Quale ora di religione? Manuela Trinci, da l'Unità del 2/3/2006
Resiste a tutte le intemperie l’ora di religione a scuola. Resiste, dal concordato ad oggi, alle materne elementari medie e «superiori», ancorata all’obbligatorietà delle leggi del Fascio e alle intransigenze delle rivisitazioni morattiane. Anche l’ex ministro Berlinguer, in un’intervista a Famiglia Cristiana, confessò di non sapere bene che cosa si insegnasse nell’ora di religione. Di sicuro, è un insegnamento «impartito nella conformità della Chiesa» i cui risultati si mostrano sui «quadernoni»: ora con le retoriche impennate natalizie e pasquali, ora con i momenti d’inerzia, ora nell’impegno di tanti insegnanti che invece ce la mettono tutta a spiegare, per esempio, chi era Gesù per gli Ebrei, o Buddha o Maometto o, ancora, a formulare ipotesi sulla creazione del mondo che non si fermano ad Adamo e Eva. D’altra parte non sembrano in molti a preoccuparsi di che cosa possano immagazzinare le giovani menti alle prese con gli avvenimenti di intolleranza religiosa che ogni giorno scorrono sotto gli occhi di tutti: in maniera violenta, drammatica, arrogante. Dall’attentato alla cupola d’oro di Samarra, alle spregevoli vignette che spuntano dalla maglietta del ministro Calderoli, alla condanna emessa dalla chiesa modello Ratzinger nei confronti di Don Stinghi (reo di aver ripreso, durante la sua messa, parole pronunciate dal Profeta Maometto), anche i ragazzi respirano un clima bellicoso, pericolosamente lontano dal tempo in cui Papa Woytjla - chiedendo scusa all’intero popolo ebraico per il gravissimo errore storico che asseriva Cristo ucciso dagli Ebrei anziché dai romani - forniva ai suoi papa boys una lezione di fiera e autentica lotta al pregiudizio. Lecita dunque la preoccupazione di molti genitori che si chiedono oggi quale «alfabeto religioso» la scuola fornisca ai loro figli e come possa, la scuola, fare democraticamente fronte al crescendo di ragazzini che professano fedi religiose diverse dalla religione di stato. Eppure le richieste di «esonero» rimangono rare (7%), e per lo più sono gli scolari stessi a non gradire questa presa di posizione della famiglia in contrasto con la tendenza al conformismo tipica degli under quattordici: non è facile, infatti, assumere un ruolo autonomo rispetto al gruppo, esprimendo una differenza ideologica senza poi essere supportati da criteri d’insegnamento adeguati. Che cos’è l’antisemitismo? di Lia Levi (ed. Piemme), è in tal senso un libro utile, anzi bello, anzi «per tutti» come osserva, nella sua prefazione, il rabbino ElioToaf. |