Il cardinale deve correggere. La Cei incassa.
Retromarcia sull’ora di Corano.
di Fulvio Fania da
Liberazione dell'11/3/2006
Retromarcia. La Cei non ci sta, il Vaticano
nemmeno. Ore tempestose nei sacri palazzi. L’insegnamento della
religione islamica nella scuola non va giù alle gerarchie e il
cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio
Giustizia e pace, che aveva detto sì, è costretto a “precisare” le
proprie dichiarazioni ai microfoni di Radiovaticana. La correzione di
rotta riguarda l’ora di Corano ma ancor più i temi caldi della
cosiddetta reciprocità con i paesi musulmani e del cristianesimo
inteso come carattere identitario della «cultura occidentale».
Martino aveva risposto «perché no?» a chi gli domandava se avessero
ragione i musulmani che rivendicano l’insegnamento islamico al pari di
quello cattolico. E’ stata bufera: per il resto della giornata il
cardinale ha rinviato interviste e commenti. Alla fine ha utilizzato
l’emittente pontificia per calmare le acque. Erano troppi i fronti
aperti: il privilegio concordatario, il fatto che altre confessioni
non hanno mai richiesto propri spazi, l’assenza di intese tra lo Stato
italiano e le comunità islamiche e sopratutto il timore che
moltiplicando le ore confessionali alla fine abbiano la meglio coloro
che propongono di sostituirle tutte con un corso di storia delle
religioni sottratto a vescovi o iman. Inoltre il cardinale rischiava
di compromettere il leiv motiv della “identità” cristiana, parificando
l’Irc (insegnamento cattolico) ad altri di possibile introduzione e
mandando così in fumo, sia pure involontariamente, tutti i discorsi
sulle motivazioni culturali del prof di cattolicesimo nel contesto dei
programmi scolastici rivolti ad alunni di ogni credo.
Il cardinale corregge dunque il tiro sulla propria «disponibilità»
verso l’ora di Corano. «E’ una questione complessa - afferma - che
necessita di molti passaggi e considerazioni» e va considerata «con
prudenza». Martino deve ridimensionare un’altra affermazione
importante. Aveva infatti sottolineato che la libertà religiosa è un
diritto dell’uomo e quindi non «possiamo metterci sullo stesso piano»
di chi la nega. Ora invece il cardinale spiega che, proprio in quanto
diritto essenziale, essa non può che implicare la «reciprocità» di
condizioni nei rapporti con i paesi dove i cristiani «quando non sono
perseguitati, vengono emarginati». Bisogna anzi «reclamare di più la
reciprocità» mentre i musulmani dovrebbero dimostrarla anche in
Italia. Addirittura. E come? «Rispettando e valorizzando il
cristianesimo e i valori ad esso ispirati che hanno dato forma alla
cultura del mondo occidentale». E così il discorso torna,
pesantissimo, sulla pretesa della identità cristiana. Le proteste dei
Marcello Pera hanno trovato orecchie sensibili.
Il sollievo della Cei viene espresso immediatamente, su Radiovaticana,
dal responsabile per l’insegnamento cattolico nella scuola Giosuè
Tosoni. Non usa giri di parole ed è certo inusuale: il monsignore sta
parlando di un alto porporato di Curia, sa però di parlare a nome dei
vertici Cei. «Il primo intervento del cardinale - osserva - poteva
suscitare tanti interrogativi e perplessità. Il tema va assolutamente
precisato, altrimenti si equivoca sul carattere dell’ora di religione
cattolica». La tesi è che non si possono mettere sullo stesso piano,
in Italia, islamismo e cattolicesimo. Sempre per via dell’incidenza
cattolica sulla “identità” nostrana. L’insegnante scelto dal vescovo
sarebbe comunque rivolto a tutti, «non solo ai cattolici».