Bonino:

fede, un fatto privato

via le religioni dalle scuole.

Maria Stella Conte, la Repubblica del 10/3/2006

 

Emma Bonino, la posizione del cardinale Martino ha l'aria di essere una mano tesa all'Islam, eppure ha ricevuto scarsi consensi un po' da tutte le parti. Persino Mario Scialoja, rappresentante in Italia della Lega Musulmana, ha dichiarato che nelle scuole pubbliche sarebbe più opportuno insegnare "storia delle religioni" piuttosto che "religione".

 

Lei cosa ne pensa?

"Penso che nelle scuole pubbliche andrebbero impedite le lezioni di ogni fede. La questione non è se insegnare la religione islamica, ma di non insegnare neanche quella cattolica. Mi spiego meglio: la formazione religiosa in termini cattolici può essere solo catechesi, cioè insegnamento morale, spirituale. Dunque la facciano i cattolici nelle parrocchie a spese dei fedeli, e i musulmani nelle moschee, e gli ebrei nelle sinagoghe. Come negli Usa, del resto, dove lo Stato non favorisce né ostacola alcuna forma religiosa eppure nessuna forma religiosa viene insegnata a scuola".

 

Lei sarebbe favorevole nel sostituire con un'ora di "storia delle religioni" l'ora di "religione"?

"Certo, è esattamente quello che sosteniamo da sempre nella nostra battaglia per abolire il Concordato. Il punto è che più andiamo avanti, più è evidente che solo la laicità più rigorosa può garantire la convivenza e il rispetto profondo delle libertà religiose, non la lottizzazione del vangelo, del corano, del buddismo...".

 

Se la dichiarazione del cardinal Martino non è un'apertura, secondo lei cos'è?

"Direi che è una politica: un modo politico di concepire l'integrazione e la religione che viene intesa come affare di Stato; loro dicono: poiché siamo tanto aperti e disponibili, allora permettiamo che il Corano venga insegnato nelle nostre scuole. Mentre la questione è un'altra: è che la religione, qualsiasi religione, deve tornare ad essere un fatto privato. La legge deve garantire la convivenza dei diversi e non può essere uno strumento di imposizione né della morale, né di un primato religioso".

 

Insegnare il Corano a scuola non potrebbe favorire l'integrazione?

"No. Tutt'altro. Prefigura invece una situazione-paradosso nella quale, andando avanti così, nella scuola pubblica si finirebbe per insegnare il Vangelo, poi il Corano, poi il buddismo, poi l'induismo... Questa non è integrazione, perché non si integrano le comunità ma gli individui con i loro diritti, i loro doveri. Ci deve essere una separazione tra la vita pubblica e quella privata di tutti i cittadini; e la religione è un fatto privato".

 

C'è chi si oppone al cardinal Martino protestando che nei paesei arabi non c'è la stessa apertura verso i cattolici: discussioni come quelle che stiamo facendo, lì non sarebbero neppure ipotizzabili.

"Certamente esistono paesi arabi di stampo autoritario; paesi che non possono essere definiti né democratici né aperti. Ma questo non deve impedirci di continuare un nostro processo evolutivo nel segno del rispetto e della democrazia; noi non possiamo dire: poiché voi non fate le chiese, noi non facciamo le moschee. Nella Storia c'è chi deve cominciare e chi deve proseguire. Non dimentichiamo che all'interno di quelle situazioni esistono figure laico religiose di spicco che ci guardano con attenzione e trarrebbero forza dai nostri orientamenti".

 

Come crede che reagirebbe l'Italia, un Paese dalla matrice così fortemente cattolica, all'abolizione dell'ora di religione?

"Io credo che i cattolici veri siano quelli più a disagio in questo momento perché vedono la religione utilizzata a fini politici. Vedo intorno a me, nella mia stessa famiglia, la loro sofferenza interiore per questa situazione. Mia madre dice: chi ha dio nel cuore non ha bisogno di sbandierarlo in giro".