Un po’ di Berlinguer e un minimo di Moratti.

Gaspare Barbiellini Amidei, Il Corriere della Sera del 9/3/2006

 

La politica per la scuola non vivrà una rivoluzione e neppure una completa cancellazione, se ad aprile cambierà la maggioranza. A leggere le pagine del programma dell'Ulivo dedicate a istruzione e formazione si ritrovano non poco Berlinguer, alcune novità e qualcosa della Moratti. Colpisce l'implicita esortazione a evitare la slavina della licealizzazione onnivora, provocata in definitiva da una mancata realizzazione regionale di parti prefigurate dalla riforma. In controriforma, si annuncia la creazione di un biennio uguale per tutti dai 14 ai 16 anni. Fatto come? «In stretta interrelazione - spiega il documento - con la scuola media da un lato e con valenza orientativa rispetto ai percorsi successivi». Qui scattano gli interrogativi e i dissensi di chi teme un semplice slittamento anagrafico della divisione dei ragazzi italiani in due percorsi, uno di serie A con i licei e uno di serie B con l'istruzione e formazione professionale. Risponde il programma dell'Ulivo che il biennio sarà «impostato su metodologie didattiche rispettose delle diverse forme di intelligenza e dei diversi stili di apprendimento». Si vuole evitare quella che viene definita la «canalizzazione precoce» prevista dalla Moratti (che era fissata a 14 anni).

Tema centrale resta la pari dignità dei due percorsi, senza la quale avvengono l'affollamento dei licei e la diminuzione degli iscritti negli istituti tecnici. Lo stallo attuale segnala la sfiducia sulla realizzazione di questa promessa. Nel dibattito a sinistra, nei documenti di vari comitati scuola locali, e in prese di posizione di esperti, comunque al di fuori del centrodestra, si coglie il timore di una scuola sbilanciata fra i due percorsi. La responsabile scuola della Margherita, Fiorella Farinelli, sulla rivista Nuova secondaria , si mostra dubbiosa che un biennio unitario obbligatorio possa risolvere il problema degli abbandoni. Si chiede perché «ignorare le esperienze della scuola della seconda opportunità, le migliori realtà dell'istruzione e formazione professionale». E cita sia Trento, dove si porta a un diploma o a una qualifica il 92% dei ragazzi, sia i bienni integrati tra scuola e formazione professionale, attivati in diverse realtà regionali, a partire dall'Emilia Romagna.

Altri esperti temono che la ripresa del biennio scolastico obbligatorio fino a 16 anni sia una soluzione rigida e in controtendenza rispetto al dibattito internazionale: si ricorda come la Spagna dal dicembre 2002 abbia una legge che abbassa la scelta a 14 anni e come decisioni analoghe stiano intervenendo sia in Francia sia nel Regno Unito.

Biennio unico e obbligatorio a parte, al di là della disputa (spero) nominalistica sulla definizione del percorso successivo, mutata da «istruzione e formazione professionale» in semplice «formazione professionale» (come è scritto nel programma), a me pare che nelle folte pagine, fra entusiasmi e affermazioni di principio, circoli la condivisibile idea che sono definitivamente archiviati i tempi di una formazione professionale solo addestrativa ed esecutiva, senza scienza e cultura. Questa era la premessa dei teorici che ispirarono la riforma Moratti. Dalla teoria dei programmi alla pratica, il passo resta per tutti lungo. Una piccola cosa pratica è apprezzabile, a pagina 10, punto «g»: la reintroduzione dei commissari esterni nell'esame di Stato. Un minimo di rigore nell'ex maturità sa di meritocrazia. Venga da sinistra o da destra, poco conta: è benvenuta. Nella speranza però che si arrivi in tempi non biblici a verifiche periodiche esterne degli apprendimenti durante i singoli percorsi e a una valutazione nazionale esterna durante le prove finali dell'esame di Stato.