Prodi riparta dalla scuola, ma non precariamente.

Il nuovo governo deve andare a scuola, e subito;
gli va anche assegnato un programma di studi.
La prima materia, nelle decisioni circa gli insegnanti, dovrebbe essere la stabilità.

 di Giunio Luzzatto, da Il Secolo XIX del 15/5/2006

 

Maurizio Maggiani invita a "ripartire dalla scuola" il governo che sta nascendo. A differenza di molti opinionisti che sui temi educativi usano sputare sentenze non documentate, rievocando i bei tempi della scuola elitaria, lo scrittore entra nel merito di gravi disfunzioni.

L'oggetto della critica, anzi di una vera e propria denuncia, è un Consorzio parauniversitario, indicato con i nomi dei partecipanti (l'Ateneo di Genova, ne siamo lieti, non è tra questi); il Consorzio è"internazionale" perché vi figura il britannico Bournemouth Polytechnic, ritenuto forse di maggiore qualità rispetto ai Colleges di Oxford o alla London School of Economics. Esso svolge discutibili corsi a distanza, e soprattutto dà promozioni garantite a insegnanti "precari" alla caccia di punteggi che migliorino le loro posizioni nelle graduatorie per le supplenze.

Molti anni fa facevo parte di una Commissione ministeriale di raccordo Università/Scuola, e ottenni che la Commissione non accreditasse tale Consorzio; potrei perciò limitarmi a esprimere soddisfazione per la denuncia. Ma voglio cogliere l'occasione per andare oltre l'episodio singolo.

In teoria, i supplenti dovrebbero esserci solo per sostituire titolari temporaneamente assenti, mentre sui posti scoperti dovrebbero esserci assunzioni in ruolo. Da molto tempo invece, e con fortissimi incrementi negli ultimi anni, vengono nominati supplenti anche sulle cattedre scoperte: attualmente sono oltre centomila, circa un sesto dell'organico.

La via maestra, concorsi aperti a tutti e vinca il migliore, nell'interesse degli studenti ad avere i docenti con la massima preparazione, viene così bloccata; i bandi dovrebbero esserci ogni tre anni, ma l'ultimo fu emanato da Berlinguer nel 1999 (il precedente era stato nel 1990). Tutto si gioca su supplenze e relative graduatorie; la questione dei punteggi diviene drammatica ed esplodono le guerre tra poveri, "mors tua vita mea". In particolare, si determina un conflitto tra chi rivendica anni di faticoso precariato e i nuovi abilitati che, dopo la laurea, hanno acquisito una specializzazione biennale specifica per l'insegnamento; i primi hanno le loro ragioni, ma non si può certo decidere che nessun laureato dei recenti e dei prossimi anni entrerà nella scuola.

Maggiani parla anche di queste scuole di specializzazione, le Ssis, e qui commette il solo errore. A chi ha svolto questi due anni di studio viene dato non "un sacco di punteggio in più", bensì il punteggio che corrisponde a due anni e mezzo di lavoro: il riconoscimento per la maggiore qualificazione corrisponde a mezzo anno di servizio. Non vi è pertanto alcuna possibilità di clamorosi scavalcamenti, perché se uno specializzando svolge contemporaneamente qualche supplenza essa non gli dà punti: l'eventuale cumulo, esso sì un privilegio, è stato giustamente vietato dai Tar.

Il nuovo governo perciò deve andare a scuola, e sùbito; gli va anche assegnato un programma di studi. La prima materia, nelle decisioni circa gli insegnanti, dovrebbe essere la stabilità: se si copriranno regolarmente tutti i posti si potrà riassorbire il precariato "storico" e, al contempo, aprire alle nuove leve. Vi saranno infatti, entro pochi anni, pensionamenti nell'ordine dei duecentomila: è una occasione storica per passare dagli espedienti del giorno per giorno ad una soluzione organica. Date le condizioni delle finanze pubbliche, essa potrebbe anche essere attuata con gradualità, purché progettata con assoluto rigore e completata in tempi certi.

I costi ci sono, ma non elevatissimi (i pagamenti nei mesi estivi, oggi risparmiati a carico dei supplenti). A fronte, occorre calcolare il costo sociale e culturale di una situazione che mortifica i docenti e - con l'assenza di continuità didattica - penalizza gli allievi.


Giunio Luzzatto è direttore del Centro Ateneo per la Ricerca Educativa Didattica di Genova.