Vincenzo Brancatisano

Lo stipendio degli insegnanti.

Pizze capricciose e Miserabili sottaceto.

da vincenzobrancatisano.it, 3/3/2006

 

Parole, parole, parole. Quante parole, quanti convegni, quanto inchiostro. Quante energie retribuite a peso d’oro si sprecano per redigere documenti che non servono a raggiungere l’obiettivo che ci si prefigge. Prendiamo il caso degli stipendi degli insegnanti. E’ un tema che ricorre spesso. Da qualche tempo ci si è accorti che i docenti italiani rappresentano il nuovo ceto sociale di miserabili. In mezzo a loro, invisibili, si muove il nuovo ceto sociale per il quale si lancia, qui e ora, il neologismo di “Miserabali sottaceto”, intendendo per tali quelli facenti parte del sotto-ceto degli insegnanti precari storici di lungo corso. Coloro che pur avendo maturato decenni consecutivi di servizio percepiscono lo stipendio di prima nomina e che rischiano di andare in pensione senza essere riusciti a ricostruire la propria carriera.

Gli stipendi, si diceva. Molti si sono accorti negli ultimi tempi che con poco più di due milioni al mese per nove-dieci mesi all’anno è difficile andare avanti. La situazione tragica dura da un bel po’, ma cosa si è fatto nel frattempo? Parole, parole parole. Parole definite “lavoro”.  Il presente “lavoro” – spiegava anni orsono il ministero dell’Istruzione, alludendo a un documento molto prezioso – “contiene un’analisi sulla dinamica delle retribuzioni degli insegnanti, sviluppata secondo due diverse chiavi di lettura.

Nella prima parte si esamina l’evoluzione delle retribuzioni contrattuali negli anni 1993-2001. Nella seconda si effettua una comparazione …”. Parole-parole-parole.   “Nello stesso periodo – si legge nell’altrettanto prezioso documento integrale del medesimo dicastero, “i prezzi al consumo hanno registrato un aumento complessivo del 26%. Questo significa che gli incrementi salariali, attribuiti nei diversi anni, sono riusciti nell’insieme a salvaguardare il potere d’acquisto delle retribuzioni, in modo pieno nel caso delle retribuzioni d’ingresso e di metà carriera, non altrettanto nel caso delle retribuzioni di fine carriera”. Insomma, i prezzi sono aumentati in questi anni, il costo della vita pure, ma i salari degli insegnanti sono aumentati in misura più che proporzionale, specie quelli dei docenti d’inizio carriera, magari meglio se precari con nonni a carico.

Parole-parole-parole. Di fronte a queste verità sacrosante, a questi Incantesimi (tocca ancora una volta ispirarsi a Beppe Grillo), a queste prese per i fondelli, come ha reagito la cosiddetta società civile? Con parole-parole-parole, con fiumi d’inchiostro, con scoop dell’ultim’ora. Dire tanto e non concludere nulla è uno sport molto praticato nel nostro paese. Ma perché a nessuno viene in mente di fare la cosa più ovvia? E se ci pensassimo noi a fare una cosa banalissima e dunque qualunquista e perciò efficace?

Prendiamo un cedolino di qualche anno fa (magari finito in lavatrice) di un docente precario delle scuole superiori, con 18 ore settimanali. Poi prendiamo un cedolino recente di un docente precario delle scuole superiori, con 18 ore settimanali (scusate ma talvolta repetita iuvant). L’impresa non sarebbe poi molto difficile, sarebbe quasi come confrontare le ricevute fiscale delle due pizze capricciose mangiate a cavallo dell’ingresso dell’euro, quella addentata prima e quella maldigerita dopo la cura voluta dalla comunità politica europea, e sbatterle sul muso dello stesso ristoratore e dirgli che è un ladro.

Ladro. Ecco, “ladro” non è una parola-parola-parola, “ladro” è un fatto concreto, è addirittura una persona in carne e ossa che sottrae il patrimonio a un’altra persona (illegittimamente, visto che esisterebbe un Patto Sociale firmato nel luglio del 1993, chi se lo ricorda?) e deve far parte di un fenomeno diffuso se è vero che si racconta che negli ultimi cinque anni buona parte della ricchezza nazionale s’è spostata da alcune fasce sociali a favore di altre, producendo un aumento non solo devastante ma pure antieconomico della povertà.

Sarebbe un’impresa facile, dicevamo, a patto che siano state conservate le ricevute. L’evenienza è improbabile e allora non rimane che confidare nell’Istat e nei suoi dati tranquillizzanti: il prezzo di quella pizza è cesciuto solo del 2,1 per cento, l’Incantesimo è servito, il sonno è garantito. Ma cosa succederebbe se venissero in sogno i due summenzionati cedolini?

Proviamo a immaginare:

Ecco il cedolino di marzo 1996 in lire (1.985.000)

 

Ecco il cedolino di giugno 2005 in euro. (E’ difficile reperirne uno successivo a questa data che non sia stato rimaneggiato, modificato, aumentato, integrato da arretrati, conguagli, una tantum).

 

Domanda rivolta a studiosi, congressisti, sindacalisti, filosofi e preti, alla luce del sopra-neanche-tanto-immaginato sogno: di quanto è aumentato lo stipendio di un insegnante diplomato-laureato-abilitato negli ultimi dieci anni? Quante pizze capricciose poteva comprare nel 1996 col suo stipendio e quante ne compra oggi?