chi smonta e chi rimonta.
di Maurizio Tiriticco, da
ScuolaOggi del
21/7/2006
Tra le tante fatiche del nostro Fioroni
impegnato nelle difficili operazioni di bisturi, da medico qual è, e
di cacciavite, da meccanico quale non è, e tra le tante attese delle
scuole che vorrebbero riaprire i battenti con quelle certezze che per
un quinquennio sono state loro rubate, non sorprende che il Cardinale
Scola riaccenda le polveri con l’intervista di qualche giorno fa,
apparentemente bonaria e buonista, ma pericolosa nella sostanza.
La Moratti è stata sconfitta, ma lo schieramento di cui è stata una
infaticabile staffetta non è stato assolutamente battuto. E’ un
ulteriore segno che la Moratti non è stata un riformatore solitario,
ora un po’ avventuristico, ora un po’ pasticcione, bensì l’alfiere di
una offensiva che mira a ribaltare un modello di scuola che con tanta
fatica abbiamo costruito dal dopoguerra ad oggi e che necessariamente
dobbiamo adeguare ai tempi così profondamente cambiati. Prima, però,
che uno Scola salga in cattedra!
Vi è quindi una linea continua Moratti-Scola, i cui principi
ispiratori sono i seguenti: una scuola sottratta alla mano pubblica e
affidata per certi versi al mercato e alla prevalente scelta delle
famiglie, per altri alle molteplici finalità socioeducative che più
soggetti vorranno proporre. Il tutto in nome di una pretesa libertà
della domanda e dell’offerta anche in materia di educazione.
La giustificazione che viene data a questo disegno è che la scuola di
Stato è per sua natura uniforme e rigida, incapace di leggere i reali
bisogni dei fruitori, a cui propone obiettivi altrettanto uniformi e
rigidi che difficilmente possono essere raggiunti. E, a
giustificazione di questo, adducono l’elevato tasso di dispersione
scolastica, gli esiti negativi denunciati dalla ricerca Pisa,
l’irraggiungibilità degli obiettivi di Lisbona nei tempi concordati,
la disaffezione alla scuola sia degli alunni che degli insegnanti e
soprattutto il suo scollamento dai reali bisogni formativi del mondo
contemporaneo. Tutti fatti veri, ma le cui ragioni hanno origini che
vanno oltre la scuola in senso stretto.
Indubbiamente, la tesi di Scola è più raffinata rispetto alle
motivazioni addotte dalla Moratti per avallare la sua riforma. Scola è
un colto e cita con disinvoltura Don Milani, Foucault, Gramsci,
Charles Glenn (che, in effetti, in The Myth of the Common School, fa
affermazioni interessanti ma che Scola usa strumentalmente), Don
Giussani, financo la nostra Costituzione e i principi di sussidiarietà
e solidarietà. E fa anche un’ampia professione di laicità. Recupera
anche il discorso sul meticciato senza le goffaggini in cui era caduto
Pera ed ha anche idee molto chiare circa la necessità di uno Stato che
sia sempre più capace di decentralizzare i suoi poteri. Giunge perfino
a dire che “l’ingessatura centralistica non consente di assumere le
novità e le contraddizioni che si vanno manifestando nelle nostre
scuole ed università. La proposta è: lo Stato smetta di gestire la
scuola e si limiti a governarla”.
Scola non inventa nulla, perché questo suo auspicio è già un fatto!
Nel nostro Paese da almeno un trentennio – perché è dagli anni
Ottanta, se non da prima – si è avviato il dibattito sulle autonomie,
in forza del quale si è giunti alla riforma costituzionale del 2001.
Allora, che cosa pretende di insegnarci il Cardinale Scola?
Assolutamente nulla, perché la strada delle autonomie è quella che
stiamo perseguendo pur tra mille difficoltà, che non sono
assolutamente imputabili ad uno Stato miope e padrone. E’ l’autonomia
delle istituzioni scolastiche e formative che “restituisce” – se si
può usare questo verbo – le scuole ai cittadini, alle loro comunità e
ai loro territori. E possiamo anche essere d’accordo con Scola, quando
afferma che “in Italia autonomia e decentramento scolastici sono per
ora timidi vagiti”. Certamente! Dopo i cinque anni di freno imposti
dal ciclone Moratti, in cui l’autonomia, fortunatamente, è stata
l’arma con cui le scuole si sono difese da innovazioni cervellotiche e
impraticabili, sarà l’autonomia il volano del rinnovamento della
scuola sul territorio!
La sfida dei prossimo anni è proprio questa: da un lato c’è lo Stato
che deve fare la sua parte nella determinazione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali di quei saperi che tutti i
nostri giovani devono raggiungere: dall’altro ci sono le istituzioni
scolastiche che nella loro autonomia adottano le strategie più diverse
perché questi livelli vengano raggiunti e superati. In mancanza di
Indicazioni nazionali certe, di cui è responsabile il potere centrale,
le scuole sarebbero necessariamente allo sbando! Quello sbando delle
schede fai da te che hanno umiliato e offeso la nostra scuola!
Ma Scola si propone ben altri obiettivi rispetto a un semplice
richiamo all’autonomia! L’obiettivo vero è un altro! Sottrarre allo
Stato la responsabilità di dettare norme generali in materia di
istruzione e permettere che sia una pluralità di soggetti a perseguire
le finalità e gli obiettivi più diversi in ordine ad una visione del
mondo che ciascuno di esse porta con sé! I cento fiori di Mao! Una
citazione che Scola ha dimenticata! E Scola, di fatto, si richiama
anche alla Costituzione, quando all’articolo 33 afferma che “l’arte e
la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e che “enti e
privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti, senza oneri
per lo Stato”. E ci mancherebbe che così non fosse! Ma vi è anche un
dovere dello Stato verso tutti i suoi cittadini, quello di “istituire
scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, ed è questo dovere che a
Scola non piace!
E qui è proprio la pericolosità del suo discorso: privare lo Stato di
un suo preciso diritto/dovere, per permettere che in un male inteso
libero mercato della cultura e dell’educazione ciascuna scuola venda
il suo prodotto… e che… vinca il migliore! Si aprirebbe una situazione
di reale disgregazione di quei valori civili ed etici che sono nella
nostra Costituzione, nella nostra Bibbia laica, per dirla con Ciampi,
e che laicamente aiutano a leggere e ad interpretare quei valori altri
di cui fedi, credenze e culture diverse sono portatrici. E’ la
Costituzione repubblicana che riconduce ad unità ciò che nel sociale
ritroviamo disperso, a volte diviso ed anche contrapposto.
Scola è libero di avanzare le sue proposte. Noi siamo altrettanto
liberi di sostenere che le norme dell’istruzione di cui è titolare lo
Stato e le iniziative autonome delle scuole nella realizzazione dei
curricoli sono la prima garanzia perché ciascun alunno realizzi quegli
obiettivi che fanno di lui una persona e un cittadino libero e
responsabile. Scola non sa, o forse fa finta di non sapere! Di fatto
propone una sorta di autarchia, di autoreferenzialità di ogni singola
unità scolastica! Ciascuna dispersa in un territorio egualmente
disperso e chiuso in se stesso!
Insomma, la battaglia per la scuola della Costituzione oggi si
combatte su un terreno più infidi di quello della Moratti. Ed in
questo intreccio di operazioni, in cui c’è un ministro che smonta e un
cardinale che rimonta, non vorremmo che perdessimo di vista l’impegno
che abbiamo assunto, di restituire al Paese una scuola degna delle sue
tradizioni e capace di rinnovarsi ogni giorno, per il bene dei suoi
alunni e… perché no, anche del cardinale Scola!