Vincenzo Brancatisano

Punteggio di montagna.
O dell’individualismo.

Molti precari ne chiedono l’abrogazione ma non vogliono perdere i benefici.

da vincenzobrancatisano.it, 14/7/2006

 

I precari della scuola si dividono in molte categorie. Ultimamente però si sono delineati due gruppi, entrambi costituiti da degne persone. Il primo gruppo comprende coloro che contestano, senza se e senza ma, e dunque con effetto retroattivo, il superpunteggio previsto per chi insegna in montagna, nelle isole minori e in carcere. La seconda, comprende coloro che contestano il medesimo superpunteggio ma che non vogliono che il medesimo sia sottratto a loro stessi.

Appoggiati dai sindacati della scuola, si ispirano al principio del diritto acquisito. Il ragionamento di queste ultime persone a nostro avviso non è credibile. Il loro atteggiamento rientra nel novero di quegli atteggiamenti tipici della stragrande maggioranza dei precari della scuola, che hanno condannato loro medesimi a rimanere intrappolati come topi dentro una burocrazia stolida e irrispettosa della dignità umana.

Hanno beneficiato di una indecente manna caduta dal cielo, indecente ma legale, visto che è stata introdotta con una legge dello Stato, sebbene contestata dai giudici oltre che dal buon senso cui ci si ispira nel momento stesso in cui se ne chiede l’abrogazione? Bene. Stiano in silenzio e in silenzio sperino. Poiché non si può contestare una legge ingiusta solo per i guai che potrebbe creare nel futuro, senza dare l’impressione nel contempo che da quella stessa legge si vogliano trarre tutti i benefici nell’attualità e senza pagar dazio.

Lasciando perdere coloro che ritengono che quella norma-raddoppia-punteggio sia giusta (del resto di ossimori è piena la letteratura e ricordiamo che esistono anche i cappellani militari) ci si chiede: per quale motivo i precari della seconda categoria sperano che il legislatore abroghi la legge sul superpunteggio o che la Consulta ne decreti l’annullamento per incostituzionalità ma poi si oppongono all’eventualità che quell’abrogazione o quell’annullamento siano efficaci ex tunc, e cioè fin dal giorno stesso della propria emanazione?

Semplice: non vogliono perdere i benefici che hanno ottenuto finora grazie alla legge da loro stessi ritenuta ingiusta ma nello stesso tempo non vogliono più essere costretti ad andare in montagna, in carcere o nelle isole minori verso le quali mete si sono diretti in questi anni perché ammaliati dalla possibilità di far punti a buon mercato (basta guardare alle migrazioni interregionali cui abbiamo assistito) o perché costretti da una comprensibile esigenza di legittima difesa nei confronti di altri colleghi.

Solo quest’ultima ipotesi merita considerazione. Ma anch’essa è destinata a cadere se si pensa che l’abolizione retroattiva del doppio punteggio azzererebbe tutto ripristinando le posizioni di partenza di ciascuno, senza nulla togliere a nessun altro. In questo modo chi è stato superato (ingiustamente: ricordiamolo sempre in questo Paese abituato alla rimozione) tornerebbe nella propria posizione e così pure chi ha superato gli altri.

Ma l’obiezione è pronta: “Se non ci fosse stata la norma – si sente dire – noi non saremmo stati spinti ad andare in montagna e dunque abbiamo diritto al punteggio acquisito”. Tuttavia il ragionamento si potrebbe rovesciare: se non ci fosse stata quella norma molti precari residenti in montagna non sarebbero stati costretti ad andare in pianura, e via con altri esempi.

Altra obiezione, che sa di minaccia: “Siamo pronti a fare causa se dovessimo perdere il ruolo ottenuto”. Bene, facciano causa, questi signori, e si affidino (finalmente) al diritto, così capiscono cosa vuol dire affidare rabbia e speranze a un tribunale alla deriva. Peraltro, tutti sapevano dell’esistenza dei ricorsi, delle ordinanze, delle sentenze, delle contestazioni nate fin dal primo giorno di gestazione della legge 143, molti (come noi) anche fin dal periodo prefetale.

Dunque, chi ha confidato nell’utilità della norma più volte sanzionata come ingiusta ha sfidato la sorte confidando in una distrazione del Buon Senso. Ma non è questo il punto. Il punto è che risulta molto triste verificare come professionisti che hanno studiato tanto, che hanno letto tanti libri e (si spera) tanta letteratura e che per questo s’incaricano di insegnare a bambini e adolescenti a diventare cittadini arrivino al punto di anteporre ai principi superiori del diritto oggettivo, della lealtà e del Buon Senso il principio del diritto acquisito, sano di per sé ma che però diventa gretto quando si sa che serve per superare e danneggiare ingiustamente altri precari. Precari, è bene ribadire, che sono stati superati davvero, a causa del Pacco di Stato, e che l’anno scorso hanno perso davvero e non per scherzo il ruolo, come il nostro sito www.vincenzobrancatisano.it ha documentato con queste tabelle che non temono smentita (clicca).