essere
privato dei risultati - seppur intermedi - conseguiti all'interno del
proprio percorso di studi. Da Milano a Roma, come da Enna a Trento, i
crediti degli studenti avranno lo stesso peso specifico e alle
università non rimarrà che riconoscerli, a patto che si rimanga nel
recinto (in verità abbastanza ampio) della classe di laurea di
partenza. Il nuovo sistema va a modificare quanto introdotto nel 1999
dalla riforma Berlinguer-Zecchino, secondo cui ogni singolo credito
doveva essere valutato a approvato dai consigli di facoltà. I nuovi
decreti inoltre introducono l'attribuzione di un "valore minimo" per
ogni singolo esame (sei) e un tetto di otto prove all'anno. In
sostanza le facoltà non potranno più prevedere nei propri piani di
studi degli esami che garantiscono agli studenti pochi crediti.
Attacco all'autonomia.
Se per l'opposizione "con questo decreto si vuole introdurre una sorta
di valore legale per ciascun esame universitario, introducendo così un
appiattimento qualitativo degli studi e dei titoli conseguiti", per i
rettori il pericolo più immediato è quello di mettere a rischio
l'autonomia degli atenei. "Le novità introdotte dal governo pongono un
serio limite all'autonomia del nostro sistema universitario - spiega
Guido Fabiani, rettore di Roma Tre e membro del comitato di presidenza
della Crui -. Gli atenei hanno il diritto e il dovere di intervenire
sulla qualità dei crediti acquisiti dagli studenti all'interno di
un'altra esperienza di studio. Obbligando le università a
riconoscerli, oltre a fare un passo indietro sul tema della
valutazione tanto sbandierato da questo governo, si vuole dare una
mano anche a quegli atenei privati nati negli ultimi anni". Non è
fantascienza infatti prevedere che da molte dalle università sbocciate
sotto l'ala protettrice della Moratti ci possa essere presto una
migrazione di massa di studenti verso atenei più prestigiosi. Insomma
l'ipotesi che si potrebbe avverare è che uno studente ottenga 2/3
della laurea in un ateneo "di serie B" e poi si trasferisca in una
grande struttura per dare un valore aggiunto alla sua laurea.
"Opponendoci a questa riforma - conclude Fabiani - vogliamo tutelare
gli stessi studenti e la qualità del loro titolo di studio. Non ci può
essere riconoscimento senza una attenta verifica della qualità del
lavoro svolto".
L'incognita dei percorsi "ad Y".
Oltre al sistema dei crediti, la partita tra governo e atenei si gioca
anche sui tempi di attuazione della riforma "ad Y", che dovrebbe
mandare in pensione il sistema del "3+2". Il nuovo percorso di studi
prevede la possibilità da parte degli studenti - dopo un primo anno
propedeutico e comune a tutti - di scegliere se conquistare una laurea
triennale per provare ad entrare subito nel mondo del lavoro, oppure
continuare a studiare per altri quattro. Se il meccanismo della
riforma era chiaro già da tempo a molte università, i nuovi decreti
approvati mercoledì scorso hanno accelerato i tempi di attuazione,
prevedendo la partenza dei nuovi corsi già dal prossimo anno
accademico e in ogni caso non oltre il 2007/2008. Una previsione
secondo i rettori "azzardata" visto che l'offerta formativa degli
atenei è stata già preparata secondo il vecchio ordinamento e non ci
sarebbe più spazio per pensare ad una loro modifica. Anche perché
proprio oggi partono le preiscrizioni degli studenti dell'ultimo anno
delle scuole superiori.
"Più potere agli studenti".
Ma se i nuovi decreti non sembrano andar giù a rettori e docenti,
l'ennesima rivoluzione del sistema universitario italiano sarà accolto
con grande soddisfazione dagli studenti, almeno secondo il
sottosegretario del Miur Maria Grazia Siliquini, che più di tutti si è
battuta per l'attuazione della riforma. "Sono molto soddisfatta - ha
spiegato la senatrice di Alleanza Nazionale dopo l'ultimo via libera
del Parlamento - perché siamo riusciti ad accogliere le osservazioni
del Cun e dei giovani del Consiglio Nazionale degli Studenti
Universitari. Con questi decreti abbiamo voluto favorire la mobilità
dei giovani tra corsi di laurea simili e tra atenei diversi. Sempre
per il bene degli studenti, abbiamo voluto evitare un numero eccessivo
di esami e la frammentazione dei crediti formativi assegnati ai vari
insegnamenti, che ha contribuito alla parcellizzazione degli stessi,
allo scadimento complessivo della qualità nella formazione nonché alla
degenerazione di diverse facoltà, trasformatesi in semplici
esamifici".