Ha 36 anni d'insegnamento alle spalle, ha girato tutte le scuole della provincia,
come supplente. E l'anno prossimo smetterà di lavorare

"Andrò in pensione da precaria"

Anna, una vita in attesa del ruolo.

Salvo Intravaia, la Repubblica del 20/3/2006

 

"Una vita da precario", parafrasando una famosa canzone di Ligabue. Lo scorso mese di agosto, era al Centro servizi amministrativi di Palermo (l'ex Provveditorato agli studi) in attesa dell'ennesimo incarico da supplente: la manna per i precari della scuola di tutta Italia. Uno stipendio fisso per 9 o 12 mesi e la speranza che prima o poi arrivi anche l'immissione in ruolo. Ma per Anna Maria Conte la speranza è definitivamente accantonata perché nella scuola si può andare in pensione anche da supplente.

Tra i tanti giovani e meno giovani (l'età degli assunti sfiora i 40 anni) si notava subito. Non era più una ragazzina e sulle sue spalle era evidente tutto il peso del precariato. In quella mattina di sei mesi fa, quando è stata chiamata per l'assegnazione della sede ha esclamato, con un misto di tristezza e soddisfazione: "È l'ultima sede che scelgo!". Perché? La domanda era d'obbligo. "Semplice, andrò in pensione da precaria", rispose senza scandalizzarsi più di tanto. Tutta la rabbia, le sofferenze, le difficoltà e la meraviglia di un precariato cronico erano per fortuna ormai state superate. Il meritato riposo era a portata di mano. E lo scorso 10 gennaio Anna Maria, insegnante di Educazione artistica alla scuola media, ha presentato domanda di pensionamento e dal prossimo primo settembre potrà rimanersene a casa.

Tra i 20 mila docenti italiani che il prossimo primo settembre andranno in pensione, quella di Anna Maria è davvero una storia particolare. Fino a qualche anno fa, sembrava una leggenda metropolitana che ci fossero docenti della scuola che andavano in pensione senza essere mai stati di ruolo neppure un giorno. Una storia "messa in giro" da chi voleva mettere in cattiva luce l'attuale politica di tagli agli organici del personale docente. Quella leggenda ha, adesso, un nome, un cognome e, soprattutto, una storia fatta di ansie, incertezze e instabilità.

La prof dell'Istituto comprensivo (di materna, elementare e media) Guttuso di Palermo ha 59 anni. La sua storia inizia nel lontano anno scolastico 1969/70, quando accetta la sua prima supplenza: Educazione artistica alla scuola media. Era giovanissima. Aveva 24 anni e non avrebbe "mai creduto che sarebbe andata a finire così". Si era laureata a Magistero e aveva tante aspettative. "Insegno da sempre - dice -, a 16 anni impartivo già lezioni private ad alcuni ragazzini della scuola media". Due anni dopo, nell'autunno del '71, arriva la grande occasione: gli offrono la nomina in ruolo. Ma è costretta a rinunciare perché aveva da poco partorito due gemelle e la sede, la scuola media di Prizzi, era troppo lontana. Ma, soprattutto, la morte di un figlio l'aveva letteralmente distrutta. Credeva che ci sarebbero state altre occasioni, perché era combattiva e non smetteva di studiare.

Nel frattempo, continuava a fare la supplente. Lunghissimo l'elenco dei paesi della provincia di Palermo dove ha insegnato: in montagna, in collina, in pianura. Dopo alcuni anni, finalmente, Palermo. "A Palermo ho girato decine di scuole. Ogni anno sempre colleghi e alunni nuovi". Nel 1984 supera il concorso a cattedre. Non è fra i vincitori di concorso, ma "confida in una rapida sistemazione". Macché. Quando viene bandito il concorso successivo, nel 1987, le graduatorie dei precedenti concorsi vengono azzerate e occorre ricominciare daccapo. Non ci sta e negli anni '90 scrive una lettera all'allora ministro della Pubblica istruzione, Rosa Russo Jervolino. Ma non riceve nessuna risposta. Per non restare fuori dal giro pensa anche di specializzarsi nell'insegnamento agli alunni portatori di handicap. Si iscrive, a 55 anni, alla Sissis e si specializza.

È "da sempre" nelle graduatorie dei precari, da dove vengono reclutati metà degli immessi in ruolo. Ma, nonostante ogni anno venga nominata (e aggiunge 12 punti) la sua posizione peggiora. "Questo meccanismo non l'ho mai capito. Il mio punteggio aumentava, ma in graduatoria scendevo di qualche posto. Ho sempre avuto dei dubbi i proposito", confessa. La vita in 36 anni di precariato, per lei, non è stata facile. Si ritrova da sola ad accudire le figlie e la vita della supplente non è il massimo. "La precarietà del supplente è terribile. C'era sempre la paura di non potere mettere un piatto in tavola". Già, perché Anna Maria, per trent'anni ha ricevuto incarichi fino al 30 giugno. Luglio, agosto e parte di settembre occorreva stringere cinghia.

Mai uno scatto, un aumento di stipendio per gli anni di servizio alle dipendenze dello stato: ogni anno, veniva assunta con anzianità zero. "Mi sono sempre affidata alla provvidenza divina", dice, e ammette: "Tre anni fa, per la prima volta, ho preso un incarico fino al 31 agosto. Ero così emozionata che, uscita dal Provveditorato, mi sono dovuta sedere, e ho pianto per la gioia".

Ma, lei, cosa ne pensa dell'attuale gestione del precariato nella scuola? "È assurdo che dopo tutti questi anni di supplenza si rimanga precario. Occorrerebbe garantire il ruolo almeno a chi ha 20 anni di insegnamento". Cinque anni fa, arriva il governo Berlusconi. Tagli agli organici, riforma Moratti e assunzioni col contagocce. "Nel 2001 ho perso le speranze e ho cominciato a pensare che sarei andata in pensione da precaria". È stanca, andrà in pensione senza avere avuto la possibilità di riscattare gli anni di servizio prestati alle dipendenze dello Stato. "La mia pensione? Seicento euro, o giù di lì".