Sotto accusa gli organi collegiali
sui provvedimenti disciplinari
verso il personale scolastico.
da
Tuttoscuola del 22/5/2006
Cinque anni fa la Corte dei Conti inviò
al ministro dell’Istruzione avviso formale per grave situazione
nell’applicazione dei procedimenti disciplinari verso il personale.
L’avviso formale è stato replicato nuovamente nei confronti del nuovo
ministro.
Per quel che riguarda le sanzioni e per ciò che riguarda la tempistica
– osserva la Corte dei Conti - la situazione attuale non è migliorata
rispetto a quella gravemente censurata con la precedente delibera del
2001.
La prima accusa, ieri come oggi, è al sistema normativo nel suo
complesso: "In particolare la precedente
indagine aveva messo in luce come le decisioni disciplinari non
avessero responsabili ben precisi, in quanto originate da un complesso
articolato di competenze, la cui unica sinergia consiste nel ridurre
progressivamente le pene edittali previste per i condannati."
La seconda accusa, ieri come oggi, è agli organi collegiali:
"In questo ruolo si distinguevano e continuano a
distinguersi gli organismi collegiali a prevalente composizione
sindacale, i quali - unico caso nel pubblico impiego dopo la riforma -
sono intestatari di un potere di codecisione. Invero, detto potere è
sostanzialmente unilaterale, dal momento che i pareri emessi sono
vincolanti nel precludere le sanzioni espulsive: nella buona sostanza,
se gli organi consultivi (consigli scolastici provinciali e Consiglio
nazionale della pubblica istruzione) propongono per il peggiore dei
delitti una sanzione blanda, l'Amministrazione non può aggravarla ma
solo ridurla."
La terza accusa, ieri come oggi, è alle procedure messe in atto:
"Il ruolo vanificatore degli organismi
consultivi risultava rafforzato dai gravi ritardi ingenerati dalla
loro lentezza nell’esercitare la funzione: il superamento dei termini
di legge per l’adozione delle sanzioni finiva per consentire ricorsi
fondati solo sulla forma ma efficaci nel provocare l’annullamento in
sede giurisdizionale della sanzione e la permanenza in servizio dei
condannati".