Sì ai cellulari a scuola, ordine del ministero.
Busto, stop al tentativo di zittire i telefonini
in classe. «Procedure vietate»
di Claudio Del Frate,
Il Corriere della Sera del
10/5/2006
VARESE -
L'Italia è una repubblica fondata sul telefonino. Persino i tentativo
di limitarne l’uso in un luogo come le aule scolastiche, durante le
ore di lezione, ha fatto naufragio. È successo in una scuola superiore
di Busto Arsizio, l’istituto tecnico commerciale «Tosi», dove
l’installazione di un apparato elettronico in grado di zittire i
cellulari è stata stoppata (con minaccia di sanzioni) dal ministero
delle comunicazioni. Parente stretto di quell’altro ministero - la
pubblica istruzione - che con una circolare di qualche anno fa aveva
invitato i presidi a mettere un po' d’ordine nel traffico di suonerie
ed sms dei loro ragazzi.
PROBLEMA
- «Peccato, è stato impedito il tentativo di introdurre una novità nel
mondo della scuola italiana. Quello dei telefonino in classe, del
resto, è ormai un problema: non solo per il corretto svolgimento di
lezioni o esami, ma anche perché i cellulari sono un elemento che
distrae fortemente i ragazzi» si rammarica Benedetto Di Rienzo,
preside del «Tosi», il cui esperimento - di breve durata - aveva fatto
guadagnare alla scuola bustese fama mondiale. «Non sto scherzando -
dice il dirigente scolastico - abbiamo raccolto su Internet
un’ottantina di segnalazioni che ci riguardano provenienti da Stati
Uniti, Brasile, Paesi arabi, persino dal sito di un giornale del
Vietnam». Cosa aveva combinato il «Tosi» per guadagnarsi tanta
attenzione? In occasione della maturità del 2004, per evitare
suggerimenti provenienti dall’esterno e copiature grazie a cellulari o
altri congegni aveva installato nell’edificio un’apparecchiatura,
chiamata «jammer» che oscura il segnale dei telefonini.
MOSSAD
- «La ditta che forniva il jammer - racconta il professor Di Rienzo -
era segnalata dal ministero della pubblica istruzione. Decidemmo
l'installazione in via sperimentale, ma con la prospettiva di
mantenere il dispositivo per sempre. L’efficacia era fuori
discussione, del resto si tratta di un brevetto messo a punto e usato
anche dal Mossad, i servizi segreti di Israele; nessun pericolo invece
per l’inquinamento elettromagnetico: le emissioni di onde del jammer
sono inferiori a quelle di un telefonino». Del tentativo messo in atto
a Busto Arsizio ne parlano giornali e tv, la notizia circola anche su
Internet e accende discussioni su tanti forum. «È lì che sono
cominciate le prime contrarietà - dice ancora il preside - che per la
verità non sono mai giunte da famiglie o professori che hanno a che
fare con la nostra scuola. Comunque ci accusavano di ostacolare il
diritto alla libera comunicazione o di impedire ai genitori di
vigilare sui figli». L'invadenza del cellulare nelle aule è argomento
vivo nel mondo della scuola, tanto che già nel 2001 una circolare
dell’allora ministro Berlinguer invitava i presidi a mettere un argine
al fenomeno.
GOVERNO
- Invece è stato proprio il governo a porre fine all’esperienza. Al
«Tosi» è arrivata una lettera firmata dalla dottoressa Eva Spina,
dirigente del Ministero delle comunicazioni. «A seguito di verifiche
effettuate su siti web da questo dicastero - esordisce la missiva - è
emerso l'uso di jammers... è stato sancito l'assoluto divieto di
pubblicità, vendita e utilizzo di tali apparecchiature su tutto il
territorio comunitario in quanto considerate interferenti del normale
traffico telefonico... L’inadempienza a quanto affermato comporta
procedure sanzionatorie».
Insomma, stop all'esperimento e obbedienza al criterio del libero
cellulare in libero Stato, anche mentre il prof è impegnato a spiegare
le leggi della termodinamica. «Non siamo certo contro la tecnologia -
conclude Di Rienzo - ma per un suo uso corretto: ormai è dimostrato
che il telefonino distrae. Una volta, mentre il docente spiegava, i
ragazzi prendevano appunti, oggi molti di loro si limitano a
fotografare quel che l’insegnante scrive alla lavagna. Volevamo dare
un segnale educativo, hanno prevalso altri interessi».