Ma prima bisogna stabilire quale Corano insegnare. Magdi Allam, Il Corriere della Sera del 10/3/2006
Quale islam si insegnerebbe nelle scuole italiane? A chi verrebbe affidata la gestione di questi corsi? L’obiettivo è la conoscenza di una religione o l’affermazione di una «identità islamica» distinta dalla «identità italiana»? Se non si chiariscono questi concetti di fondo risulta arduo condividere il convincimento del cardinale Martino secondo cui «tutte le religioni sono di pace», nonché il suo ottimismo sul «dialogo e la libertà religiosa» quali strumenti per «evitare il fondamentalismo». Chiariamo subito che l’islam è intrinsecamente e storicamente una realtà che si coniuga al plurale. Dalla morte del profeta Mohammad (Maometto) nel 632, ben tre dei suoi primi quattro successori, i cosiddetti «califfi ben guidati», furono assassinati (Omar nel 644, Othman nel 656, Ali nel 661) da musulmani che si opponevano al loro potere religioso e politico. Pensate che attorno all’anno Mille c’erano ben tre califfi che si contendevano la leadership dell’islam: a Bagdad il califfo abasside Al Qahir (932-934); a Cordova il califfo omayyade Abd ar-Rahman III (912-961); al Cairo il califfo fatimide Al Mu’izz (952-975). A tutt’oggi i governanti del Marocco, della Giordania e dell’Iran islamico si attribuiscono un titolo e un potere religioso sulla base di una asserita discendenza dal profeta. Pur rappresentando degli islam diversi sul piano comunitario religioso, giuridico, cultuale, ideologico, culturale. La ragione della pluralità è semplice: l’islam è una religione che si fonda sul rapporto diretto tra il fedele e Dio, non ha il sacerdote che funge da intermediario, non ha un clero che gestisce il culto, soprattutto non ha, non ha mai avuto né potrà mai avere un papa che incarnando i dogmi della fede assurge a unico capo spirituale e giuridico. Quindi l’Italia è chiamata a scegliere: vogliamo l’islam laico della Tunisia, l’islam mistico delle confraternite sufi, l’islam radicale dei wahhabiti sauditi, l’islam fascista dei Fratelli Musulmani, l’islam nazista di Ahmadinejad o l’islam terrorista di Bin Laden? Oppure ancora: vogliamo dar vita a un «islam italiano» che sia pienamente compatibile con le nostre leggi e i valori fondanti dell’identità nazionale italiana? C’è un problema. È che l’Italia non è più allo stato verginale: la gran parte delle moschee sono già nelle mani dei Fratelli Musulmani, che mirano a egemonizzare il potere religioso e politico strumentalizzando la democrazia, e dei jihadisti, i combattenti della «guerra santa» contro gli ebrei, i cristiani e gli occidentali. Sono stati proprio i seguaci dei Fratelli Musulmani ad avanzare martedì scorso la richiesta dell’insegnamento dell’islam nella scuola pubblica. All’interno di un pacchetto di rivendicazioni che, partendo dal censimento dei musulmani fino alla costituzione di banche islamiche, prefigura la volontà di dar vita a una «entità islamica» in seno allo Stato italiano. Ecco perché mi preoccupa che, quarantotto ore dopo, il cardinale Martino sembra avvallare la richiesta dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia). Forse sarebbe il caso che leggesse attentamente l’edizione italiana del Corano a cura dell’Ucoii. I commenti sono un cumulo di ingiurie e di condanne di miscredenza nei confronti dei cristiani, degli ebrei, degli occidentali e dei musulmani che non si sottomettono al loro arbitrio. Non oso neppure immaginare che questa edizione del Corano, profanata da un’interpretazione ideologica piena di odio e di violenza, ahimè diffusa tra le nostre moschee, possa diventare il testo d’insegnamento dell’islam nelle nostre scuole. Così come provo rabbia e orrore all’idea che ai militanti islamici dell’Ucoii, che legittimano il terrorismo di Hamas e negano il diritto di Israele all’esistenza, possa essere affidata la gestione dell’islam in Italia. Caro cardinale Martino, ciò che manca in Italia non è la libertà religiosa bensì l’integrazione. Il caso dei musulmani, che sono al 98 per cento stranieri, è radicalmente diverso dai cattolici e dagli ebrei che sono da sempre italiani. Prima di pensare al Corano nelle scuole preoccupiamoci di affermare e far rispettare l’identità nazionale italiana, che significa lingua, cultura e valori condivisi. Questa è la sfida che ci attende: realizzare un’autentica integrazione per non fare la fine della Gran Bretagna dove, all’insegna del laisser-faire multiculturalista, l’88% dei musulmani con cittadinanza britannica disprezza l’«identità britannica» e il 40% vorrebbe imporre la sharia , la legge islamica. |